Condanna, l’ennesima, da parte della magistratura nei confronti del Campidoglio in tema di gestione del demanio marittimo e quindi degli stabilimenti balneari di Ostia. La sentenza, stavolta, riguarda il concessionario del “Bagni Vittoria” che si è visto accogliere tutti gli elementi del ricorso contro il Comune di Roma che aveva avanzato pretese di raddoppio del canone concessorio per abusi edilizi mai verificatisi e per aver attribuito impropriamente l’alta valenza turistica della costa di Ostia .
Il Consiglio di Stato condanna il Campidoglio che pretendeva da un concessionario canoni demaniali raddoppiati sostenendo false pretese: alta valenza turistica e opere abusive nello stabilimento balneare
La sentenza, destinata a fare giurisprudenza, è stata emessa dal Consiglio di Stato Sezione Settima (Roberto Giovagnoli, Presidente; Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore; Sergio Zeuli, Consigliere; Maurizio Antonio Pasquale Francola, Consigliere; Laura Marzano, Consigliere). Il giudizio favorevole al concessionario dello stabilimento balneare “bagni Vittoria” di Ostia contro il Campidoglio, è stato pubblicato oggi, 1° marzo. A tutelare gli interessi del ricorrente, gli avvocati Stefano Zunarelli e Vincenzo Cellamare.
La storia
Tutto nasce dalla richiesta retroattiva arrivata al concessionario dal X Municipio di corrispondere, a partire dall’anno 2007, un canone superiore rispetto a quello indicato nell’atto di concessione dell’anno precedente. Per quattro anni di revisione amministrativa (dal 2008 al 2011), il Municipio pretendeva dal concessionario una “differenza a credito di € 74.421,13”.
In particolare, come giustificato dall’amministrazione pubblica, la pretesa nasceva dall’applicazione della delibera n. 5 del 26 novembre 2015 con cui la Commissione straordinaria per la gestione provvisoria del Municipio Roma X ha approvato la nuova scheda di analisi del territorio del Municipio X di Roma Capitale, attribuendo alle aree del Demanio Marittimo di sua competenza il valore di “Alta Valenza Turistica”. In più, l’amministrazione locale contestava la presenza di opere edilizie abusive all’interno dello stabilimento balneare in questione.
La sentenza
Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del concessionario per una serie di motivi (ben dieci) di opposizione risultati fondati. Tra quelli più importanti, c’è che, sentenziano i magistrati amministrativi, “una volta determinato il canone all’atto del rilascio della concessione, non sembra possibile procedere alla modifica delle condizioni economiche della concessione in costanza di quel rapporto.”
Secondo punto l’assoluta assenza di contraddittorio imposto dall’amministrazione locale. “La rideterminazione del canone demaniale – scrivono i magistrati – implicava, una necessaria e scrupolosa attività procedimentale, consistente nella verifica dei presupposti applicativi e nella qualificazione delle opere insistenti sull’area in concessione, con particolare riguardo alle pertinenze demaniali”. E ciò non è avvenuto: il Municipio e il Campidoglio hanno “imposto” le loro valutazioni nonostante la presenza di perizie depositate dal concessionario.
“L’amministrazione avrebbe infatti classificato alcuni immobili come pertinenze con destinazione commerciale senza alcun accertamento istruttorio e senza svolgere alcuna interlocuzione con il concessionario, né tantomeno tenendo conto della perizia che è stata fornita in giudizio e che è stata messa a disposizione dell’amministrazione”. Per esempio, “all’interno delle pertinenze devono sempre escludersi le aree non a servizio commerciale quali scale e magazzini”. La determinazione del canone sarebbe pertanto inesatta.
In dettaglio, il concessionario “si è visto chiedere, unitamente ai canoni di concessione, importi indebiti asseritamente dovuti in ragione di occupazioni abusive, importi caratterizzati dalla natura indennitaria e risarcitoria e che proprio in ragione della natura che li caratterizza avrebbero dovuto seguire un procedimento autonomo e specifico: fornita una documentata relazione da cui risultavano privi di fondamento gli addebiti relativi alle occupazioni asseritamente abusive. Il Comune di Roma a partire dall’anno 2017 ha proceduto a sanzionare, con un coefficiente maggiorato del doppio, gli importi relativi agli ordini di introito contestando un utilizzo difforme della concessione evincibile a suo avviso dalla discrasia dei dati ricavati dalla planimetria asseverata dal tecnico della società. Essa non spiega, con sufficiente grado di determinazione, in quali punti sarebbe erronea la valutazione di difformità del titolo concessorio, contestata nel corso dell’attività ispettiva”.
Insomma, il Municipio e il Comune di Roma si sono ottusamente chiusi di fronte alle ragioni mostrate dal concessionario e non hanno tenuto in alcun conto le carte e i titoli autorizzativi da lui esibiti. Come dire che l’amministrazione locale ha giocato sporco contro il concessionario balneare.
Un comportamento sanzionato dai magistrati del Consiglio di Stato: “Questa possibilità deve essere assicurata da una pur minima interlocuzione procedimentale che consenta alla società di comprendere le ragioni dell’amministrazione, rappresentare le proprie e giungere, ove possibile, ad un punto di convergenza nell’applicazione delle norme al caso concreto”. Insomma l’amministrazione locale si è macchiata della violazione del contraddittorio procedimentale.
Inoltre, è stata accolta l’eccezione di incompetenza formulata con riferimento al fatto che la classificazione è stata adottata dalla Commissione Straordinaria del X municipio mentre, tutt’al più, quel provvedimento sarebbe dovuto spettare alla Regione Lazio o, in subordine, al Comune di Roma nei suoi organi istituzionali. Un errore che recentemente è stato ripetuto dall’attuale amministrazione Falconi-Gualtieri e che è stata contestata dal Tar (leggi qui).
Per queste e per altre ragioni, il Consiglio di Stato ha stabilito che vanno “annullati tutti gli atti impugnati con il ricorso e i motivi aggiunti, con l’obbligo, per l’amministrazione, di rideterminarsi tenendo conto, sul piano conformativo” delle ragioni presenti nel ricorso. Una sentenza che, nella fattispecie, è destinata a fare giurisprudenza e quindi ad agevolare gli altri concessionari di Ostia coinvolto nel contraddittorio contro l’amministrazione locale.
Per l’amministrazione locale è l’ennesima figuraccia dopo quella commessa con lo stabilimento La Casetta (leggi qui), sentenza che il Campidoglio e il Municipio si ostinano a ignorare (leggi qui), con l’abbattimento del Med (leggi qui) e con la falsa accusa di abusivismo del Salus (leggi qui).
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