Occupazione al “Virgilio” di Roma: l’istituto contesta danni “di rilevanza penale”

Il caso del liceo Virgilio di Roma ha portato alla luce una verità: "Le occupazioni scolastiche hanno un impatto negativo sulla didattica"

Nella foto un momento di occupazione del Liceo Virgilio - canaledieci.it

Il caso del liceo Virgilio di Roma ha finalmente portato alla luce una verità che troppi, per quieto vivere o per calcolo politico, si ostinano a ignorare: le occupazioni scolastiche sono un cancro che divora il nostro sistema educativo.

Il caso del liceo Virgilio di Roma ha portato alla luce una verità: “Le occupazioni scolastiche hanno un impatto negativo sulla didattica”

I 60mila euro di danni stimati non sono un incidente di percorso, ma la logica conseguenza di una deriva che trasforma la protesta in devastazione sistematica. È da plaudire senza riserve, la decisione di chiamare alla cassa i quattordici studenti identificati come responsabili.

Danni e responsabilità: un precedente significativo

Era ora. Chi rompe, paga. Un principio tanto elementare quanto rivoluzionario nell’Italia dei diritti senza doveri, dove la responsabilità personale è diventata un concetto antiquato.

E se i genitori dovranno mettere mano al portafoglio per le bravate dei loro rampolli, tanto meglio: forse sarà l’occasione per recuperare quel ruolo educativo che in troppi casi sembra essere stato abdicato.

Chiamiamo le cose con il loro nome: queste occupazioni non sono espressioni di dissenso democratico ma sequestri di persona collettivi che paralizzano istituzioni pubbliche. Il “fancazzismo” mascherato da impegno politico è diventato una tradizione annuale, un rito di passaggio che ha costi intollerabili.

Il Liceo “Gullace” di Roma, con i suoi 2 milioni di euro di danni, rappresenta solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che dissangua le casse dello Stato e, soprattutto, ruba futuro ai nostri giovani.

L’impatto delle occupazioni sulla didattica

I numeri non mentono. L’OCSE-PISA 2024 evidenzia che l’Italia perde 10-15 giorni di lezione all’anno per proteste varie, mentre paesi come Germania, Finlandia e Svizzera, mantengono una continuità didattica pressoché totale.

Non stupisce che in queste nazioni il tasso di laureati nella fascia 25-34 anni sfiori il 47%, contro il nostro misero 28%. Con il 27,9% degli adulti fermi al livello più basso di competenze secondo l’indagine PIAAC, non possiamo permetterci il lusso di chiudere le scuole per capriccio.

Occupazioni e partecipazione democratica: un confine sottile

Innumerevoli giovani talenti vengono sacrificati sull’altare di questa “liturgia della devastazione”.

Troppe ore di matematica, fisica, lingue straniere vengono sottratte a chi vorrebbe studiare ma si trova ostaggio di minoranze organizzate. La scuola italiana non è al servizio degli occupanti, ma di una nazione che ha disperatamente bisogno di competenze per restare competitiva.

Gli strumenti di partecipazione democratica esistono: assemblee d’istituto, consigli, consulte provinciali. Ma richiedono impegno, studio, capacità di argomentazione – evidentemente troppo faticosi rispetto alla sbrigativa occupazione che consente di saltare lezioni e verifiche.

Il Ministero ha finalmente imboccato la strada giusta: tolleranza zero verso i vandali in maschera da rivoluzionari. I 14 studenti del Virgilio che affronteranno denunce e risarcimenti rappresentano un precedente salutare. La scuola non è terra di nessuno, ma il più prezioso investimento collettivo che una società possa fare.

Le occupazioni sono un crimine, non contro il potere costituito, ma contro le generazioni future. Devono cessare. E fino a quando i nostri “ribelli” non impareranno la differenza tra protesta civile e devastazione, ben vengano i risarcimenti: saranno la più efficace lezione di educazione civica che abbiano mai ricevuto.

Roberto Riccardi