Roma, neonato arriva morto in ospedale. Ipotesi circoncisione finita male

Il neonato ucciso da una violenta emorragia: non si esclude una circoncisione finita male

Tragedia all’alba di oggi a Colonna, alle porte di Roma. Un neonato di 20 giorni è morto con una emorragia mentre venivano trasportato d’urgenza al Policlinico di Tor Vergata.

Il neonato ucciso da una violenta emorragia: non si esclude una circoncisione finita male

Il sospetto è che il neonato, figlio di immigrati nigeriani residenti a Colonna, possa essere stato sottoposto a una circoncisione effettuata in una casa, da connazionali.

Nonostante una pattuglia dei carabinieri abbia scortato l’ambulanza da Colonna fino al pronto soccorso di Tor Vergata il piccolo è giunto morto.

Era stata proprio la  madre a chiedere aiuto a una pattuglia dei carabinieri impegnata in un posto di controllo: piangeva e chiedeva aiuto stringendo in braccio il piccolo già privo di sensi. La donna era scesa in strada per andare incontro all’ambulanza allertata poco prima.

Una corsa purtroppo vana perché il piccolo non ce l’ha fatta. La madre è stata poi sottoposta a interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Colonna.

Il precedente

Nel dicembre 2018 una disgrazia analoga si era consumata a Monterotondo: un bambino nigeriano di due anni era morto in seguito a una circoncisione rituale, mentre per il gemello era stato necessario il ricovero.

Il sedicente medico, 66 anni, che ha praticato l’operazione, un cittadino statunitense di origini libiche. La procura di Tivoli ne aveva disposto l’arresto.

La circoncisione col ticket

Proprio per fermare il fenomeno delle circoncisioni rituali fai-da-te la Regione Lazio a dicembre aveva deliberato la possibilità di effettuarle nei reparti di chirurgia pediatrica del Policlinico Umberto I e dell’Ospedale San Camillo pagando un Ticket sanitario. (leggi qui)

Una grande possibilità di prevenzione per i rischi di complicanze collegata a questa pratica effettuata clandestinamente in percentuale elevatissima: ben il 40% di quelle che si fanno in Italia (circa 8500 su 15mila complessive all’anno) e che crea problemi al 15% dei bambini che nei primi mesi di vita vi vengono sottoposti