Il ministero delle Infrastrutture ha comunicato agli enti competenti la variazione dell’indice Istat dei canoni demaniali per l’anno 2023. Si tratta di un aumento del 25,15% con il canone minimo di 3.377,50 euro. Una stangata importante che fa storcere il naso ai gestori di spiagge e stabilimenti balneari, a Roma tartassati anche da una decisione risibile, quella della rivalutazione turistica degli arenili da classe media a lusso.
Il ministero ha aumentato di un quarto i canoni demaniali marittimi, incremento che a Ostia si somma al cambio di valenza turistica da media a lusso
«Si tratta di un provvedimento ingiustificato e ingiusto», scrivono in una nota congiunta Antonio Capacchione, presidente del Sindacato italiano balneari aderente a Confcommercio e Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba-Confesercenti. Per i balneari l’aumento è ingiustificato perché è più del doppio dell’indice Istat registrato nel 2022 (1,5%) e più del triplo dell’inflazione (8,1%). Ingiusto perché esaspera un meccanismo di determinazione dei canoni sbagliato (in quanto non parametrato all’effettiva redditività dell’area oggetto di concessione), e disincentivante rispetto agli investimenti per il potenziamento dei servizi balneari. Già adesso, infatti, c’è chi paga tanto e chi relativamente poco in riferimento a questi doverosi criteri. Senza parlare delle ormai note ingiustizie sui costi economici dei concessionari balneari con l’aliquota iva al 22% (a differenza di tutte le aziende turistiche per le quali è al 10%), la Tarsu sull’intera area (anche laddove e quando è improduttiva di rifiuti), o l’Imu ancorché considerati affittuari.
«Chiederemo la revoca del provvedimento e, comunque, la sua sospensione in attesa di un opportuno e doveroso riordino dei criteri di determinazione dei canoni che li renda giusti ed economicamente sopportabili» conclude la nota di Sib e Fiba.
«È importante la durata della concessione. Non vogliamo alimentare la discussione mediatica che si sta sviluppando circa l’aumento dei canoni per le concessioni turistico ricreative, poiché nel contesto in cui ci troviamo ci appare sterile ed inutile. Mi spiego meglio: è come se un inquilino di un appartamento si trovasse a discutere e a dibattere sugli importi di un affitto con il contratto scaduto con la prospettiva di dover uscire di casa il mese successivo. Con questo paragone vogliamo spiegare che per il comparto balneare il problema oggi è rappresentato da quanto prevede una discutibile sentenza del Consiglio di Stato, e la sospetta caparbietà nel volere applicare a tutti i costi una direttiva europea che non riguarda invece le concessioni di beni». E’ la posizione, invece, del presidente di Assobalneari Italia Federturismo Confindustria, Fabrizio Licordari. «Non siamo assolutamente contrari – avverte – a considerare o ad accettare un aumento dei canoni di concessione purché questo sia affrontato contestualizzando tutti i costi a cui oggi noi siamo sottoposti, e mi riferisco all’iva al 22% contro quella del 10% delle altre imprese turistiche, l’Imu anche se non siamo proprietari». «E ancora – continua – la Tarsu applicata a tutta l’area in concessione e non solo al bar o al ristorante che producono realmente rifiuti, il servizio di salvataggio che in Italia è in capo ai concessionari mentre all’estero è di competenza delle amministrazioni pubbliche, e i danni ormai all’ordine del giorno delle mareggiate alle quali dobbiamo fare fronte per ripristinare e mantenere in ordine le coste».
Ostia a valenza turistica di lusso
Per i balneari romani la stangata sarà doppia. Infatti, oltre all’aumento dei canoni dettato dal Ministero, va aggiunto quello che scatterà per effetto della delibera approvata dalla Giunta del X Municipio agli inizi del mese di novembre scorso. Il documento stabilisce che la valenza turistica di Ostia è passata da media a alta grazie all’aumento dei flussi di bagnanti quotidiani passati da meno di 50mila del 2020 (anno del lockdown da covid) a più di 150mila nel 2022, le presenze turistiche sopra i 250mila, l’offerta dei posti letto a oltre 7.000, nessuna assenza di divieto di balneazione, mobilità e accessibilità massima, e per la presenza di un “approdo blu” al Porto di Roma.
In poche parole, nonostante trasporti pubblici pietosi, rete stradale insufficiente, parcheggi impossibili, pronto intervento sanitario a rischio, spiaggia pesantemente ridotta dall’erosione, alberghi che chiudono o sono in vendita, Ostia ha una valenza turistica pari a zone come Amalfi, la Costa Smeralda e Portofino.
Il transito della valenza turistica da media ad alta farà scattare automaticamente il raddoppio dei canoni concessori e, in ultima analisi, si rischia che questi incrementi si rifletteranno sulle tariffe applicate ai bagnanti con aumenti astronomici.