Fiumicino: la signora Antonietta Maltone è una moglie che da due anni cerca di raccontare la sua verità riguardo alla morte di suo marito Carmelo Scala, morto per covid il 26 novembre 2020 dopo un ricovero in terapia intensiva presso il Campus Biomedico di Trigoria dove si è spento a soli 53 anni.
Il racconto della moglie del defunto, Antonietta Maltone, riguardo alla morte del marito per covid ad appena 53 anni
Noi per dovere di cronaca riportiamo le parole della signora Maltone, ma non è compito nostro prendere posizione e quindi saremo il più possibile neutrali.
“Ho bisogno – spiega Antonietta – di gridare al mondo la mia rabbia contro la Giustizia Italiana e la categoria MMG (medici di famiglia). Sono la vedova di Carmelo Scala morto per Covid 19 il 26 novembre di due anni fa a soli 53 anni, dopo 18 giorni di terapia intensiva, intubato, dove purtroppo era stato ricoverato dopo che il nostro medico di medicina generale non ascoltava le mie richieste di cure adeguate a domicilio e non segnalava alla ASL di appartenenza le necessità di cure domiciliari per mio marito”.
“A dicembre 2020 – prosegue la signora – dopo la morte di Carmelo, ho denunciato il medico ai carabinieri ed ad oggi il pubblico ministero, dopo l’ennesima istanza presentata dal mio avvocato, risponde che le indagini preliminari non sono ancora finite. Competente per territorialità per il nostro caso è la procura di Civitavecchia, che per tutto questo tempo ci risponde solo che le indagini non sono ancora completate, e quindi tutto è bloccato e cristallizzato”
“Col mio avvocato – a mie spese – gli abbiamo anche presentato una relazione medico legale dove si mettono in evidenza tutte le omissioni di legge fatte dal medico nel seguire mio marito malato di covid. Ad oggi, pur con la quantità di mail che mando ogni giorno per segnalare il caso, nessun mass media ha voluto dare risalto al caso, facendomi piombare nel dolore più totale”.
“Mio marito – ricorda Carmela – ha iniziato ad avere la febbre il 29 ottobre, poi il medico ha rifiutato sempre sia di fare una videochiamata per vedere come stava mio marito, sia di fargli la prescrizione per fare il tampone e verificare subito se avesse contratto il covid, perché all’epoca era obbligatorio che il medico la facesse. Non voleva che lo portassi a Fiumicino, dove aveva il suo studio, né veniva lui a visitarlo a casa. Tutto questo è andato avanti fino al 6 novembre, dove, grazie alla mia volontà di contattare un altro medico in privato, il tampone è stato fatto e, confermato che aveva il covid, l’8 novembre è stato dapprima ricoverato al Grassi di Ostia e poi, il 9 novembre, ha iniziato la sua degenza in terapia intensiva presso il Campus a Trigoria. Lì i medici ci hanno confermato che Carmelo avrebbe potuto probabilmente salvarsi se fosse stato subito ricoverato per tempo e invece, come detto, il 26 novembre di ormai due anni fa si è spento in un’età ancora molto giovane”.
“Io – conclude la donna – contesto sia il comportamento del mio medico curante, che ha sottovalutato il caso, e sia la lentezza della Procura di Civitavecchia, che in due anni non ha potuto far altro che rinviare, rinviare e ancora rinviare la prima udienza davanti al giudice. Sono molto addolorata”.
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