Pomezia, ipotesi inquinamento nel deposito Eni: arrivano i carabinieri

Nel mirino delle indagini lo sversamento di carburante nel deposito Eni di Santa Palomba

I carabinieri nel deposito di Pomezia

Lo sversamento del carburante avrebbe inquinato in maniera irreversibile le falde acquifere. E’ per questo che i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Roma hanno notificato, oggi, venerdì 7 aprile, un avviso di conclusione delle indagini preliminari all’ENI Spa e a due dirigenti dell’azienda ritenuti responsabili del reato di inquinamento ambientale.

Nel mirino delle indagini lo sversamento di carburante nel deposito Eni di Santa Palomba

Le indagini, dirette dal Procuratore della Repubblica di Velletri Giancarlo Amato e dal Sostituto Procuratore Ambrogio Cassiani, sono state condotte per circa un anno e mezzo dai Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico ed avrebbero permesso di accertare che dal 2019 ad oggi, il deposito di carburanti di proprietà dell’ENI Spa, situato in località Santa Palomba di Pomezia, a causa della progressiva fuoriuscita di carburante da alcuni serbatoi, avrebbe inquinato i terreni circostanti interessando, in maniera irreversibile, i tre livelli della falda acquifera.

Le omissioni contestate

L’attività investigativa, condotta anche attraverso accertamenti tecnici, avrebbe messo in luce come l’azienda, per negligenza ed imprudenza, – così come contestato nell’imputazione –  ha omesso di installare i doppi fondi in alcuni serbatoi contenenti jet-fuel e benzina.

Omissioni che sarebbero state ripetute nel corso del tempo, per ottenere un risparmio sui costi dovuti all’adeguamento dei criteri di sicurezza ed alle manutenzioni.

All’Eni è stato contestato anche di non aver provveduto ad impermeabilizzare con il cemento i bacini di contenimento attorno ai serbatoi, costituiti invece da terreno permeabile e favorendo così lo sversamento.

All’azienda, sempre in base alle prime conclusioni delle indagini, viene attribuita anche la responsabilità amministrativa ai sensi del decreto legislativo 231 del 2001 in quanto il modello organizzativo non prevedeva appositi protocolli sulla prevenzione in materia di perdita di carburanti dai serbatoi che potessero prevenire i reati ambientali.

Spetterà ora alla stessa procura di Velletri di procedere o meno alla richiesta di rinvio a giudizio. L’Eni nel frattempo potrà fornire chiarimenti con documentazioni e interrogatori. E’ bene ricordare che le prove di un’eventuale colpevolezza si formano nel corso del processo e che i destinatari degli atti giudiziari non sono da ritenersi colpevoli fino al terzo grado di giudizio.