Fregene: strage di daini, tavolo tecnico per stabilirne le cause. Le ipotesi in campo

A indagare sulle ragioni della strage di daini sarà un tavolo tecnico coordinato dal Comune di Fiumicino

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Ne hanno ritrovati quindici, la maggior parte deceduti da diversi giorni e tutti all’interno di una stessa area dell’Oasi di Macchiagrande a Fregene. Gran parte delle carcasse di daino erano già decomposte e non è stato ancora possibile verificare, in sede autoptica, le cause che hanno provocato quest’inattesa e insolita moria. Il Comune di Fiumicino ha, quindi, convocato un “tavolo tecnico” cui prenderanno parte gli enti interessati, Asl, Commissione della Riserva Naturale Statale Litorale Romano, Regione Lazio, Ministero dell’ambiente e Oasi Wwf di Macchiagrande per accertare le ragioni dei decessi e avviare anche un censimento delle popolazioni presenti sul territorio le quali, a partire dal periodo successivo alla pandemia da Covid 19, hanno dato luogo a una vera e propria “esplosione demografica“.

A indagare sulle ragioni della strage di daini sarà un tavolo tecnico coordinato dal Comune di Fiumicino

Grazie al recupero di un paio di esemplari di daino ancora “freschi“, tra quelli morti all’esterno dell’Oasi, l’ufficio Veterinario della Asl Roma 3 ha potuto comunque eseguire alcuni accertamenti zooprofilattici utili a circoscrivere il campo delle ipotesi che hanno provocato la strage (leggi qui). Sarà il “tavolo tecnico” istituzionale ad avere l’ultima parola ma tra i principali imputati di queste morti improvvise ci sono anche i campi coltivati a patate prospicienti la zona in cui sono state ritrovate le carcasse.

E’ possibile -dice Andrea Rinelli, direttore dell’Oasi wwf di Fregene e Macchiagrande- che, a causa della penuria di cibo nel sottobosco e nelle leccete in cui, normalmente, questi esemplari si mouovono per mangiare, abbiano fatto indigestione di tuberi rimasti sul terreno dopo le fasi di raccolta. Nello stomaco degli animali ispezionati erano presenti enormi quantità di patate che per loro non sono digeribili. La causa della morte, se così fosse, -prosegue Rinelli- andrebbe imputata, secondo gli esperti della Asl, a una costipazione. La buccia delle patate contiene solanina, una sostanza che se ingerita in notevoli quantità potrebbe provocare la morte oppure, avendo effetti sul sistema neurologico, indurre nell’animale uno stato catatonico rendendolo incapace di difendersi in caso di aggressione da parte di un predatore. Ma le tracce trovate sul terreno e, soprattutto, la presenza di alcuni morsi sul collo di alcuni di questi daini potrebbero far pensare anche agli effetti di una caccia organizzata da animali che agiscono in gruppo“.

Anche quest’ultima categoria di mammiferi è ben rappresentata all’interno del territorio di Fregene. Potrebbe trattarsi di un branco autonomo di lupi proveniente dalla zona di Castel di Guido, ovvero di altri sei esemplari diventati stanziali nell’area compresa tra Fregene e Maccarese in cui, ormai da due anni, praticano in modo continuativo la caccia all’interno delle Oasi e anche nel bosco della Foce dell’Arrone, dietro al villaggio dei Pescatori.

Ma l’analisi cadaverica delle ferite non convince del tutto gli esperti, perché i canidi selvatici difficilmente attaccano le loro prede da dietro dove erano, invece, localizzate gran parte delle lesioni riscontrate dai veterinari della Asl. Potrebbe, infatti, anche trattarsi, precisa Rinellidi alcuni cani di grossa taglia, forse un Labrador e un Breton, non randagi, perché avvistati con tanto di collare mentre inseguivano alcuni daini. Potrebbero anche aver sviluppato tattiche di assalto peraltro insolite per la loro razza e, cosa altrettanto strana poi, soltanto allo scopo di ucciderli e non di cibarsene“.

Difficile pensare a cause naturali come un’epidemia anche perché alcuni dei daini deceduti erano cuccioli di piccola taglia che presentavano morsi da sbranamento.

Un’ulteriore pista investigativa punta l’indice contro l’ipotesi di un avvelenamento involontario provocato dalla dispersione si sostanze tossiche nell’acqua oppure tra le piante del sottobosco, dove i daini trovano modo di nutrirsi con regolarità. Il “tavolo tecnico” convocato dall’ente locale di Fiumicino avrà di fronte a sé anche un altro compito non secondario. Quello di effettuare un censimento delle popolazioni di daini presenti in zona che, a partire dal nucleo iniziale presente nell’Oasi di Macchiagrande alcuni anni fa si sono riprodotti a un ritmo molto elevato arrivando a colonizzare anche la zona della Lecceta per spingersi, lungo inesplorati “corridoi ecologici” fino a Castel di Guido.

Una verifica del numero di daini presenti sul territorio serve a prevenire gli effetti negativi dell’esplosione demografica sull’intero ecosistema

Per i daini così come per i cinghiali, che per loro sfortuna risultano molto meno simpatici almeno agli occhi dell’opinione pubblica, ma vale anche per i lupi, si pone l’esigenza di procedere a un’esatta quantificazione del numero di capi in circolazione perché, anche nel loro caso, fenomeni di sovrappopolamento producono comunque effetti di destabilizzazione sull’ecosistema erbivoro, con conseguente pericolo di drastica riduzione dell’area di prateria e del pungitopo che è presente all’interno dei boschi.

La presenza massiccia dei daini, che sono ormai diverse centinaia, ha persino creato seri problemi alla sicurezza della circolazione stradale a causa di improvvisi attraversamenti con conseguente impatto tra animali e auto, in particolare su via della Veneziana ma anche a Maccarese (leggi qui).

L’amministrazione comunale ha preso contromisure, aprendo un varco riservato al transito dei gruppi di daini proprio su via della Veneziana dotandolo di congegni luminosi che pre-allertano gli automobilisti. Contemporaneamente sono state alzate barriere fatte di reti più alte lungo i campi agricoli, proprio per convogliare gli esemplari in direzione del passaggio loro dedicato. Va sottolineato che, dopo, l’adozione di questi interventi il numero degli scontri con i veicoli si è ridotto in modo significativo.

Se la moria delle scorse settimane ha avuto un merito -conclude il direttore dell’Oasi di Macchiagrande e Fregene- sebbene suoni strano a dirsi, è di aver spinto tutti gli enti interessati a un confronto su ciò che andrà fatto nell’immediato futuro per conciliare la presenza di questi animali in un territorio fortemente antropizzato dalla presenza dell’uomo“.

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