Roma, il mondo del giornalismo piange la scomparsa di Eugenio Scalfari, morto a 98 anni

Il mondo del giornalismo piange la scomparsa del fondatore di Repubblica e co-fondatore de "L'espresso", grande giornalista e saggista, si è spento all'età di 98 anni

Roma: si è spento quest’oggi, 15 luglio, all’età di 98 anni il grande giornalista Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica e co-fondatore de “L’Espresso” oltre che scrittore di enorme fama.Se ne è stato uno dei più grandi editorialisti italiani, deputato per il Partito socialista italiano dal 1968 al 1972, nel 1955 contribuì a fondare il Partito Radicale.

Il mondo del giornalismo piange la scomparsa del fondatore di Repubblica e co-fondatore de “L’espresso”, grande giornalista e saggista, si è spento all’età di 98 anni

Tante le onorificenze di spessore delle quali è stato insignito: “cavaliere di Gran Croce della Repubblica italiana” nel 1996 “Chevalier de la Légion d’honneur” nel 1999, uno dei più importanti riconoscimenti della Repubblica francese.

Nel 1988 ha vinto il Premio Internazionale di Trento «Una vita dedicata al giornalismo», poi il Premio Ischia alla carriera, nel 1998 il Premio Guidarello al giornalismo d’autore, e nel 2003 il Premio Saint-Vincent. È cittadino onorario di Velletri, dove risiedeva.

Nato a Civitavecchia (Roma) il 6 aprile del 1924 da genitori calabresi, laureato in Giurisprudenza, nel 1950 iniziò la carriera giornalistica come collaboratore de Il Mondo di Pannunzio. Nel 1955 fondò con Arrigo Benedetti il primo settimanale italiano d’inchiesta L’Espresso e ne tenne la direzione dal 1963 al 1968. Nel 1976 diede vita al quotidiano Repubblica, dirigendolo fino al 1996 per restarne poi un attento e puntuale editorialista. Ha attraversato e scritto delle grandi recenti crisi della politica italiana, mantenendo sempre la sua visione laica.

Molti lo ricordano affettuosamente come ”Barbapapa” per folta barba, il carattere deciso che lo portava a prendere posizione in prima persona su tutto. Scalfari è stato infatti il primo direttore-manager dell’editoria italiana.

Compagno di banco Italo Calvino, scrisse su alcune riviste fasciste, poi espulso, perché ritenuto un infiltrato. Iniziò la carriera giornalistica nei primi anni ’50.

Tante le inchieste di rilievo, prima fra tutte quella sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica, lo scandalo della Federcorsorzi, e le rivelazioni scritte con Lino Jannuzzi dei tentativi di golpe di De Lorenzo nel 1964 che causa capaci di scuotere la vita politica italiana.

Repubblica rappresenta il grande miracolo di Scalfari, una sfida per creare un giornale sia d’elite che controlla in tutto e per tutto. Dopo un anno di attività vende 70 mila copie, rischia la chiusura, ma negli anni ’80 comincia un’escalation del giornale formato tabloid a vendere più di 500 mila copie.

Negli anni ’90 Scalfari comincia inizia a lasciare i vertici di Repubblica: dopo essere uscito dal consiglio di amministrazione e annunciato varie volte l’intenzione di lasciarne la guida, arriva l’addio alla direzione del quoritidiano, che nel frattempo ha innovato la veste grafica.

Scalfari lasciò il posto a Ezio Mauro, restando editorialista del quotidiano – Negli ultimi anni si è dedicato prevalentemente alla scrittura.

Tra i libri di maggior successo di Eugenio Scalfari, spicca il bestseller “La sera andavamo in via Veneto. Storia di un gruppo dal ‘Mondò alla ‘Repubblicà: l’esperienza irripetibile dei ‘liberals’ italiani raccontata dal loro più autorevole esponente, trent’anni della storia italiana del secondo dopoguerra animati da intense vicende e da profonde trasformazioni, in una sorta di bilancio politico e sociale.

Eugenio Scalfari – protagonista di una straordinaria iniziativa giornalistica e politica dell’Italia del dopoguerra, dal “Mondo” all'”Espresso» a “Repubblica” – accompagna il lettore in un viaggio nella memoria della storia collettiva italiana: la Torino di Valletta e la Milano di Benedetti e di Camilla Cederna. La Roma di Papa Pacelli e gli anni del centro sinistra; le piazze del ’68 e gli anni di piombo. E attraverso la frequentazione dell’Italia nobile ci si rivelano nei loro aspetti quotidiani e nella loro statura intellettuale e morale figure come Mario Pannunzio, Ernesto Rossi, Adriano Olivetti, Ugo La Malfa, Raffaele Mattioli. E poi Nenni e Togliatti, Moro e Berlinguer

Eugenio Scalfari, oltre ad aver contribuito a fondare il settimane «L’Espresso» nel 1955 e ad aver dato vita al quotidiano «La Repubblica» nel 1976, che ha guidato fino al 1996.

Sono tante, infatti, le opere che Scalfari ha realizzato nel corso della sua lunga carriera. A partire da “Petrolio in gabbia”, il primo libro al quale si è dedicato nel 1955 insieme a Ernesto Rossi e Leopoldo Piccardi pubblicato da Laterza.

Tra saggi, romanzi, e pamphlet, la produzione del padre del quotidiano romano ha toccato i temi ‘caldi che hanno alimentato il dibattito politico nel corso dei decenni.

È del 1961 il saggio “Rapporto sul neocapitalismo in Italia” pubblicato sempre con l’editore Laterza, cui segue un anno dopo ‘Il potere economico in Urss’ dato alle stampe sempre dall’editore barese. Nel 1972 Scalfari affronta la fine del fondatore dell’Eni, Enrico Mattei, nel saggio ‘Il caso Mattei.

È la memorialistica, invece, a dominare le pagine di “La sera andavamo in Via Veneto”. Storia di un gruppo dal Mondo alla Repubblicà uscito con Mondadori nel 1986. Si tratta di un vero e proprio viaggio nella storia collettiva del Paese che si snoda tra la Torino di Valletta, la Milano di Camilla Cederna e la Roma di Papa Pacelli.

Nel libro sono anche descritti i governi del centro sinistra, le piazze del ’68 e gli anni di piombo. Non solo saggi, però, nella produzione di Scalfari. Fioccano anche i romanzi a cominciare dal primo, “Il labirintò, pubblicato nel 1998 con Einaudi”. Una storia che, muovendosi tra fiaba e mito, svela le contraddizioni dell’animo umano e celebra il potere creativo della mente. Nel 2001 è la volta di ‘La ruga sulla fronte”, un romanzo che racconta un secolo di storia italiana attraverso gli occhi, le azioni e le avventure del protagonista del libro, Andrea Grammonte. Un uomo che eredita dal nonno, nel 1946, la più grande industria siderurgica italiana.

Con una condotta abile e spregiudicata ne espande le attività fino a farla diventare un colosso anche nella chimica e nella produzione di energia elettrica. Un libro, questo, modellato sulla figura dell’avvocato Gianni Agnelli.

Dal 2005 Scalfari vira verso altri argomenti che occupano le sue riflessioni negli ultimi anni. Con “Dibattito sul laicismo”, pubblicato da La Biblioteca di Repubblica prende avvio una lunga riflessione sul rapporto tra la fede e la laicità che trova il suo apice in “Dialogo tra credenti e non credenti” del 2013.

Un saggio che riporta lo scambio epistolare tra il giornalista e Papa Francesco e contiene anche le lettere e gli interventi di teologi, filosofi, intellettuali, tra cui i contributi di Vito Mancuso, Joaquin Navarro Valls, Umberto Veronesi e Massimo Cacciari. Scalfari dedica poi i suoi ultimi libri alla ricerca del senso dell’esistenza tracciando un bilancio della sua vita.

È il caso di “L’amore, la sfida, il destino -Il tavolo dove si gioca il senso della vit”, pubblicato con Einaudi nel 2013 e di ‘Racconto autobiografico del 2014.

Nelle pagine di quest’ultimo saggio, il giornalista definisce la sua vita “non serena, ma fortunata e felice”. È del 2015 infine la sua ultima fatica: “L’allegria, il pianto, la vita”, pubblicato sempre da Einaudi.

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