Covid e patologie cardiovascolari: la relazione in uno studio sui vaccini mRNA

Malattie cardiovascolari e Covid, FOCE: "Cambio di rotta nell'assistenza cardiologica. Alto rischio di un’impennata di casi di malattie del cuore"

Con miocardite o pericardite, sviluppate dopo una dose di vaccino mRNA COVID-19, in via precauzionale è sconsigliata una dose successiva di qualsiasi vaccino COVID-19. Queste le considerazioni cliniche effettuate dal Centers for Disease Control and Prevention, l’importante organismo federale di controllo sulla sanità pubblica statunitense, a seguito della recente analisi dei dati sulla sicurezza per i vaccini mRNA COVID-19: Pfizer-BioNTech e Moderna.

L’indagine, pubblicata alla fine di marzo 2022, conferma che un rischio connesso alla vaccinazione c’è, ma – e non sono gli unici a dirlo – è molto più elevato comunque, in coloro che hanno contratto il virus del Covid -19. Una motivazione che quasi sempre solleva dalla responsabilità della miocardite o pericardite i vaccini mRNA COVID-19.

Malattie cardiovascolari e Covid, FOCE: “Cambio di rotta nell’assistenza cardiologica. Alto rischio di un’impennata di casi di malattie del cuore”

Rischio di miocardite e/o pericardite in seguito alla somministrazione di vaccini mRNA COVID-19. Pochi casi ma ci sono, e verificati per altro negli adolescenti e nei giovani adulti maschi, entro la prima settimana dopo aver ricevuto la seconda dose di un vaccino mRNA COVID-19.

Un segnale d’allarme lanciato dalla “Centers for Disease Control and Prevention”, l’organismo federale di controllo sulla sanità pubblica, facente parte del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti d’America, e che svela – per modo di dire – quanto già spesso segnalato da molti medici, circa il rischio di aumento di miocardite e pericardite nei maschi adulti a seguito della somministrazione vaccinale mRNA – Covid 19 (leggi qui).

Ma la novità stavolta sarebbe un’altra, ossia quella riguardante la fascia d’età in cui sono stati rilevati i casi, e cioè nei maschi di età inferiore ai 40 anni e a seguito della seconda dose del vaccino Moderna COVID-19, rispetto ad altri vaccini mRNA COVID-19 autorizzati o approvati.

Va sottolineato, che anche se la maggior parte dei pazienti con miocardite dopo la vaccinazione con mRNA COVID-19, è stata ricoverata in ospedale, in breve tempo è avvenuta per tutti la risoluzione dei sintomi acuti. Per questo il Centers for Disease Control and Prevention, è ora pronto a valutare i risultati a lungo termine nelle persone con miocardite, dopo la vaccinazione con mRNA COVID-19.

Intanto fino a quando non saranno disponibili ulteriori dati sulla sicurezza, gli esperti consigliano alle persone che sviluppano miocardite o pericardite dopo una dose di un vaccino mRNA COVID-19 di non ricevere una dose successiva di alcun vaccino COVID-19:

Se, dopo una valutazione del rischio, viene presa la decisione di ricevere una successiva dose di vaccino contro il COVID-19, la persona deve attendere almeno fino alla risoluzione dell’episodio di miocardite o pericardite, vale a dire, risoluzione dei sintomi e nessuna evidenza di infiammazione cardiaca in corso – spiegano”.

Il rischio di trombosi con vaccino Janssen COVID-19

Non basta. Per gli uomini di età pari o superiore a 18 anni che scelgono di ricevere un successivo vaccino COVID-19, alcuni esperti consigliano di considerare l’uso del vaccino Janssen COVID-19 invece dei vaccini mRNA, ma con la consapevolezza del rischio di TTS -Trombosi con sindrome da trombocitopenia, che trama nell’ombra, una sindrome che si presenta anche in pazienti senza una recente esposizione nota all’eparina. Una condizione rara ma con una comprovata relazione causale tra il vaccino Janssen COVID-19 e il TTS (leggi qui).

“Casi di TTS, compresi i decessi, in seguito alla somministrazione del vaccino Janssen COVID-19 sono stati segnalati in maschi e femmine, con il rischio più alto nelle femmine di età compresa tra 30 e 49 anni – precisano”.

Insomma, non c’è da scherzare con i vaccini, ma per quanto ovvio possa sembrare, nemmeno con il Covid, comunque tra le principali cause di tutti i suddetti gravi disturbi che in fase acuta possono portare al decesso.

Dopo il Covid: ecco le percentuali di rischio di scompenso cardiaco e ictus

Quasi in contemporanea con l’indagine pubblicata da CTC con i dati relativi ai rischi clinici sull’uso di vaccini mRNA, una ricerca americana pubblicata su “Nature Medicine” su un campione significativo di più di 150mila soggetti guariti dal Covid e confrontati con oltre 5 milioni di controlli sani, dimostra l’aumento significativo delle patologie cardiovascolari dopo il contagio da Covid-19, e anche in tal caso coinvolgendo chi ha meno di 65 anni senza fattori di rischio come obesità o diabete.

I dati presi in questione nello studio, e relativi a 153.760 individui con una precedente infezione da COVID-19 sono stati confrontati con gruppi di controllo di oltre 5 milioni di soggetti, costituiti da persone senza riscontro di una positività al COVID-19 nella cartella clinica.

A un anno dall’infezione le persone che avevano contratto il COVID-19 presentavano più spesso problemi cardiaci, inclusi ictus, aritmie, malattie ischemiche, malattie tromboemboliche, miocarditi e pericarditi e scompenso cardiaco, in percentuali rilevanti associabili al 72 per cento in più di rischio di scompenso cardiaco e oltre il 50 per centro di ictus.

Medici e ricercatori mettono in guardia sul potenziale rischio di un enorme aumento di patologie cardiovascolari

Nessuna buona notizia quindi, anche in questa fase e che nel nostro paese è considerata per giunta non emergenziale, ma intanto dai ricercatori americani di entrambe le ricerche fresche di pubblicazione arriva anche l’avvertimento:

Dato l’elevato e crescente numero di persone affette da COVID-19 (più di 72 milioni negli Stati Uniti, più di 16 milioni nel Regno Unito e più di 355 milioni a livello globale), il rischio di patologie cardiovascolari a 12 mesi, riportato nello studio, potrebbe tradursi in un grande numero di persone potenzialmente affette – scrivono gli autori nelle conclusioni dell’articolo. Aggiungendo – i governi e i sistemi sanitari dovrebbero prepararsi per un probabile contributo della pandemia di COVID-19 a un aumento del carico delle patologie cardiovascolari”.

Al monito si aggiunge Indolfi, Vicepresidente FOCE (La ConFederazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi italiani):

“Serve un cambio di rotta nell’assistenza cardiologica in Italia, perché le conseguenze dirette e indirette della pandemia stanno peggiorando la salute cardiovascolare dei cittadini. I ritardi nell’assistenza registrati nelle varie ondate pandemiche rendono concreto il rischio di un’impennata di pazienti colpiti da malattie del cuore e di una regressione della mortalità cardiovascolare ai livelli di 20 anni fa”.

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