Il bambino morto sulla Colombo aveva un tumore mai diagnosticato: tre medici a processo

Il bambino era morto sulla Colombo: si è scoperto poi che aveva un tumore mai diagnosticato; tre medici finiscono a processo per omicidio colposo

Non c’è romano che non ricordi la storia del piccolo Antonio, il bambino di 11 anni morto tra le braccia della mamma nell’imbottigliata Cristoforo Colombo mentre tentava di portarlo in ospedale. Una storia straziante: un bambino che muore, una mamma che si dispera, le auto incolonnate all’Eur per la Formula E. Era l’11 aprile di tre anni fa.

Il bambino era morto sulla Colombo: si è scoperto poi che aveva un tumore mai diagnosticato; tre medici finiscono a processo per omicidio colposo

Ora però si scopre che c’è dell’altro. Che la storia, se possibile, è ancora più agghiacciante. Il piccolo Antonio – Antonio Bertoni, 11 anni appena compiuti- aveva un tumore, soffriva di un linfoma linfoblastico, e nemmeno la madre lo sapeva: era ricorsa per quattro volte al pronto soccorso, in ospedale, e nessuno aveva mai prospettato quel male. Nessuno le aveva mai parlato di tumore. Pare che il bambino venisse curato per una allergia, mentre la madre, sempre attenta, aveva chiesto più volte aiuto per il suo bambino.

Ora per quella morte saranno processati tre medici del pronto soccorso dell’ospedale Bambin Gesù. Il pm Gianfederica Dito ne ha chiesto e ottenuto il processo per omicidio sanitario colposo. Forse non sarebbe bastata una radiografia a salvarlo, ma probabilmente più esami specifici avrebbero individuato il tumore e dato al piccolo delle chance.

Le contestazioni

Per il magistrato si legge nel capo di imputazione i tre imputatiin qualità di medici in servizio presso il Pronto Soccorso dell’ospedale Bambino Gesù di Roma che ebbero a visitare Antonio cagionavano la morte del medesimo, avvenuta per insufficienza cardiorespiratoria…causata da una massa neoplastica identificata in “linfoma linfoblastico” per colpa consistita in imprudenza e imperizia, in particolare perché nonostante in tre accessi al Pronto soccorso il paziente mostrasse i sintomi che suggerivano e imponevano approfondimenti che avrebbero consentito una corretta e tempestiva diagnosi” non erano stati fatti gli idonei accertamenti strumentali.

Il pm fa riferimento in particolare “a una radiografia del torace”, come eventuale approfondimento strumentale e specifica che una corretta diagnosi, avrebbe consentito un immediato “ricovero con biopsia e conseguente specifica terapia chemioterapica che avrebbe consentito di scongiurare l’evento (ossia la morte) e di garantire comunque maggiori chance di sopravvivenza”.

Quattro volte al Pronto Soccorso

Nell’imputazione il magistrato elenca gli ingressi ospedalieri del 21 e il 29 marzo e il 2 aprile del 2019, di pochi giorni prima, ma anche un primo ingresso del 21 febbraio durante il quale al bambino venne prescritta una cura da cui non traeva benefici. “Nonostante i tre accessi al Ps del Bambin Gesù il paziente mostrasse sintomi, peraltro resistenti alle terapie già prescritte sin dal 21 febbraio”, nessuno dei tre sanitari avrebbe disposto accertamenti più specifici.

La disperazione della mamma

Quel giorno – l’11 aprile – la mamma di Antonio, Ioana Georgia Cepoiu, sperava di far visitare di nuovo il figlio, lo vedeva respirare a fatica. Ma era troppo tardi.
Ho fatto del tutto per il mio bambino, il dolore è ancora lacerante”, dice, “Non riesco a pensare a lui senza disperarmi”.

Il processo per i tre medici si aprirà a maggio. Le responsabilità ora ipotizzate dalla procura saranno solo allora accertate o escluse. Resta il dramma della mamma, del papà Marco, dei fratelli Alexandro e Gabriele.

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