Calcio, Vincenzo D’Amico si arrende al tumore: ci lascia un idolo del primo scudetto della Lazio

Campione d'Italia il 12 maggio 1974 quando a soli 19 anni ha aiutato la Lazio a vincere il primo scudetto della sua storia, Vincenzo D'Amico ha totalizzato oltre 300 presenze in biancoceleste

Nella giornata di oggi, sabato 1 luglio, arriva un evento che tutto il popolo dei tifosi della Lazio non avrebbe mai voluto accadesse: il talentuoso ex folletto e idolo biancoceleste Vincenzo D’Amico si è spento a Roma, presso il Policlinico Agostino Gemelli, dove era ricoverato da alcuni giorni, nonostante abbia lottato fieramente fino all’ultimo secondo, come faceva in partita, cedendo il passo ad un tumore del quale lui stesso aveva dato notizia pubblicamente circa 2 mesi fa, a inizio maggio, tramite la sua pagina ufficiale di Facebook.

Campione d’Italia il 12 maggio 1974 quando a soli 19 anni ha aiutato la Lazio a vincere il primo scudetto della sua storia, Vincenzo D’Amico ha totalizzato oltre 300 presenze in biancoceleste

Via social da quel momento si erano sparse in tutta la comunità di aficionados della Lazio una serie di dimostrazioni pubbliche d’affetto da parte di persone comuni e tifosi Vip, ancora molto legati al loro grande idolo, che per 16 anni, dagli inizi degli anni ’70 e per 16 stagioni quasi consecutive, tranne una parentesi di un anno tra le file del Torino, al quale era stato ceduto per esigenze di bilancio, aveva sparso magia come fantasista e ala, vincendo a soli 19 anni il mitico scudetto nella squadra della “Banda Maestrelli”, quello del 1973/74.

D’Amico, che all’epoca era solo un ragazzino ed era arrivato alla Lazio pochissimi anni prima, nel 1970, e non era romano di nascita, essendo nato a Latina, aveva scelto la Lazio preferendola alla Roma, dopo aver esordito nelle giovanili della Cos Latina e poi in quelle della capitolina Almas, trampolino di lancio verso la carriera da professionista con l’aquila fieramente sul petto.

“Mi dicono che i malati oncologici tirano fuori risorse inaspettate, io ci sto provando”, questo il testo del breve post social scritto qualche settimana fa sui suoi canali social, per annunciare di essere un malato oncologico, e pochi mesi dopo d’amico si è spento all’età di 68 anni, essendo nato a Latina il 5 novembre del 1954, dunque in età tutt’altro che avanzata, e dopo aver sommato tra coppe varie e campionato, 338 presenze totali con la maglia della Lazio, della quale resta un icona tramandata di padre in figlio nei decenni.

Emblema e figlio di un calcio tipicamente anni ’80 che non c’è più dove la fantasia e la tecnica di base prevaleva nettamente sulla corsa e sul “muscolo” e dove c’erano fior fior di talenti, d’amico per la Lazio ha fatto di tutto, compreso un anno in serie B, giocando da ala, numero 10, centrocampista offensivo, vicendo lo scudetto e servendo montagne di assist.

Mister Tommaso Maestrelli, il maestro di quella Lazio mitica con Giorgio Chinaglia centravanti boa come si usava una volta, era il ragazzino terribile, amante della buona tavola, che pian piano ha strappato al tecnico della prima squadra la convocazione con i “grandi”, il primo gol contro il Bologna una manciata di gare dopo l’esordio tra i professionisti, e mettendo in mostra forza, senso d’appartenenza, versatilità e classe, oltre a un carattere molto “frizzante”.

Esordisce con la sua amata Lazio contro il Modena nel maggio 1972 in serie B, con una vittoria casalinga, poi si rompe il ginocchio il 5 ottobre dello stesso anno durante una sfida amichevole e sta fermo per il resto dell’anno: sembra una sentenza sulla sua giovanissima carriera ma D’Amico non molla e alla fine ha ragione lui, perchè l’anno dopo esordisce anche in A, il 14 ottobre 1973 in una vittoria per 1-0 sulla Sampdoria e diventa man mano titolare nel corso del campionato.

Maestrelli gli ha dato sempre fiducia fin da subito, innamorato del suo indiscutibile talento anche a dispetto di chi definiva Vincenzo D’Amico troppo esuberante e fuori dagli schemi.

Alla fine di una cavalcata eccezionale quell’anno arrivano 27 presenze, 2 gol e soprattutto una di quelle è stata messa a segno nel derby di ritorno di quella stagione, contro i cugini giallorossi dell’As Roma, D’amico viene premiato come miglior giovane del campionato e arriva allo scudetto, diventando campione d’Italia, per il primo scudetto nella storia della Lazio di Patron Lenzini.

Nel campionato 1979-1980, ormai adulto e maturo, della Lazio, Vincenzo D’Amico indosserà anche la fascia al braccio, diventandone il capitano, ma alla fine della stagione la squadra biancoceleste è devastata dallo scandalo del calcioscommesse e va in crisi finanziaria, obbligando la dirigenza a venderlo ai granata del Torino.

Fa bene anche in Piemonte, dove disputa 26 partite e segna 1 gol in serie A, con acnhe 4 gol in Coppa Italia e si mette in mostra anche in Europa, con 6 presenze e 2 gol tra le fila dei torinesi.

Ma un cuore biancoceleste come lui aspetta solo l’occasione giusta per tornare a Roma, a casa sua, nella sua Lazio, e l’occasione propizia arriva nel 1981, quando riesce a rientrare nelle fila della squadra laziale, e per farlo accetta tutto, anche di giocare in serie B quando ormai era già da tempo un nazionale italiano e la scelta di scendere in cadetteria, insieme alla celebre lite con il CT Enzo Bearzot (reo di non farlo giocare spesso con la casacca azzurra), mette di fatto fine alla sua avventura in nazionale.

Ma il ritorno funziona, la Lazio torna nel massimo campionato nel 1982/83 e l’anno dopo, da precursore dei tempi attuali, D’Amico fa bene anche da “falso nueve” da finto centravanti di manovra, perchè il titolare vero del ruolo, bomber Bruno Giordano era infortunato e mette a referto una doppietta alla Roma condita da 7 gol complessivi.

Mostrando passione e attaccamento alla maglia della Lazio come pochi giocatori nella storia, resta legato alla sponda biancoceleste di Roma fino all’annata sportiva 85/86 e poi conclude onorevolmente la sua carriera in Umbria, nei rossoverdi della Ternana, appendendo gli scarpini al chiodo al termine del campionato del 1988.

Poi, dopo il ritiro dal calcio agonistico, fa un po’ di tutto ed emerge per competenza e intelligenza prima come allenatore in varie giovanili, poi fa l’osservatore per l’amata Lazio e dal 2007 al 2009, per 2 annate, fa il Patron, il numero 1 della Virtus Latina, svolge altri vari incarichi dirigenziali e si fa apprezzare come opinionista in tv anche in programmi per la Rai, sempre a sfondo calcistico, a partire dalla fine degli anni ’90, facendo anche il commentatore tecnico per 90esimo minuto e Stadio Sprint.

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