5 specie a rischio estinzione nel Mediterraneo

5 meravigliosi abitanti del Mar Mediterraneo rischiano l'estinzione, scopriamone i motivi.

Specie animali in via di estinzione nel Mediterraneo
Specie in via di estinzione nel Mediterraneo - canaledieci.it

Estinzione, in biologia, la definitiva scomparsa di una specie animale o vegetale dalla Terra. Questo terribile fenomeno che coinvolge il nostro Pianeta non si limita al solo ambiente terrestre ma anche a quello marino. Mari e oceani non sono risorse inesauribili o sempre in grado di rigenerarsi. Molti fattori antropici stanno infatti compromettendo il delicato ecosistema marino, compreso quello del Mar Mediterraneo.

Il Mar Mediterraneo, con i suoi 2.969.000 Kmq di estensione, occupa meno dell’1% della superficie complessiva dei mari e degli oceani. Il Mar Mediterraneo è un concentrato di biodiversità con oltre 17.000 specie che ne popolano le acque, le profondità e i fondali. Dai dati del WWF, la biodiversità del Mediterraneo rappresenta dal 4 al 25% della diversità di specie marine globali, un patrimonio davvero straordinario. Eppure un gran numero di specie endemiche di questo bacino rischiano di scomparire. In questo articolo tratteremo 5 specie a rischio di estinzione nel Mediterraneo. Rappresentano la testimonianza diretta di una crisi denunciata con sempre più forza dal WWF, da Legambiente e da tutte le associazioni che si battono per la tutela di questo meraviglioso scrigno di biodiversità.

Il 44% delle specie di pesci e il 25% dei mammiferi presenti nel Mediterraneo sono endemici. A questi si aggiungono oltre 25.000 specie vegetali. Il Mediterraneo contiene circa il 7,5% delle specie mondiali in una superficie pari allo 0,82% delle acque marine globali

Ogni specie ha un proprio ruolo nell’ecosistema del Mediterraneo. La possibile scomparsa di una specie, sia essa animale che vegetale, potrebbe portare a conseguenze negative irreversibili sia per l’ambiente marino che per tutti noi. Dagli ultimi report, gran parte delle specie del Mediterraneo sono in costante diminuzione. Questo è dovuto a una serie di fattori tra cui la presenza sempre più massiccia di esemplari non indigeni, l’inquinamento, la pesca intensiva, lo sfruttamento umano e gli effetti dei cambiamenti climatici. Il marine litter, ovvero l’insieme di tutti gli oggetti di uso quotidiano abbandonati in mare, costituisce ad oggi uno dei principali nemici della biodiversità marina.

L’estinzione di diverse specie del Mediterraneo è un rischio concreto. Una crisi silenziosa, dovuta a molteplici fattori, che ha comportato il graduale degrado degli habitat. Una crisi che può essere invertita attraverso politiche di sensibilizzazione e di prevenzione, applicando specifici programmi di ripopolamento. L’ambiente marino non è in grado di rigenerarsi all’infinito. Ben presto potremmo assistere alla scomparsa di animali straordinari quali la Foca Monaca mediterranea, la Tartaruga Marina Caretta caretta, la Balenottera comune, diverse tipologie di squali, il Cavalluccio marino e ulteriori specie vegetali quali la Posidonia Oceanica, definita il “polmone del Mediterraneo”.

Foca Monaca mediterranea
La Foca Monaca mediterranea. Fotografia con licenza Pixabay.

1- La Foca Monaca mediterranea

La Foca Monaca è l’unica foca presente nel Mediterraneo. Può raggiungere i 2,5 metri di lunghezza per circa 300 kg di peso. La sua vita media si aggira sui 20-30 anni. È una specie minacciata di estinzione, giudicata “in pericolo” in base all’ultimo rapporto della Lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). La Foca Monaca un tempo era distribuita in tutta l’area del Mediterraneo, lungo le coste del Mar Nero e quelle atlantiche di Spagna e Portogallo, in Marocco, in Mauritania, nell’arcipelago di Madera e nelle Isole Canarie. In Italia, ad oggi, è avvistata soprattutto in Sicilia e intorno alle isole tirreniche.

Le popolazioni di Foca Monaca hanno subito una drastica e costante diminuzione, dovuta all’intervento umano. In passato cacciata per le pelli e il grasso o eliminata dai pescatori perché considerata un competitore, la Foca Monaca ha visto scomparire nel tempo anche diversi luoghi di riproduzione a causa del turismo e dell’urbanizzazione. Attualmente si stima che in natura ne restino circa 700 esemplari, ridotti a piccoli gruppi familiari o individui isolati.

Dal 2015, la Foca Monaca sembrerebbe in aumento in tutto il Mediterraneo grazie a specifici programmi di salvaguardia. L’unica colonia ancora in essere dimora sulle coste della Mauritania.

La tartaruga comune Caretta caretta
La tartaruga comune Caretta caretta. Fotografia con licenza Pixabay.

2- La Caretta caretta, la tartaruga comune

È la tartaruga marina più comune del Mar Mediterraneo. La Lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) la considera “vulnerabile“. La Caretta caretta è a rischio estinzione, minacciata dalla cattura accidentale, dall’inquinamento marino, dalla riduzione degli habitat di nidificazione e dai cambiamenti climatici. Condivide lo stesso destino della Chelonia mydas (tartaruga verde) e della Dermochelys coriacea (tartaruga liuto). La tartaruga Caretta caretta è una specie carnivora; si nutre di crostacei, meduse, molluschi e pesci. Può vivere fino a 80 anni con un’attività riproduttiva che dura circa 10 anni.

Il ruolo della Caretta caretta nel Mediterraneo è fondamentale, sia all’interno della catena alimentare che per le piccole comunità di piante e crostacei ospitate sul suo guscio. Queste tartarughe depongono le uova sulle spiagge tra maggio e agosto. In Italia, la Caretta caretta le deposita soprattutto lungo le coste meridionali, nutrendosi principalmente nell’Adriatico. Le minacce che coinvolgono la tartaruga comune sono antropiche. Al bycatch (cattura accidentale) che può provocare lesioni mortali si aggiunge il pericolo di soffocamento dovuto all’ingestione di buste di plastica abbandonate in mare che la Caretta caretta confonde per prede, infine il crescente degrado per erosione degli habitat riproduttivi.

La tutela della Tartaruga Caretta caretta passa prima di tutto per la salvaguardia dei nidi, la riabilitazione degli esemplari feriti e la lotta all’inquinamento della plastica in mare.

Balenottera comune
La Balenottera comune. Fotografia con licenza Pixabay.

3- La Balenottera comune (Balaenoptera physalus)

È una specie di cetaceo, distribuita maggiormente in tutto l’emisfero australe. Unica balena presente nel Mediterraneo, la Balenottera comune è il secondo animale più grande del Pianeta dopo la Balenottera azzurra con i suoi 26 metri di lunghezza e un peso che può superare le 80 tonnellate. Considerata “vulnerabile” dalla IUNC, la Balenottera comune può essere osservata anche in gruppi numerosi seppur nel Mediterraneo sia sempre stata vista in solitaria o al massimo in coppia.

Oggetto di caccia spietata nella prima metà del XIX secolo, ad oggi la presenza della Balenottera comune nel Mediterraneo è molto limitata. I maggiori pericoli per gli esemplari suddetti provengono dal traffico marittimo che può comportare delle collisioni dell’animale con i natanti e dalla microplastica presente in quantità nel mare. Per nutrirsi di pesce e krill, la Balenottera ingoia grandi quantità di acqua insieme alle temute microplastiche. Queste comportano per il cetaceo un grave rischio di avvelenamento.

Squalo Mediterraneo
Un esemplare di squalo del Mediterraneo. Fotografia con licenza Pixabay.

4- Gli squali

Degli squali abbiamo già parlato abbondantemente in un articolo precedente. Nel Mediterraneo sono presenti circa 50 specie di squali. Squali bronzei, martello, volpe, toro accompagnano quelli definiti più aggressivi come gli squali bianchi, le verdesche e i mako. In Italia, la zona dello Stretto di Messina per via di una maggiore temperatura dell’acqua si è dimostrata un ottimo habitat riproduttivo per gli squali. In generale essi sono presenti sia nel Tirreno che nell’Adriatico, di solito molto al largo delle coste.

Il ruolo degli squali nell’ecosistema marino è fondamentale essendo essi all’apice della catena alimentare. Più del 50% delle specie di squalo del Mediterraneo rischiano di estinguersi. Le cause vanno ricercate nella degradazione degli habitat, nella cattura accidentale durante l’attività di pesca e nel consumo di carne di squalo. In Europa si può mangiare carne di squalo, nello specifico carne di palombo, verdesca, mako, spinarolo e capopiatto. La carne di squalo viene anche commercializzata scorrettamente e spesso inconsapevolmente come pesce spada. Tutte le specie citate sono comunque catalogate come “minacciate”.

Cavalluccio marino
Il Cavalluccio marino. Fotografia con licenza Pixabay.

5- Il Cavalluccio marino (Ippocampo)

Probabilmente è il più simpatico abitante dei sette mari, diffuso soprattutto lungo le barriere coralline e nelle praterie di Posidonia oceanica. Secondo un recente rapporto dello IUCN, la presenza del Cavalluccio marino nel Mediterraneo è a rischio. Le popolazioni del cavalluccio camuso (Hippocampus guttulatus) e del cavalluccio marino (Hippocampus hippocampus) avrebbero subito un calo del 30% negli ultimi decenni. La specie rischia l’estinzione a causa delle attività di pesca eccessiva, dell’inquinamento ambientale e della crescente sterilità dei fondali marini.

I ricercatori di Sea Shepherd già nel 2019 lanciarono l’allarme dinanzi alla stima di oltre 35 milioni di cavallucci marini pescati ogni anno nel mondo. Utilizzato in Cina come “medicina naturale” per curare le disfunzioni erettili, in altri parti del mondo come souvenir, persino come aromatizzante per una sorta di liquore, il Cavalluccio marino sembra destinato a scomparire dai nostri mari. Sempre nel 2019 fu denunciato alla Guardia Costiera un presunto traffico illegale di questi animaletti dalle acque del Tarantino a destinazioni ignote. Un ecoreato volto a cancellare l’esistenza del pesciolino probabilmente più rappresentativo del mondo marino.

Bibliografia:

  • Sito ufficiale WWF Italia – www.wwf.it
  • Articolo “Biodiversità marina a rischio e marine litter” dal sito di Legambiente.
  • Articolo “Sos cavalluccio marino: è in declino nel Mediterraneo” da RivistaNatura.com.
  • Articolo “Ecoreato e superstizione dietro l’estinzione del cavalluccio marino” di Francesca Di Tommaso dal sito ambienteambienti.com