Roma, prestito a strozzo di 30mila euro: avvocata taglieggiata e minacciata. Due arresti per usura

I soldi chiesti dall'avvocata per la produzione di un film: minacce di morte anche al figlio minorenne

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Allettata da un prestito veloce per produrre un film si ritrova ricattata, taglieggiata e vittima di minacce di morte, anche rivolte al figlio minorenne. Si è dovuta rivolgere alla Polizia una avvocata romana risucchiata da un giro di usura.

I soldi chiesti dall’avvocata per la produzione di un film: minacce di morte anche al figlio minorenne

A liberarla gli agenti della Polizia di Stato dell’VIII Distretto Tor Carbone che hanno arrestato in flagranza, in un bar di Ponte Milvio, un 35enne e un 55enne, entrambi romani. Dovranno rispondere in concorso di usura e estorsione.

La denuncia

La denuncia risale al 2 gennaio. La donna si presentata negli uffici dell’VIII Distretto una 44enne romana per denunciare le minacce e i taglieggiamenti da parte di un uomo e una donna.

La vittima si presenta come avvocata e proprietaria di una società che opera nel campo televisivo-cinematografico e che – specifiche – nel luglio 2022 non avendo la patente di guida aveva chiesto aiuto a una donna segnalata da un amico. Inizia da qui la denuncia.

Col passare del tempo l’ “autista” era entrata, anche in maniera “prepotente”, in confidenza con la vittima, tanto da essere presente anche in appuntamenti privati.

Il prestito

In una di queste circostanze era venuta a conoscenza del fatto che, nell’agosto del 2023, la società della quale la vittima è proprietaria aveva bisogno di 30mila euro per la produzione di un film e che le banche le avevano rifiutato il fido. Allora l’ “autista” le aveva suggerito di chiedere un aiuto al proprietario di un salone di bellezza.

L’uomo si è reso disponibile a prestare la cifra a patto che l’avvocata saldasse il debito entro settembre 2023.

Una volta ricevuti i 30mila euro, la vittima ne ha dovuti restituire subito 10mila quale profitto spettante all’uomo e alla sua autista per l’interessamento avuto nel farglieli avere.

Da allora è cominciato lo strazio con minacce continue rivolte anche nei confronti del figlio minore.

Gli stessi, inoltre, la minacciavano  di dire tutto al suo compagno che era all’oscuro della vicenda, in quanto a loro dire la somma che le avevano “rimediato”, era stata presa da una banda di albanesi che ne pretendevano la restituzione.

A questo punto la vittima, ormai in preda ad attacchi di panico, è stata completamente soggiogata dalle loro richieste.

Nel novembre 2023 la donna è stata avvisata, dalla sua autista, del fatto che ignoti avevano tentato il furto della sua autovettura, risultata poi effettivamente  parzialmente smontata.

Nel mese di dicembre, invece, l’uomo ha mandato un messaggio di insulti e minacce alla vittima, a seguito del quale i due si sono incontrati nel suo negozio dove la donna è stata ulteriormente minacciata e, così, costretta a sottoscrivere un assegno bancario per l’importo di 30mila euro a copertura del debito, considerando che già aveva restituito 10mila euro.

L’uomo, a suo dire, avrebbe custodito l’assegno fino a che non avesse ricevuto il denaro in contanti. L’8 gennaio, visto che la cifra da restituire era lievitata da 40.000 a 50.000 euro e che continuava a ricevere minacce, la donna ha presentato un ulteriore denuncia e, d’intesa con gli agenti, ha concordato un incontro con l’uomo e la sua autista in un bar in zona Ponte Milvio.

La trappola degli agenti

La vittima si è presentata all’appuntamento accompagnata proprio dalla donna che la vessava, munita di un registratore con il quale ha registrato tutto quello che è stato detto durante l’incontro, in particolare la pretesa dell’uomo di ottenere 20.000 euro per lui ed ulteriori 40.000 euro per saldare i fantomatici albanesi.

Alla conversazione hanno assistito anche due agenti appostati come finti clienti all’interno del bar.

La vittima, a questo punto, ha consegnato ai due una busta contenente 5mila euro. Gli agenti hanno fatto scattare subito le manette.

A seguito di perquisizione a casa dell’uomo sono stati recuperati 14.400 euro, mentre a casa della 55enne più di 2mila oltre numerose armi legalmente, subito sequestrate.

Il risultato: la banda degli albanesi era una invenzione. E gli arresti sono stati convalidati.

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