Italia, no alle pellicce: allevamenti chiusi dal 1 gennaio 2022

La decisione è stata presa dalla Commissione di Bilancio del Senato. Verranno pertanto chiusi gli ultimi cinque allevamenti di visone ancora presenti in Lombardia, Emilia-Romagna e Abruzzo, dove sono presenti circa 7 mila animali

Con l’arrivo sempre più imminente del 2022 arriva a grandi passi una data a suo modo storica per il nostro paese: in Italia non si produrranno più pellicce con gli allevamenti che verranno ufficialmente chiusi dal 1 gennaio.

La decisione è stata presa dalla Commissione di Bilancio del Senato. Verranno pertanto chiusi gli ultimi cinque allevamenti di visone ancora presenti in Lombardia, Emilia-Romagna e Abruzzo, dove sono presenti circa 7 mila animali

Questo è stato deciso dalla Commissione Bilancio del Senato, che ha approvato l’emendamento alla Legge di Bilancio 2022. Verranno pertanto chiusi gli ultimi cinque allevamenti di visone ancora presenti in Lombardia, Emilia-Romagna e Abruzzo, dove sono presenti circa 7 mila animali. L’attività degli allevamenti era stata sospesa già a partire dal novembre del 2020 e prorogata fino al 31 dicembre di quest’anno per prevenire la diffusione del Covid dopo le segnalazioni di casi di contagio fra gli animali, quando iniziarono i primi focolai in Danimarca.

Esultano dunque gli animalisti, con Peta, l’associazione che ha fatto dell’eliminazione delle pellicce uno dei suoi cavalli di battaglia: “Grazie mille al Parlamento italiano per aver riconosciuto che la pelliccia appartiene agli animali che la indossano dalla nascita e per aver inaugurato una nuova era, quella in cui i visoni non saranno più ingabbiati, torturati e uccisi col gas in nome della moda – ha affermato Mimi Bekhechi, vicepresidente dei programmi internazionali di Peta -. E così, con più grandi nomi della moda italiana – Armani, Versace Valentino e Gucci – ora senza pellicce, è chiaro che l’industria è davvero morta”.

L’Aip, Associazione Italiana Pellicceria, è furente

Ma a seguito di questa decisione, l’Aip, Associazione Italiana Pellicceria, è furente ed esprime un grande disappunto: “Questo voto cancella un pezzo di made in Italy e un intero settore produttivo – ha spiegato desolato Roberto Tadini, presidente di Aip -, in un momento storico che vede una pandemia in corso e una nazione nuovamente provata dalla permanenza del virus. Gli allevamenti di visoni italiani sono un’attività legittima, regolamentata, certificata. Garantiscono una produzione di qualità, sono ispezionati da revisori autonomi e seguono il protocollo WelFur per il benessere degli animali in allevamento, il sistema riconosciuto dalla Commissione Europea e inserito nella banca dati sull’autoregolamentazione”.

L’Associazione Italiana Pellicceria fa appello ad un ripensamento da parte del presidente del Consiglio Mario Draghi: “ Crediamo che con questo gesto sia stato messo al bando un pezzo di storia di questo Paese. Il nostro appello va al presidente Draghi e al suo senso di responsabilità per cambiare quella che a nostro parere è stata un’operazione ideologica inserita in una legge senza avere alcun nesso con necessità di bilancio di Stato. L’allevamento di visoni in Italia è un segmento economico piccolo, ma si tratta di un’eccellenza nel mondo. Fa parte di una tradizione e a una cultura rurale di secolare memoria. Siamo colpiti e amareggiati. Il nostro grazie va alle forze politiche e ai Senatori che hanno provato ad opporsi a questo “esproprio” fatto senza alcuna giustificazione”.

Adesso via libera alle pellicce cinesi

A seguito di questa decisione, con la chiusura degli allevamenti italiani, ci sarà “semaforo verde” per le pellicce provenienti da Paesi privi di protocolli, come ad esempio la Cina: “Sarà importante che i consumatori siano consapevoli di questo. Si è deciso per pure questioni ideologiche di chiudere un settore in cui l’Italia era un’eccellenza – rammentano gli allevatori – la nostra produzione è limitata proprio perché abbiamo sempre puntato sulla sua qualità”.

Un altro aspetto che ha creato malcontento è stata la modalità di approvazione di questo provvedimento negli allevatori e nei rivenditori: “Qual è il senso di inserire una disposizione come questa nella Legge di bilancio? Sarebbe stato opportuno un confronto con le parti, un ascolto delle nostre ragioni. Ma purtroppo non si è verificato nulla di tutto ciò. E i risarcimenti messi in campo sono ridicoli”.

Ecco cosa verrà fatto per sostenere le imprese che stanno chiudendo

In Italia la dismissione degli allevamenti di visoni ancora in attività dovrà essere fatto entro il 30 giugno 2022. Per le aziende sono previsti indennizzi, proporzionati al numero di animali presenti, un contributo del 30% del fatturato registrato nell’ultimo ciclo produttivo, un contributo fino a 10mila euro a fondo perduto per poter sostenere le spese di demolizione dei fabbricati e degli impianti o di quelle per ristrutturare e riconvertire gli allevamenti in impianti di diversa attività agricola. In questo senso, gli allevamenti potranno attingere ad un fondo di 3 milioni di euro stanziati dal Next Generation EU-Italia per l’avvio di impianti agri-voltaici e parchi agrisolari.

La decisione va in direzione di una tendenza sempre più in voga nel mondo della moda

Con questa decisione, l’Italia si mette in linea ad altri Paesi Europei, mentre la California ha dichiarato di voler diventare fur-free a partire dal 2023.

Si tratta di una tendenza sempre più condivisa anche nell’industria della moda: a settembre Kering ha annunciato di voler eliminare le pellicce naturali dai prodotti di tutti i suoi marchi, con il presidente che ha giustificato la decisione come un adattamento a una nuova sensibilità verso gli animali. Hanno ribadito il loro ‘no’ alle pellicce, negli ultimi tempi negli ultimi anni prestigiosi brand come Giorgio Armani, Burberry, Prada e Michael Kors ed altri ne seguiranno nei prossimi mesi.

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