Chiude Cicli Liberati: storia delle due ruote a Roma, da Claudio Villa alle biciclette elettriche

Cicli Liberati ha aperto nel quartiere Appio Claudio alla fine degli Anni Cinquanta, un’eredità che è passata da padre in figlio

Non piangere perché è finito. Sorridi perché è successo“. Non è un arrivederci ma un sereno e convinto addio il messaggio di commiato con cui Francesco, detto “Checco” Liberati che ha ereditato dal padre Primo lo storico negozio del quartiere Appio Claudio di Roma in viale San Giovanni Bosco, ne annuncia la chiusura entro la fine di questo mese di settembre. “Papà è scomparso nel 1984 e io – dice Francesco – a 73 anni e dopo 53 di attività a tempo pieno tra le mura di questo esercizio sento il bisogno di andare in pensione. Poiché non ci sono trattative serie per trasferirlo ad altri la cessazione dell’attività sarà definitiva”. Ma, appunto, senza lacrime perché di cose, oltre che di eventi e varie tipologie di clientela Cicli Liberati ne ha viste accadere moltissime.

Cicli Liberati ha aperto nel quartiere Appio Claudio alla fine degli Anni Cinquanta, un’eredità che è passata da padre in figlio

Era il 1957, quando il negozio iniziò la sua avventura all’interno di un solo locale destinato con gli anni a quadruplicare il proprio spazio, l’Appio Claudio era un quartiere ancora in costruzione e le due ruote, in pieno boom economico, erano un vero e proprio mezzo di trasporto, non solo un mezzo cui affidarsi per salutari passeggiate o per gare amatoriali nei giorni del fine settimana.

Era il periodo in cui Fausto Coppi faceva impazzire mezza Italia in sella alla bicicletta da corsa Bianchi con cui divorava chilometri e mieteva vittorie in eterna rivalità con quell’altro grande campione che rispondeva al nome di Gino Bartali. E anche Liberati faceva la sua parte. “Non abbiamo mai fornito biciclette al circuito professionistico -precisa Francesco- ma avevamo i nostri artigiani telaisti cui fornivamo i materiali e che realizzavano esemplari che hanno ottenuto grandi risultati grazie ad atleti capaci di vincere campionati mondiali ed europei nelle categorie minori”. Cicli Liberati entrò, infatti, nel variopinto mondo delle competizioni sponsorizzando quella che divenne una delle più forti squadre cicloamatoriali d’Italia.

Primo Liberati non si tirava mai indietro per stare dietro alle sempre più pressanti richieste di clienti che arrivavano da ogni parte della capitale per acquistare le due ruote che andavano più in voga come le comodissime Graziella, per non parlare dei prodotti riservati ai più piccoli, tricicli inclusi.

Abbiamo attraversato tutte le evoluzioni del mercato ciclistico -prosegue Francesco Liberati- e dei fattori che ne hanno influenzato l’andamento come la crisi petrolifera all’inizio degli Anni Settanta, quando nelle domeniche di black out automobilistico, la gente si attrezzava acquistando biciclette. Poi è arrivata la moda delle due ruote pieghevoli, quella delle Bmx ispirate al film di E.T. quindi i modelli e le mountain bike, sino ad arrivare all’elettrico”.

Dopo decenni di attività e di tradizioni che sono passate attraverso il filtro di due generazioni “Checco” Liberati abbasserà le serrande per godersi la meritata pensione con l’orgoglio di aver lavorato sempre con dedizione e assiduità per soddisfare tutte le esigenze di una clientela variegata fatta anche di celebrità che vivevano la passione per le due ruote in modo viscerale, come il cantante Claudio Villa, magicamente attratto dal fascino delle dalle biciclette da corsa. Con il trascorrere del tempo il negozio si è allargato fino a occupare lo spazio di quattro vetrine, anche perché fino a qualche tempo fa la sorella di Francesco, Silvana, gestiva un reparto abbigliamento successivamente chiuso dalla proprietà.

Dai tempi in cui si andava al negozio di biciclette per riparare la camera d’aria bucata ai modelli con telai di ultima generazione

A giorni un piccolo pezzo della storia recente della città andrà infoltire il cassetto dei ricordi. Come quando i negozi di bicicletta, soprattutto per i più giovani per non dire dei ragazzini erano un’istituzione secondaria solo a quella del barbiere dove, magari seduti sul seggiolone con la testa a forma di cavallo, si aspettava la fine del taglio dei capelli. Ma del negozio di biciclette si aveva molta più necessità. Quando la catena saltava dalla corona oppure si bucava una gomma e l’unica alternativa era farsi riparare la camera d’aria andando da Liberati oppure, se si aveva un po’ di manualità si estraeva dall’astuccio sotto il sellino il kit il “Tip top” contenente il mastice e i ritagli in gomma da incollare sopra al buco.

Ma gli anni più duri, quando Primo Liberati, approfittava della domenica per caricare il suo sgangheratissimo furgone di pezzi di ricambio, spesso usati, per bici e motociclette da vendere nei mercati ambulanti della città e del suo hinterland sono ormai alle spalle. Le tendenze fanno il mercato. Un mercato che si sta fortemente orientando verso la commercializzazione dei cicli elettrici ma con tradizioni che non tramontano mai. Come il classico regalo della prima bicicletta quando si è piccoli, quella bici attorno a cui poi si addensano tanti ricordi dell’infanzia. “Ne vendiamo ancora molte -sottolinea Francesco- quella che è cambiata è solo la nazionalità dei genitori. Riceviamo tantissime richieste da stranieri ormai residenti da tempo in città che comprano i modelli destinati ai più giovani e non chiedono sconti ma sono molto esigenti perché si orientano sempre su pezzi realizzati con materiali di primissima qualità”.