Roma: nel Lazio così come in tutta Italia mancano i medici chirurghi, nei pronto soccorso nei reparti e nelle sale operatorie. Una situazione drammatica, che è il risultato di 17 anni di piani di rientro economici che hanno comportato una progressiva riduzione delle risorse strutturali e umane.
Sull’argomento ha fatto il punto con dati preoccupanti alla mano, il Professor Massimo Carlini, Direttore Dipartimento di Chirurgia dell’ospedale Sant’Eugenio, che dal 2020 è anche Presidente della Società Italiana Chirurgia (leggi qui).
Sanità, mancano 4300 medici chirurghi nelle strutture ospedaliere. Carlini: “In dieci anni sono stati chiusi 110 ospedali”
Nel decennio 2010 – 2020 abbiamo assistito alla chiusura di circa 110 ospedali, più di 110 pronto soccorso, e alla riduzione complessiva sul territorio nazionale di 37mila posti letto. Numeri sconfortanti rappresentati nel report che il Professor Massimo Carlini Presidente della Società Italiana Chirurgia, riferisce anticipando una serie di riflessioni sia sulle motivazioni che hanno portato la nostra sanità a questa drastica riduzione di risorse strutturali, sia sulla politica di investimenti sulla quale puntare.
“A questi numeri – spiega Carlini – va associata la mancanza di 29mila unità lavorative negli ospedali che sono sopravvissuti alle riduzioni, e in questo numero sono compresi 4300 medici chirurghi, che sull’offerta sanitaria hanno avuto l’impatto complessivo di una riduzione di ricoveri. Nel 2020, sono scesi di 2 milioni e mezzo i ricoveri ordinari mentre in Day Surgery e Day Hospital, la riduzione è stata di 1 milione e 700mila ricoveri sempre nello stesso anno”.
Fortemente calato è anche il numero delle prestazioni diagnostiche di laboratorio, scese di quasi il 20%, e di diagnostica radiologica che hanno avuto un calo di circa il 30% così come anche le prestazioni ambulatoriali: “Tutto questo – prosegue il Presidente della Società Italiana Chirurgia – si traduce purtroppo sempre in un aumento della mortalità, che nel 2020 è cresciuta dell’85%“.
Facoltà di Medicina, Carlini: “La situazione attuale non è imputabile al numero chiuso”
Il problema della carenza di medici non si risolve secondo il luminare della chirurgia, abolendo il numero chiuso: “Intanto perché non ci sarebbe più una formazione efficiente che da sempre ci viene riconosciuta. Aprendo gli Atenei, questi sarebbero invasi da un numero tale di studenti che sarebbe impossibile riuscire a formarli adeguatamente, come abbiamo fatto fino ad ora”.
Quello che è importante fare secondo Carlini, è invece cercare di contrastare la perdita di vocazione dei giovani per la professione medica ed in particolare per la chirurgia: “I giovani hanno di fronte un percorso che come sempre è lungo, costoso e faticoso, al termine del quale non vedono più quello che vedevamo noi una volta, e cioè una professione riconosciuta dalla società, ben remunerata e tutelata da un punto di vista giuridico medico/legale. Lo stato – ha concluso – deve programmare le prossime necessità in futuro e aprire a seconda di queste necessità il numero di medici”.
Video servizio di Fausto Trombetta
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