Roma, colonnello condannato: abusi su 2 ragazzini

Il colonnello si fingeva con le vittime come uno zio amorevole: l'arresto in flagranza, ora la condanna

condannato autista di uno scuolabus per violenza sessuale su minori
L'autista dello scuolabus avrebbe riservato alla ragazzina carezze inopportune

Condanna a 8 anni di carcere a piazzale Clodio per un colonnello dell’Esercito Italiano – ora sospeso dal servizio – e  finito in carcere nel marzo 2021 con l’accusa di abusi sessuali su due adolescenti di 12 e 14 anni, figli di conoscenti.

Il colonnello si fingeva con le vittime come uno zio amorevole: l’arresto in flagranza, ora la condanna

La pm Daniela Cento, che ha coordinato l’intera inchiesta, aveva chiesto una condanna ancora più pesante, 10 anni. Oltre alla condanna, i giudici oggi hanno disposto per l’ex colonnello il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati da minori e il risarcimento, nei confronti delle due vittime, di 90mila euro.

Secondo quanto ricostruito dalla squadra mobile di Roma l’ufficiale per adescare le vittime e per accattivarsi le loro simpatie e attenzioni le invitava a salire su una macchina sportiva, dove poi avvenivano le violenze. Il militare, ora 58enne, avrebbe messo in atto le sue condotte criminali anche a Porto Rotondo in Sardegna.

Il colonnello, all’epoca dei fatti ancora in servizio, si comportava con le vittime come uno ‘’zio’’. Uno zio autorevole, con i gradi da alto ufficiale, l’auto sportiva, pronto a prestarsi come aiuto compiti, a dare un passaggio al campetto e in palestra, e persino ad ospitate nella sua casa.

A mettere fine alle gravi molestie su minorenni l’arresto in flagranza per violenza sessuale eseguito dagli uomini della Mobile che lo monitoravano.

La microspia

Una microspia piazzata nell’auto aveva registrato le carezze su un minorenne. Le famiglie si fidavano ciecamente dell’amico colonnello . I figli, invece, una volta subite le attenzioni dell’ufficiale, preferivano restare in silenzio, terrorizzati dal timore di ritorsioni contro i genitori. “Ha la pistola”, aveva rivelato un ragazzino ascoltato in audizione protetta: “Avevo paura per mamma e papà”.

L’alto ufficiale, che era finito già indagato e poi prosciolto nell’ambito di ‘’Fiori nel fango’’ una inchiesta su un vasto giro di pedofilia che sfruttava in città bimbi rom, in realtà era sempre rassicurante e mai maldestro nei modi. Anzi aveva ideato anche una modalità d’approccio insospettabile.

Le tecniche

Sottoponeva i ragazzini – le contestazioni riguardano tre casi – alla prova della postura. Schiena dritta e muscoli contratti. Per accertarsene poi avrebbe allungato le mani dilungandosi in carezze inopportune.

Un’altra tecnica riguardava l’accertamento sulla crescita che prevedeva visite inopportune.

Le parti civili nel procedimento sono state assistite nel processo dagli avvocati Elisabetta Perugini e Fabio Velardi.

La condanna è di primo grado – va specificato – e quindi non può essere considerata definitiva.