La foto del fucile col quale stava per andare ad ammazzare la sua ex spedito a un amico tramite sms. “Dai forse oggi prendo due piccioni con una fava”. Sono le 13.04 di giovedì 4 luglio. Quaranta minuti dopo Manuela Petrangeli, fisioterapista di 51 anni, verrà uccisa con una fucilata al petto a Casetta Mattei a fine turno nella clinica dove lavora.
L’esecuzione preannunciata: ma per ora non scatta l’omicidio premeditato
Gianluca Molinaro, 53 anni, ex di Manuela, fa di più. Alle 13.16 – mentre si reca nel luogo dell’esecuzione – spedisce un altro inquietante messaggio, stavolta vocale, allo stesso amico: “Non la sopporto più sono fatto alla vecchia maniera”. “Sto qui sotto ad aspettare che esca“, avverte ancora. Per poi concludere con un altro messaggio alle 13.44: “Gli ho sparato. Gli ho sparato du botte…E’ finita, è finita”.
L’uomo verrà poi arrestato per omicidio volontario dopo essersi costituito in una caserma. La premeditazione, evidente, non è stata ancora formalmente contestata.
Si scopre così che Manuela poteva, forse, essere salvata. Solo che l’amico dell’assassino leggerà quei messaggi che preannunciano il femminicidio solo dopo le due del pomeriggio, a esecuzione già portata a termine.
Un’azione, insomma, studiata da tempo quella di Gianluca Molinaro che trova conferma in un altro particolare. L’assassino si è già costituito quando in caserma risponde alla madre al telefono e i carabinieri a sua insaputa registrano tutto: “Sono in caserma dai carabinieri di Casalotti, è successo quello che ti avevo detto, senza che vieni”.
La telefonata all’altra ex
Subito dopo il delitto Molinaro aveva chiamato anche la sua ex compagna, madre della sua prima figlia. “Spero di averla presa bene: ho visto il sangue che schizzava da tutte le parti“. Lei, vittima a sua volta in passato di violenze, lo convincerà a costituirsi.
Manuela Petrangeli all’uscita dal lavoro aveva appena chiamato il suo bambino, 9 anni, avuto proprio con Molinaro. “Amore, mamma sta venendo a prenderti”. Invece è stata colpita prima con una fucilata al braccio e poi nonostante il tentativo di nascondersi dietro a un’auto, al petto.
L’assassino non si è scomodato nemmeno a scendere dalla macchina, ha solo abbassato il finestrino e aperto il fuoco. Il resto è emerso dall’autopsia shock.