Liste d’attesa taroccate: denunce dei Nas anche nella Asl Roma 5 e a Tivoli

Moltissime le irregolarità commesse attraverso la manipolazione o la chiusura fraudolenta delle liste d’attesa oggetto di una serrata campagna di controlli da parte dei Carabinieri del Nas

Nas centro abusivo

Nella maxi operazione di controllo che, negli ultimi due mesi, i Nuclei anti sofisticazione dei Carabinieri hanno eseguito su 3.884 liste d’attesa, spuntano irregolarità anche nella Asl Roma 5 e in particolare a Tivoli dove, nel mirino degli uomini dell’Arma, è entrato un medico specialista il quale, pur essendo autorizzato a esercitare l’attività libero professionale intra moenia, non era, invece, disponibile a erogare le stesse prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale (Ssn).

Moltissime le irregolarità commesse attraverso la manipolazione o la chiusura fraudolenta delle liste d’attesa oggetto di una serrata campagna di controlli da parte dei Carabinieri del Nas

Nel caso di Tivoli la lista pubblica che risultava bloccata era quella relativa alle visite e agli esami specialistici di gastroenterologia e colonscopia. Gli uomini del Nas, passando al setaccio gli elenchi della Asl chiusi al pubblico e confrontandoli con quanto il medico faceva a titolo privato, si sono accorti che il professionista riusciva a trovare sempre il tempo per mettere in agenda fino a otto appuntamenti al giorno presso il suo studio, ma mai alcuno a beneficio degli assistiti a carico del Ssn.

Nel caso di specie i militari dell’Arma non hanno proceduto ad alcuna denuncia, ma hanno segnalato all’ente pubblico di cui il medico è dipendente profili di irregolarità in relazione ai doveri deontologici che gravano, in generale, sugli operatori sanitari. Il suggerimento dato alla Asl Roma 5 è stato di eseguire maggiori verifiche sulla flessibilità e a funzionalità delle liste d’attesa per evitarne una totale o peggio irregolare e pretestuosa gestione.

L’indagine dei Nas ha coinvolto tutte e 38 le unità territoriali in cui si articola il servizio a livello nazionale, mobilitando circa 900 uomini da Udine a Palermo per verificare i casi in cui i tempi medi delle liste d’attesa superavano i sessanta giorni ed apparivano, pertanto, anomali per la loro lunghezza. Il passaggio successivo è stato di individuarne le cause che, in alcune situazioni, erano dovute alla mancanza di apparecchiature di diagnosi clinica o di personale, ma in moltissimi altre non sembravano essere collegate a lacune di carattere fisiologico.

Le indagini hanno toccato anche gli ambulatori e le cliniche private convenzionate che, hanno evidenziato i risultati delle indagini, non sono neppure collegate al Centro unico di prenotazioni (Cup) presso cui gli assistiti del Ssn possono prenotare le singole prestazioni specialistiche, con evidenti ripercussioni sull’inefficienza dell’intero sistema. Nel complesso sono state controllate 1.364 strutture. In una vasta gamma di casi le irregolarità andavano ben oltre profili incompatibili con principi di carattere deontologico della professione perché sconfinavano nel campo dei comportamenti suscettibili di integrare fattispecie di carattere penale.

Le irregolarità denunciate all’autorità giudiziaria hanno riguardato anche le manipolazioni delle agende di prenotazione a favore di parenti, amici e pazienti privati

Se chiudere una lista d’attesa può essere discutibile, di tutt’altro tenore sono stati i casi in cui si è scoperto che i medici che avrebbero dovuto gestirle le bloccavano per poi fornire le stesse prestazioni a pagamento presso i propri studi privati, pur avendo sottoscritto contratti di esclusiva con le Asl di riferimento, e ciò allo scopo di ottenere stipendi pubblici pieni e senza alcun tipo di decurtazioni. In situazioni del genere i carabinieri hanno proceduto a denunciare gli indagati per il reato di truffa aggravata ai danni del Servizio Sanitario Nazionale.

Gli specialisti che stravolgevano le liste d’attesa operavano a Milano, Torino, Perugia, Catania e Reggio Calabria, mentre a Perugia i Nas hanno scoperto un medico radiologo che svolgeva attività privata presso un altro ospedale pur essendo ufficialmente in malattia e altri due infermieri svolgevano esami del sangue a favore di privati attestandone il falso ricovero.

In oltre mille situazioni oggetto di controlli sulle liste d’attesa quasi il 30 per cento dei casi è risultato in affanno rispetto alle tempistiche dettate dalle linee guida del Piano sanitario Nazionale.

Quattordici dirigenti e medici sono stati denunciati alle rispettive procure della Repubblica perché ritenuti responsabili del reato di interruzione di pubblico servizio, per aver arbitrariamente chiuso, senza giustificazione, le agende di prenotazione nei mesi di luglio e agosto posticipando, di conseguenza le prestazioni diagnostiche e consentire, così, al personale di poter fruire delle ferie estive o svolgere indebitamente attività a pagamento.

Non ultimi sono stati oggetto di segnalazione all’autorità giudiziaria nove medici che hanno favorito conoscenti e propri pazienti privati manipolando le liste d’attesa. In questo caso e ipotesi di reato sono quelle di falsità ideologica e materiale, truffa aggravata, peculato e interruzione di pubblico servizio. In 195 situazioni le agende di prenotazione erano state sospese o interrotte anche mediante ricorse a procedure non consentite.

La cattiva gestione delle liste d’attesa penalizza chi è affetto da patologie gravi come i tumori perché operazioni anche urgenti vengono rinviate di mesi

Due anni per una mammografia di screening, tre mesi per un intervento di tumore all’utero che andava effettuato entro 30 giorni, o ancora più di 60 giorni nel limbo dell’incertezza per chi avrebbe bisogno di un intervento per tumore all’utero nell’arco di 48 ore.

Sono alcuni dati statistici che l’associazione dei consumatori specializzata nel settore sanitario, Cittadinanzattiva, snocciola in relazione alle indagini a tappeto svolte negli ultimi due mesi dai carabinieri del Nas.

Il blitz -puntualizza Anna Lisa Mandorlino, segretaria generale dell’organizzazione- dimostra che siamo lontani dall’aver migliorato la situazione rispetto ai tempi medi per ottenere le prestazioni erogate dal Ssn nonostante siano stati stanziati dei fondi per avviare un percorso più virtuoso. Ci sono problemi di natura organizzativa da risolvere ma anche comportamenti meritevoli di condanna in sede giudiziaria come la sospensione delle prenotazioni che va sotto il nome di liste bloccate”.

Il dato medio nazionale è, infatti, ancora molto lontano dal raggiungere livelli di sufficienza se si considera che le prestazioni relative a problemi endocrinologici non vengono messe in agenda prima di 445 giorni oppure i 730 necessari per programmare una mammografia.

Il risultato è che i pazienti che ne hanno bisogno fuggono dal settore pubblico sia rinunciando del tutto a curarsi, come evidenzia l’Istat rilevando che la percentuale di assistiti che ricorrono alle prestazioni specialistiche sono scesi dal 42% del 2019 al 39% del 2022. Va ancora peggio per gli esami clinici che, nello stesso periodo di confronto congiunturale, si sono ridotti in ambito pubblico dal 35,7 al 32%. Lievita, di converso, il numero delle persone che fanno fronte alle varie esigenze cliniche pagando di tasca propria in un contesto in cui la quasi totalità delle Regioni non ha recuperato le prestazioni in ritardo a causa della pandemia.