Elena Aubry, la ragazza romana di 26 anni che il 7 maggio 2018 perse la vita in un incidente con la sua moto sulla via Ostiense, morì a causa dell’asfalto dissestato e per le pessime condizioni in cui era ridotta la strada, nel tratto di Ostia. La Procura ha chiuso le indagini: sei le persone indagate con l’accusa di omicidio stradale, e non più di semplice omicidio colposo.
Elena Aubry, chiuse le indagini: per sei funzionari l’accusa è di omicidio stradale
La Procura ha finalmente chiuso le indagini. Per i pm la tragedia di Elena Aubry è da addebitare a chi doveva vigilare sulle condizioni della strada e non l’ha fatto: indagati due dirigenti del dipartimento Simu di Roma Capitale, un funzionario del Decimo Municipio, il titolare della ditta incaricata della manutenzione e due delegati della stessa azienda responsabili della sicurezza.
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L’accusa è di omicidio stradale, e il rinvio a giudizio dovrebbe essere molto vicino. Fondamentale si è rivelata la testimonianza dell’infermiera che per prima si fermò a soccorrere la giovane motociclista, rintracciata dopo diversi mesi incrociando i dati del traffico telefonico.
Come già affermato da altri testimoni oculari, Elena non correva in sella alla sua moto e sbandò a causa di avvallamenti e radici.
“Spero che l’eventuale processo imponga quanto dovrebbe essere ovvio: le strade vanno curate, altrimenti si muore”, ha commentato la mamma della ragazza, Graziella Viviano. “Purtroppo, ci è voluta la morte di mia figlia per svelare quanta indifferenza c’è su questo tema nella pubblica amministrazione”, ha aggiunto.
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