Torna il colera in Italia. È allarme in Sardegna?

Scopriamo il colera, un'infezione batterica da sempre diffusa nel mondo. Il caso in Sardegna ha riacceso i riflettori su una malattia che in Italia sembrava dimenticata

Colera in Sardegna
canaledieci.it

Il colera è un’infezione diarroica acuta che dal diciannovesimo secolo in poi si è diffusa più volte nel mondo dalla sua area di origine attorno al delta del Gange nell’Asia meridionale, tra il Bangladesh e il Bengala Occidentale in India. L’ultimo focolaio di colera in Italia risale al 1994 con una decina di casi confermati in Puglia. Ma è l’estate del 1973 che viene ricordata per l’ondata più intensa di colera nella nostra penisola: l’infezione colpì la Campania, la Puglia e la Sardegna comportando una massiccia opera di vaccinazione per arginare l’epidemia. I casi di colera nelle Regioni suddette furono 278 con 24 morti. Negli ultimi anni in Italia e in Europa si contano pochissimi casi, riconducibili esclusivamente a cittadini di ritorno da viaggi in Paesi il cui il colera risulta ancora presente e attivo.

Il colera è tornato in Sardegna con un anziano ricoverato nel reparto di malattie infettive dell’ospedale Santissima Trinità di Cagliari

L’Unione Sarda ha dato notizia di un pensionato di Arbus colpito dal colera. Dopo circa mezzo secolo, la malattia è dunque ricomparsa in Sardegna. L’uomo, ricoverato, è in miglioramento e appena si sarà negativizzato verrà dimesso. Avrebbe accusato i primi disturbi gastrointestinali circa un mese fa. Dinanzi all’inefficacia dei trattamenti e a un crescente stato di disidratazione, si sono resi necessari ulteriori controlli che hanno portato all’identificazione del batterio Vibrio cholerae. Sarebbero ancora in fase di accertamento le cause del contagio.

Epidemia colera napoli 1973
Disinfestazione delle strade di Napoli durante l’epidemia di colera del 1973. Foto di pubblico dominio.

Il colera è una malattia infettiva di origine batterica molto diffusa nel mondo. In base ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), attualmente è in corso la settima pandemia di colera, iniziata nel 1961 In Asia Meridionale, arrivata in Africa nel 1971 e in America nel 1991. Ogni anno il colera colpisce dai 3 ai 5 milioni di persone in tutto il Pianeta. Circa 120.000 casi annuali di colera hanno un esisto fatale. L’Africa e l’Asia sud-orientale rimangono le aree più colpite dall’infezione con un rischio pandemico permanente. Il colera è a oggi classificato dall’OMS come pandemia con un’acuta recrudescenza della malattia caratterizzata dalla quantità, dalla dimensione e dalla concomitanza di più focolai nel mondo. Nel 2022, ben 30 stati dell’Africa e del Mediterraneo Orientale hanno segnalato casi di colera, compresi paesi non endemici come Libano e Siria e paesi che negli ultimi tre anni non avevano segnalato casi come la Repubblica Dominicana e Haiti.

Il colera è una malattia a trasmissione oro-fecale. Si contrae principalmente attraverso l’ingestione di cibo o acqua contaminati da materiale fecale di individui infetti. I cibi poco cotti o crudi sono quelli più a rischio per la trasmissione del colera, in particolare modo i frutti di mare. Il batterio del colera vive anche in ambienti naturali, trovando validi habitat di sviluppo nei fiumi salmastri e nelle zone costiere. In questi contesti avviene il contatto con i molluschi che a causa della loro azione filtrante, accumulano internamente un alto numero di vibrioni, confermandosi un ottimo vettore per la diffusione del colera.

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Senza la contaminazione di cibo e acqua, il contagio diretto tra persone è molto raro in condizioni igienico-sanitarie ottimali. Si comprende con facilità quanto sia complicato contenere il colera in Paesi con scarse condizioni sanitarie, una cattiva gestione degli impianti fognari e mancanza di controlli sull’acqua potabile. Indicazioni fondamentali nelle aree endemiche sono quelle di evitare di bere bibite con ghiaccio, di non consumare cibi crudi soggetti a manipolazione diretta e di non lavare frutta e verdura con acqua che potrebbe essere contaminata.

Quando si contrae il colera, l’aspetto più importante è la reintegrazione dei liquidi e dei sali minerali

Il colera ha un periodo di incubazione che varia tra le 24 e le 72 ore dall’ingestione dei batteri. Il Vibrio cholera colonizza l’intestino rilasciando una tossina che agisce sulla capacità di assorbimento dell’acqua da parte del nostro organismo. Le persone che hanno contratto il colera, sono affette da pesanti scariche di diarrea e spesso di vomito che comportano una rapida disidratazione con riduzione repentina del peso corporeo. In alcuni soggetti, la continua perdita di liquidi può provocare una disidratazione talmente grave da portare alla morte.

L’aspetto più importante nella cura del colera è la reintegrazione dei liquidi persi con la diarrea e il vomito attraverso soluzioni apposite ricche di zuccheri e sali minerali, elettroliti e acqua. Gli antibiotici possono abbreviare il decorso della malattia e ridurre l’intensità dei sintomi, utilizzati soprattutto per gli anziani o in caso di pazienti con patologie preesistenti. Con una tempestiva terapia di reidratazione, la mortalità per colera si riduce all’1% e la malattia di risolve autonomamente. Sono disponibili anche dei vaccini contro il colera la cui efficacia deve essere ancora valutata e approfondita.

In Italia è allarme colera?

Le autorità proseguono in Sardegna col tracciamento dei contatti dell’anziano contagiato di colera. L’uomo non avrebbe viaggiato di recente, dunque identificare le cause del contagio risulta di sicuro più complicato. Tuttavia si spera in un caso isolato. Il manager dell’ASL del Medio Campidano, Marcello Tidore ha dichiarato all’ANSA che la situazione è sotto controllo, raccomandando tuttavia di accertarsi sempre della potabilità dell’acqua e di preferire il consumo di cibi cotti.

Bibliografia e note: