Si è sentito male in strada di notte dove era sceso già semi incosciente sperando di ricevere aiuto. Ma lì Marco Di Gregorio, 47enne del quartiere Massimina, collassato a terra si è ritrovato a vivere due mondi opposti. “Chi mentre stavo morendo mi dava del drogato. Famoje video e lo mettiamo su youtube”, chi scappava via dicendo “magari se si riprende e ci fa pure del male”. E poi dopo un’ora di agonia, lo capirà dall’orologio, una donna si è avvicinata e gli ha chiesto se avesse bisogno di aiuto.
L’appello di Marco Di Gregorio: “Volevo ringraziare di cuore chi mi ha salvato, per favore mi chiami”
“E’ lei che mi ha salvato, il resto lo hanno fatto gli operatori del 118. Gentili e premurosi”. Ora Marco vorrebbe ringraziarla di persona quella donna. E ha affisso un piccolo cartello per strada scritto a penna che sta facendo il giro dei social: “Volevo ringraziare di cuore chi mi ha salvato, per favore mi chiami“.
Marco, responsabile di un punto vendita, era rientrato dal lavoro a casa, nel quartiere Massimina. È qui che ha iniziato a sentirsi male poco dopo ad aver sentito la compagna. Il peggio è successo mentre era in strada – era la mezzanotte del 9 giugno – dov’era sceso nella speranza di riprendersi o meglio, alla peggio, per avere qualcuno che lo potesse aiutare.
“Ho pensato di andare verso la tabaccheria notturna – racconta a Canaledieci.it – Lì di notte si ferma sempre qualcuno. Ho perso subito conoscenza. Quando mi sono accasciato a terra all’improvviso ho sbattuto anche la testa al marciapiede. In ospedale poi mi hanno spiegato che ho avuto una sincope e a causa della botta anche un trauma cranico. Appena ho ripreso leggermente conoscenza mi sono sentito abbandonato: attorno a me derisioni. Io sono un donatore di sangue. Ho seguito lezioni di primo soccorso. Sono sempre disponibile.
“Non ero in smoking – aggiunge – ma neanche malvestito o sporco. Eppure invece dell’aiuto ho ricevuto anche battute, derisioni. Del tipo: “Sarà un tossico”. Io credo che chiunque vada aiutato in difficoltà. Come ha fatto quella donna che mi ha chiesto se avessi bisogno di aiuto: “Ho scosso la testa e ho detto sì”. Mi ha salvato”.
Un’ora da incubo
L’incubo è finito all’una e mezza del 10 giugno quando un’ambulanza lo ha portato all’Aurelia Hospital. Anche lì ha trovato “massima attenzione, professionalità, cortesia”.
“Ringrazio tanto anche loro – dice – Ora sto bene, dovrò solo fare degli esami medici”. L’incubo è finito: è l’ora dei ringraziamenti. “Perché racconto questa storia? Per trovare chi mi ha aiutato, ma anche per dire a tutti che chiamare il 118 mentre qualcuno sta a terra privo di conoscenza è un atto di pietà. Che va rivolto a tutti, anche a un clochard o chi ha problemi di dipendenze e pure a chi, come me, che fortunatamente ho avuto solo un brutto quanto improvviso malore. Ecco perché volevo ringraziare di cuore quella donna che mi ha salvato”.