All’Infernetto maxi sequestro da 5 mln di euro nell’ambito di un’operazione di contrasto all’accumulazione di capitali illeciti.
All’Infernetto maxi sequestro di beni appartenenti a un imprenditore attivo nel settore delle costruzioni e della ristorazione
Nel mirino della polizia di Stato entrata in azione questa mattina, giovedì 13 marzo, un imprenditore già attivo nel settore delle costruzioni e poi in quello della ristorazione, attraverso familiari che hanno fatto da prestanome.
Si tratta di Davide Boncompagni, soprannominato Cazuna, cui fa riferimento, secondo l’ipotesi accusatoria anche il ristorante La Bettola, attivo nel quartiere situato a ridosso del litorale romano, frequentato da vip del dorato mondo del calcio e di quello dello spettacolo.
La confisca è stata estesa anche ad alcune quote di partecipazione che la famiglia dell’uomo possiede nella Bettolina, un altro dei locali oggetto dell’operazione condotta dalla polizia di Stato all’Infernetto.
Congelato e sottoposto ad amministrazione giudiziaria anche il maneggio ‘Boncompagni Ranch Roma’ anche questo situato nel territorio bersagliato dal maxi sequestro effettuato oggi.
La confisca dei beni è stata disposta dalla Divisione Anticrimine della Questura di Roma nell’ambito di una strategia di contrasto all’accumulazione di patrimoni illeciti da parte delle organizzazioni criminali e che ha avuto luogo anche a Santa Teresa di Gallura nella provincia di Sassari.
Il provvedimento di sequestro riguarda beni, assetti societari e rapporti finanziari tutti riconducibili alla stessa persona nell’ambito di misure patrimoniali previste dalla normativa antimafia.
L’operazione portata a conclusione oggi cristallizza e rende definitive le misure patrimoniali inserite all’interno di un provvedimento ablatorio emesso dal Tribunale di Roma nel mese di novembre del 2023 in considerazione, tra l’altro, dell’evidente sproporzione tra i redditi dichiarati al fisco e le proprietà riconducibili all’imprenditore indagato.
Le attività oggetto di indagine erano inserite all’interno di un quadro strutturato di cui faceva parte, tra l’altro, il traffico di stupefacenti.
Un primo filone dell’inchiesta coordinato dalla procura della Repubblica e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria grazie alla collaborazione degli inquirenti spagnoli e della Dea americana, ha coinvolto esponenti delle ‘ndrine calabresi facenti parte delle famiglie Alvaro, Brandimarte, Pesce e Bellocco.
La seconda tranche investigativa ha avuto come epicentro la capitale è ha permesso di ricostruire le fila di un’organizzazione criminale specializzata nello spaccio di droga tramite collegamenti con gli Alvaro di Sinopoli cui l’imprenditore dell’Infernetto avrebbe dato sostegno favorendo, tra l’altro, la latitanza di un membro di spicco della cosca.
Autoriclaggio, false intestazioni e traffico di droga
Tra i capi d’accusa rivolti all’imprenditore dell’Infernetto figurano anche quelli di aver collaborato all’importazione di un ingente carico di cocaina per conto dell’organizzazione mafiosa e di aver programmato un incontro che avrebbe dovuto tenersi presso uno dei locali da lui gestiti.
Il fiume di danaro proveniente dalla rete dello spaccio sarebbe stato poi reinvestito nell’acquisizione di immobili, imbarcazioni di valore e cavalli da corsa. Tutti proventi coperti dallo schermo di società apparentemente legali, da intestazioni fittizie e sofisticate operazioni di autoriciclaggio.
E ‘opportuno ricordare che qualunque persona denunciata, fermata, arrestata, indagata oppure rinviata a giudizio in ogni stato e grado del procedimento penale deve essere considerata innocente sino alla pronuncia di una sentenza di condanna definitiva nei suoi confronti.