Giudizio Universale: al via la prima causa climatica contro lo Stato Italiano

203 ricorrenti uniti nella campagna denominata Giudizio Universale. La prima udienza oggi 14 dicembre

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Al via oggi, martedì 14 dicembre, la prima udienza della causa legale contro lo Stato italiano per inazione climatica. La causa è stata depositata al Tribunale di Roma lo scorso giugno e adesso lo Stato dovrà rispondere in aula delle sue responsabilità.

Al via la prima causa per inazione climatica contro lo Stato italiano.

Il ricorso alla giustizia è un’iniziativa dell’Associazione “A Sud”, che ha coinvolto in tutto 203 ricorrenti di cui 24 associazioni, 162 cittadini e 17 minorenni.

L’obiettivo è di “chiedere al Tribunale di dichiarare che lo Stato Italiano sia responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica e che l’impegno messo in campo sia insufficiente a centrare gli obiettivi di contenimento della temperatura definiti dagli Accordi di Parigi. Tali mancanze hanno come effetto la violazione di numerosi diritti fondamentali.”

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Dunque, al centro del processo, chiamato sui media “Giudizio Universale”, c’è il nesso tra diritti umani e cambiamenti climatici. Nello specifico viene richiesto di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, applicando il principio di equità e il principio di responsabilità comuni ma differenziate, ossia tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie.

Questa causa, fondamentale perché la prima ad interessante lo Stato Italiano, segue l’esempio di altre cause legali intentate a paesi europei, che in alcuni casi hanno avuto successo e un impatto immediato sulle politiche climatiche nazionali. La Germania, ad esempio, dopo essere stata condannata per inazione climatica quest’anno, in una settimana ha anticipato la data della neutralità climatica di 5 anni al 2045 e alzato il target di riduzione delle emissioni di 10 punti percentuali. Altri processi hanno toccato Spagna, Olanda e Francia.

Secondo il partenariato Climate Transparency, le emissioni dell’Italia (escluse quelle legate all’uso del suolo) sono diminuite del 17% tra il 1990 e il 2018, attestandosi a 429 MtCO2e.

A questi ritmi raggiungeranno quota -64% al di sotto dei livelli del 1990 nel 2050. Però l’obiettivo nazionale dell’Italia è ridurre le emissioni di gas serra del 38% al di sotto dei livelli del 2005, ovvero di circa 366 MtCO2e, entro il 2030. Per mantenersi al di sotto del limite di temperatura di 1,5°C, le emissioni dell’Italia al 2030 dovrebbero essere di circa 165 MtCO2e (o il 72% al di sotto dei livelli del 2005). Questo significa che c’è ancora un gap di ambizione di 200 MtCO2e.

In ogni caso, parlare di ambizioni non significa certamente avere dei fatti in mano. D’altra parte sappiamo per certo, in particolare osservando cosa è già successo agli altri Paesi Europei che sono finiti in giudizio per cause climatiche, che l’udienza di oggi 14 dicembre porterà a delle nuove spinte green in Italia. Infatti l’urgenza mediatica che queste cause apportano è forte e incisiva sulle politiche verdi e non solo.  

 

Alessia Pasotto, dottoressa in Economia dell’Ambiente e dello Sviluppo.

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Emergenza climatica: associazioni e cittadini fanno causa allo Stato