Roma, morte sospetta: riesumato Gualtiero Giombini

L'autopsia dovrà stabilire se Giombini possa essere morto o meno in seguito alle torture subite

Palazzo di giustizia
L'ingresso di piazzale Clodio

La riesumazione e l’autopsia per accertare le cause della morte di Gualtiero Giombini, il 71enne tenuto per una settimana prigioniero in una baracca alla periferia di Roma e torturato da almeno 7 persone per costringerlo a fare i nomi di chi avesse rubato i 107 chili di cocaina che gli erano stati affidati in deposito.

L’autopsia dovrà stabilire se Giombini possa essere morto o meno in seguito alle torture subite

La Dda della procura di Roma vuole accertare se ci sia un nesso di causalità tra le torture subite dall’uomo, in particolare nella notte tra il 16 e il 16 novembre, e la morte avvenuta al Grassi di Ostia l’8 dicembre. Sarà l’istituto di medicina legale de La Sapienza ad accertarlo.

Giombini era stato spalmato di guaine bituminose sulla pancia e le gambe sciolte poi con la fiamma ossidrica per indurlo a confessare chi avesse rubato i 107 chili di cocaina nel suo appartamento a Casalotti. (leggi qui)

Il 71enne era stato trovato malridotto davanti alla porta del suo appartamento. Una volta recuperato dagli operatori del 118, era stato dapprima trasportato al Grassi e poi trasferito presso il Centro Geriatrico Romano “Casa di cura Meny House” e poi di nuovo all’ospedale di Ostia. Il primo referto riportava la morte per polmonite.

Spetterà ora al professor Vittorio Fineschi, medico legale dell’Umberto I, stabilire se ci sia un nesso causale tra il decesso  e le ustioni e il pestaggio subito.

L’esperto, secondo i magistrati, dovrebbe tener conto anche del freddo a cui è stato esposto per una settimana mentre si trovava segregato nella baracca, “privato degli abiti nonostante la temperatura rigida e ripetutamente picchiato”, così come riportano le carte giudiziarie che hanno portato all’arresto di Leandro Bennato, il 44enne arrestato il 12 aprile dai carabinieri con le accuse di sequestro di persona a scopo di estorsione e detenzione ai fini di spaccio di 107 chili di cocaina.

La ricostruzione della procura

Secondo la procura il furto della mega partita di cocaina era stata messo a segno da  Cristian I. con la complicità Autilia B. e Autilia R., due cugine di etnia sinti, assieme ad altri due uomini mai identificati.

Il furto era stato organizzato da Cristian I, e Rosario M., militare dell’Arma dei carabinieri in servizio presso l’Aliquota Servizi Sicurezza dello scalo aeroportuale “Leonardo Da Vinci” di Fiumicino.

Le donne e gli altri ladri erano stati reclutati direttamente dal militare: in particolare, quest’ultimo, avendo saputo da Cristian I. che vi era la possibilità di entrare in possesso di un cospicuo quantitativo di cocaina, organizzava il furto servendosi della collaborazione di una delle due donne, con cui intratteneva una relazione.

Sottratto lo stupefacente, il gruppo lo divideva in due parti uguali, del peso di kg 53,5: una spettante al gruppo di Sinti che aveva perpetrato materialmente il furto (unitamente a Cristian I. che aveva fatto da “palo”) l’altra divisa fra lo stesso Cristian I e il carabiniere.

La sostanza stupefacente in questione apparteneva ad un gruppo ben noto nel panorama criminale capitolino, operante nella zona di Roma-Casalotti, capeggiato da Leandro Bennato“, ricostruisce l’ordine di arresto di quest’ultimo.

Il sodalizio avrebbe poi consegnato la sostanza stupefacente a Gualtiero  Giombini, affinché la custodisse all’interno dell’appartamento di via della Cellulosa, che l’uomo aveva affittato con una identità inventata e documenti falsi.

Sparita la droga Gualtiero Giombini era stato immediatamente ritenuto coinvolto nel furto e per tale ragione veniva sequestrato e torturato per diversi giorni. Un trattamento analogo poi era stato riservato a Cristian I.

Le chat

Bennato usando una chat criptata aveva scritto a Cristian I. che avrebbe fatto rapire e seviziare con gli aghi sotto le unghie per recuperare la droga: “Sta sereno, mo due occhi neri non so niente, dai” aggiungendo “Se vedi il Ciccione te metti le mani nei capelli… che non c’hai… Fracassato”. Per gli inquirenti si riferiva a Giombini.