Crollo di Acilia, indagini da rifare. Per la morte di madre e figlioletta assolti gli inquilini

Il giudice ha trasmesso gli atti in procura: nel mirino il tecnico del gas intervenuto poco prima del crollo

Ripartono da zero le indagini sul crollo della palazzina di Acilia, in cui, a causa di una esplosione per una fuoriuscita di gas, il 28 dicembre 2016, persero la vita la 42enne Debora Catinari e la figlia di 8 anni Aurora Ramacci. Il crollo non è stato causato dai due inquilini senegalesi dell’appartamento a fianco.

Il giudice ha trasmesso gli atti in procura: nel mirino il tecnico del gas intervenuto poco prima del crollo

Lo ha deciso il Tribunale penale di Roma che l’altro giorno ha assolto i due affittuari singalesi dal cui appartamento si riteneva fosse partita la fuga di gas. Il giudice monocratico, però, non si è limitato all’assoluzione ma ha puntato i riflettori sul tecnico, mai finito sotto inchiesta, che nella mattinata dell’esplosione aveva effettuato un intervento di ripristino di un’utenza nel palazzo.

Il giudice, infatti, ha disposto la trasmissione degli atti in procura con l’indicazione di approfondire la posizione del tecnico che in un proprio momento aveva negato di aver fatto un intervento nella palazzina.

La ricostruzione

L’utenza degli imputati – due coinquilini, un uomo e una donna, originari dello Sri Lanka – era stata staccata per morosità e nell’appartamento al civico 36 di via Giacomo della Marca venivano utilizzate delle bombole per cucinare: il tubo del gas era quindi slacciato e posto sotto sigilli.

La colpa dei due – secondo la contestazione della procura, ora decaduta – sarebbe stata quella di aver manomesso i sigilli verso le 7 di mattina, provocando così la fuoriuscita di gas e quindi alle 14 il crollo non appena la vittima rientrando in casa forse aveva acceso la luce.

Sono stati gli stessi legali delle parti civili a sollevare i dubbi riguardo sia l’orario dell’avvenuta manomissione del sigillo – che secondo un perito di parte andrebbe collocata più tardi, verso le 10 – sia di chi quel sigillo l’abbia tolto. I singalesi, infatti, si sono sempre dichiarati innocenti.

Ora le indagini della procura potrebbero concentrarsi sul tecnico che, a differenza di quanto detto nelle sue deposizioni in aula, avrebbe tolto il sigillo al tubo del gas, verso le 10 di mattina, senza controllare che ci fossero le condizioni di sicurezza per il ripristino dell’utenza.

È questa la tesi degli avvocati delle stesse vittime che sottolineano come la testimonianza del tecnico durante il processo sia stata contraddittoria. Il tecnico in un primo momento aveva  proprio negato l’intervento, ma è stato contraddetto dai tabulati telefonici che lo collocavano nell’area.

E poi aveva corretto la testimonianza prima dichiarando di non essersi mai avvicinato ai contatori, poi di averlo fatto ma di non aver toccato il sigillo in quanto c’era la necessità di sostituire l’intero contatore.

Di essere quindi andato al deposito e aver preso il pezzo di ricambio, per poi tornare e trovare il palazzo era crollato.

La mia assistita è addolorata per le morti ma non ha compiuto alcuna manomissione”, aveva già spiegato subito dopo la chiusura dell’indagine l’avvocato Elisabetta Sorze, che assisteva una dei due indagati singalesi. Per l’ex imputata è la fine di un incubo. Nel frattempo invece il secondo imputato è morto durante il procedimento.

Gli affittuari

Stando alla prima ricostruzione della procura il comportamento dei due affittuari avrebbe posto le basi dell’esplosione che ha causato il decesso di mamma e figlia, rimaste sotto le macerie.

La coppia era in affitto in quella casa, in via Giacomo Della Marca, la cui proprietà era della famiglia delle vittime, da alcuni mesi. E la società del gas aveva staccato la fornitura per via della morosità del precedente inquilino. I due cingalesi, così, si erano arrangiati con le bombole per un periodo di tempo, salvo poi, ed è questa l’accusa ora decaduta, mettere mano ai sigilli e cercare una riattivazione fai da te.

La mattina del 28 dicembre, dopo l’intervento maldestro, il gas avrebbe iniziato a fuoriuscire attraverso la tubazione che originariamente alimentava la cucina lasciata col rubinetto aperto. Una quantità di circa 15 metri cubi si sarebbe diffusa nell’appartamento e, a seguito di un innesco accidentale, ha fatto esplodere tutta la palazzina. All’arrivo dei soccorsi alcune persone sono state tirate fuori indenni. Debora e Aurora, purtroppo, non ce l’hanno fatta.

La novità è questa: a 7 anni dalla tragedia la giustizia si sarebbe resa conto che gli affittuari non avevano alcuna responsabilità sull’esplosione. Pochi minuti del crollo sui contatori aveva lavorato un tecnico che non solo non si sarebbe reso conto della fuoriuscita del gas ma inavvertitamente potrebbe averla provocata.