In un armadio a casa, non lontano da guantoni e trofei, un etto e ottanta grammi di cocaina, da cui erano ricavabili quasi mille dosi. E’ il quantitativo di droga che giovedì 30 giugno ha portato in manette il pugile Matrix, all’anagrafe Marco Scafi, 37 anni.
Il pugile aveva in casa quasi due etti di cocaina. E a proposito di manette, in aula, il suo sfogo in romanesco: “Meno solo per lavoro”
Ad arrestarlo nella sua casa al Pigneto gli agenti di polizia del Commissariato San Lorenzo.
Al termine del processo in direttissima, che si è svolto ieri mattina, il pugile, arrivato qualche anno fa a combattere per il titolo dei pesi massimi leggeri, ha patteggiato una pena a 2 anni e 8 mesi di carcere ed è stato liberato.
“Per me è un momento difficile”, si è limitato a dire al giudice Scafi, riferendosi a questioni personali, e senza mai specificare chi lo avesse rifornito.
“M’hanno messo anche le manette, un po’ strettine – ha commentato con una battuta in aula – Chissà, pensavano che je avrei menato perché sono un pugile. Io però ‘ste cose non le faccio. Per me mena’ è un lavoro, signor giudice”, ha aggiunto il pugile, ora istruttore in due palestre di pugilato.
Il pm Mauro Masnaghetti aveva chiesto per lo sportivo gli arresti domiciliari in una abitazione diversa da quella perquisita, ma il giudice alla fine ha disposto una misura più leggera: l’obbligo di firma in una caserma vicino casa.
E’ bastata insomma una udienza per far emergere che il pugile, probabilmente complice anche il lockdown e il fermo forzato di palestre e ring, si è cacciato in un brutto guaio.
Ma più che un pusher senza scrupoli resta uno sportivo che si è avvicinato alla droga restandone invischiato. Da qui l’immediata liberazione anche se con relativa condanna.
Il suo legale, l’avvocato Alessandro Marcucci, a breve chiederà l’affidamento in prova.
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