Burlesque al Circolo ufficiali, parla la ballerina: «Nessun festino, sono un’artista» (VIDEO)

La ballerina, unica italiana ad aver vinto un titolo mondiale, spiega cosa è accaduto

In Italia si discute di guerra e censura. Ai nostri microfoni parla la ballerina dello scandalo al circolo degli ufficiali delle forze armate italiane. «Non c’è stato nessun festino, sono un’artista.» 

Il circolo ufficiali delle forze armate organizza uno spettacolo di burlesque in piena guerra. Tra il disappunto generale parla la ballerina: «Non c’è stato nessun festino, sono un’artista»

È romana. Ha i capelli biondi e un corpo perfetto. Ed è l’ultima gaffe, in carne e ossa, delle forze armate italiane che in piena guerra Ucraina-Russa, e il terrore generale di un conflitto mondiale, si ritrova sulle prime pagine dei giornali per l’iniziativa del circolo ufficiali di via XX Settembre che, a quanto pare, per attirare un pubblico più giovane ha pensato bene di organizzare, a conflitto appena iniziato, uno spettacolo di burlesque con loghi militari in bella vista.

Gaffè indubbia. Ma è anche giusto rimettere i tasselli al loro posto. E per farlo intervistiamo Daisy la protagonista di questa vicenda, che non è di certo una spogliarellista, come banalmente qualcuno ha provato a dire, ma una ballerina, un’artista di fama internazionale che quella sera svolgeva il suo lavoro dopo due anni di pandemia e di stop forzato. Chi averebbe dovuto valutare l’opportunità o meno di quello spettacolo, non è di certo lei. Che anzi sembra avere idee chiarissime su cosa avrebbe fatto al posto del direttore del circolo ufficiali ora rimosso dal Ministro.

«L’accaduto è stato un po strumentalizzato perché, una tale risonanza, in un momento di guerra credo che sia un po’ esagerata – ha commentato Daisy Ciotti, ballerina di Burlesque – ci sono rimasta molto male per aver letto che si facevano i festini, perché io mi sono esibita ma non ho partecipato a nessun tipo di festino. La mia retribuzione era d’artista. Dopo due anni di pandemia noi artisti in Italia siamo stati praticamente dimenticati da tutte le istituzioni per cui eravamo davvero felici ed ero davvero felice di dare da lavorare ad altre dieci persone, altri dieci artisti come me su quel palco.»

Se della questione sull’opportunità di fare spettacoli in tempi di guerra, sebbene la storia strabordi di esempi contrari, si può discutere. Più spiacevole ogni tentativo di censura, sia che riguardi un balletto, sia che riguardi Dostoevskij. Peggio se argomentato con luoghi comuni sessisti rivolti a una ballerina.

Il servizio è di Mara Azzarelli.

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