Ostia Antica: riemerge dal passato il “diario” del grande imperatore Adriano

Vengono alla luce reperti appartenuti al "diario" dell'imperatore Adriano che ci raccontano la vita di Ostia Antica al tempo dei romani

Ostia, rivelate in sei incontri le nuove scoperte archeologiche. Ingresso libero

Come tutte le grandi personalità politiche della storia anche l’imperatore Adriano aveva un diario. Ridotto in frammenti ma che gli studiosi presenti nel parco archeologico di Ostia Antica stanno cercando di recuperare e mettere insieme da tempo. Proprio in questi giorni, durante le attività della seconda campagna di scavo del progetto “Ops-Ostia Post Scriptum”, sono venuti alla luce i resti di altre tavolette di marmo appartenenti a ciò che gli esperti hanno ribattezzato con il nome di “Fasti Ostienses” e che furono elaborati in un periodo compreso tra il 49 a.C. e il 175 d.C. Si tratta di una sorta di cronaca “giornalisticaante litteram che ci riporta ai tempi del massimo splendore di Roma, quando la città eterna era abitata da almeno un milione di persone e il florido porto di Ostia Antica da circa 50mila.

Vengono alla luce reperti appartenuti al “diario” dell’imperatore Adriano che ci raccontano la vita di Ostia Antica al tempo dei romani

Le ricerche, effettuate in collaborazione con l’Università di Catania e il Politecnico di Bari, hanno permesso di muovere un altro passo avanti nella ricostruzione di tavole di pietra su cui il “pontifex Volcani“, massima autorità religiosa locale, riportava fatti e notizie relativi alla storia politica e monumentale di Roma e del suo porto sul Tirreno.

I frammenti di “Fasti Ostienses” sono emersi durante indagini effettuate nell’area B del parco archeologico di Ostia antica, corrispondente al Foro di Porta Marina che aveva una forma rettangolare, porticata su tre lati e dotata di un’aula con abside e, in origine, pavimentata in opus sectile, vale a dire con lastre di marmo di diverso colore.
Al centro della piazza si trova un basamento quadrangolare, forse il sostegno di una statua o di una fontana.

Uno dei due frammenti recuperati si congiunge perfettamente con un altro già conservato a Ostia Antica e riferibile alla cronaca degli anni 126-128 d.C. in cui vengono menzionati fatti e avvenimenti accaduti durante l’impero di Adriano.

Incrociando queste informazioni con quelle provenienti da altre fonti letterarie, epigrafiche e numismatiche si è potuto ricostruire con certezza che, il primo gennaio del 128 dopo Cristo, il celebre condottiero assunse il titolo di “padre della patria” mentre la moglie Sabina quello regale di Augusta.

I Fasti narrano che, per festeggiare l’evento l’imperatore offrì al popolo un “congiarium“, cioè un’elargizione di denaro. Il diario prosegue raccontando che il 10 aprile dello stesso anno Adriano partì per l’Africa e, rientrato a Roma tra la fine di luglio e gli inizi di agosto, prima di recarsi ad Atene, avesse consacrato un edificio appena costruito all’interno dell’Urbe, trattandosi, con tutta probabilità di un tempio.

A questo riguardo, in considerazione del fatto che l’iscrizione è incompleta, l’edificio inaugurato avrebbe potuto essere il Pantheon o, più probabilmente, il tempio di Venere dedicato al culto religioso officiato dalle vestali. La consacrazione potrebbe essere avvenuta l’11 agosto del 128 d.C., oppure nove anni prima, nel giorno della ricorrenza dell’ascesa di Adriano al trono nel 117.

Ma gli scavi hanno anche consentito di accertare che, anche nell’antichità, Roma era territorio in costante evoluzione edilizia. Non si trattava certo di speculazioni che hanno accompagnato la vicenda urbanistica contemporanea della città eterna sotto la pressione di forze politiche di varia ispirazione ma, certamente, di opere destinate ad accogliere un numero sempre crescente di abitanti e quindi di costruire edifici destinati, tra l’altro, allo svolgimento di funzioni pubbliche di servizio non necessariamente di natura religiosa.

I romani non avevano il culto della conservazione del loro sapere, molti dei frammenti dei Fasti sono giunti fino a noi solo perché li utilizzavano come materiali edilizi di risulta

Il ritrovamento di altre tessere ci fa comprendere anche il fatto che la conservazione del passato e delle sue narrazioni non era poi considerata così importante dagli antichi romani, perché molti di questi Fasti sono sopravvisuti all’erosione e al trascorrere del tempo anche perché furono utilizzati in epoche successive, e, in particolare durante il dominio dei Severi come materiale edilizio di risulta.

Sta di fatto che, attraverso di essi, sono giunte a noi testimonianze relative al ruolo e all’importanza che Ostia ebbe nella storia di Roma.

A un certo punto, quando l’esercito romano ottenne il dominio navale assoluto del Mediterraneo la cittadina portuale affacciata sul Tirreno da accampamento di tipo difensivo si trasformò in un centro commerciale di primaria importanza dove sorsero botteghe, magazzini (horrea) e uffici di vario genere posizionati lungo la riva sinistra del Tevere.

Da allora iniziarono a essere costruiti anche edifici termali le cui acque venivano riscaldate a fiamma dagli schiavi, ma anche raffinate strutture architettoniche riservate all’alta società rappresentata da nobili, cavalieri e patrizi. In quel periodo Ostia Antica divenne il centro privilegiato per lo smistamento di derrate alimentari e grano, provenienti dal sud e destinati a soddisfare il fabbisogno di una città in continua espansione.

Le grandi imbarcazioni “onerariae“, provenienti da Pozzuoli, tuttavia non potevano penetrare all’interno del porto fluviale a causa degli sbarramenti costieri fatti di sabbia riportata dalle correnti che le avrebbero fatte incagliare. Dallo scalo marittimo e fluviale di Claudio situato nelle vicinanze della cittadina affacciata sul mare salpavano, così, verso il largo barche più piccole, caratterizzate da un minore pescaggio e quindi utilizzabili per il trasferimento dei beni importati verso le chiatte “naves caudicariae” adatte a risalire la corrente del Tevere sino al cuore di Roma.