La Gomorra romana, indagine aperta sulla morte di Gualtiero Giombini: era stato torturato

Giombini era morto all'ospedale di Ostia dopo le torture: in corso gli accertamenti per stabilire le cause

Un carcere

Quando qualcuno mi fa un torto vedo rosso e io so’ il toro”. Leandro Bennato, il 44enne romano arrestato qualche giorno fa a Ladispoli, dopo aver scoperto a novembre che gli erano stati rubati 107 chili di cocaina comprati con complici suoi pari, avrebbe architettato – secondo i magistrati – una reazione paramilitare per recuperare la partita di “coca” fatta custodire in un appartamento a Casalotti e rubata da due rom su segnalazione, e relativo accordo economico, di un carabiniere infedele. (leggi qui)

Giombini era morto all’ospedale di Ostia dopo le torture: in corso gli accertamenti per stabilire le cause

Bennato, noto negli ambienti della malavita come rivale di Fabrizio Piscitelli detto Diabolik l’ex capo ultrà degli Irriducibili della Lazio ucciso il 7 agosto 2019 al Parco degli Acquedotti, è stato arrestato dai carabinieri del nucleo investigativo proprio con l’accusa di aver ordinato ai suoi uomini di sequestrare quattro persone, ritenute a vario titolo coinvolte nella sparizione della grossa partita di cocaina.

Le torture

I dettagli di come siano state trattate dopo il sequestro è emerso dalle carte giudiziarie: uno è stato torturato con gli aghi sotto alle unghie, un altro trattato con guaina e fiamma ossidrica. 

La vittima della guaina, è, anzi era, Gualtiero Giombini, un romano di 71 anni. L’uomo, infatti, è morto l’8 dicembre all’ospedale Grassi di Ostia, a un mese dal sequestro. Sono in corso gli accertamenti per capire se a causa delle ustioni e del pestaggio subito nella baracca dove era stato tenuto in ostaggio per giorni.

Bennato usando una chat criptata aveva scritto all’altra vittima che aveva fatto rapire e seviziare con gli aghi, mentre era rimasto per 12 ore legato a una sedia: “Sta sereno, mo due occhi neri non so niente, dai” aggiungendo “Se vedi il Ciccione te metti le mani nei capelli… che non c’hai… Fracassato”.

Bennato ha anche spiegato che Giombini era stato punito perché, qualche giorno prima del furto, si era rivolto a un altro soggetto proponendogli di rubare i 107 chili di cocaina che custodiva in casa: ”C’era un perché, non perché uno se diverte“. Lui giorni prima era andato da uno a dire che voleva rubà e questo ha detto di no, “non faccio ste cose”. E questo, dopo quello che è successo, m’è venuto a dì che Ciccione gli aveva proposto sta cosa. Lo vedevo come il colore rosso e io ero il toro”.

La cocaina

I 107 chili di cocaina dopo il furto sarebbero stati collocati da uno dei ladri in una villetta a Fiumicino dove si era proceduto alla spartizione: 53,5 chili al militare e allo stesso ladro e l’altra metà alle due donne, le rom che avevano messo a segno il colpo, e le cui famiglie poi sono finite al centro di rappresaglie.

Rappresaglie che – secondo la ricostruzione dei pm – sarebbero partite, a più riprese, a partire da due settimane dopo il furto.

L’inchiesta per Diabolik

Leandro Bennato era finito indagato anche nell’ambito dell’omicidio di Diabolik, ma proprio nei giorni scorsi  i magistrati che indagano da tre anni e mezzo sul caso hanno formalizzato la richiesta di archiviazione per lui e altri due uomini, a inizio indagine ritenuti con lui i mandanti dell’esecuzione. Resta ferma solo la posizione dell’argentino Raul Esteban Calderon, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio. Calderon, da parte sua, si è sempre dichiarato innocente. (leggi qui)