Strage al condominio, “Chi lo ha disarmato è un eroe”. Le testimonianze

Le origini della strage domenicale scatenata dal 57enne partono da lontani dissapori per liti condominiali con altri consorziati. Il giallo della pistola e un focus sul killer

La tragedia che Claudio Campiti, 57 anni, ha scatenato questa mattina, domenica 11 dicembre all’interno di una sala in uso al bar “Il posto giusto” di Colle Salario (leggi qui), in via Monte Giberto, ha origini antiche e parte tutto da un quadro clinico con presunti gravi problemi psichiatrici del killer. Tutto è stato scatenato da dissapori antichi per motivi condominiali, frutto di liti violente e continue con i responsabili del consorzio dove l’uomo aveva una abitazione. Oggi quest’ultimo ha scatenato la sua furia incontrollata. Sparando. Uccidendo tre persone e ferendone quattro, più una persona che è stata ricoverata a seguito dello spavento pazzesco che gli ha causato un attacco di cuore.

Le origini della strage domenicale scatenata dal 57enne partono da lontani dissapori per liti condominiali con altri consorziati. Il giallo della pistola e un focus sul killer

Il bilancio va avanti, le indagini sono tutt’altro che concluse, e speriamo non spuntino altre vittime, i feriti sono tutti in gravissime condizioni, le persone decedute a seguito della sparatoria sono Elisabetta Silenzi, Nicoletta Golisano e Sabina Sperandio.

Il killer ha fatto fuoco all’impazzata uccidendo tre signore, da una distanza di non più di 30 o 40 centimetri, scegliendo i suoi bersagli tra le circa 30 persone presenti sul posto in quel momento per la riunione condominiale. La riunione stava avvenendo in uno dei locali concessi dal proprietario del bar, che era chiuso nella giornata di domenica.

Ma qui, tra Fidene e Colle Salario, le persone parlano a caldo leccandosi ancora le ferite, visibilmente sotto shock.

Sembrava un remake di una delle celebri e drammatiche stragi a colpi di pistola nelle scuole americane, ma stavolta non c’entrano rabbie adolescenziali o “studenti pazzi” di qualche college a stelle e strisce, ma tutto è stato portato avanti con lucida follia da questo 57enne che tutti i consorziati conoscevano  benissimo e che aveva sempre creato molti problemi alle persone che abitavano i palazzi del consorzio.

L’uomo che ha scatenato la carneficina viene descritto come profondamente debole, viveva in uno stabile senza luce nè acqua ed era tra gli inquilini morosi del consorzio Valleverde, nel reatino, vicino al Lago del Turano.  Una costruzione fatiscente a due piani non ultimata, con i lavori completati solo al pianterreno e la parte superiore rimasta “monca”.

Non voleva pagare quanto dovuto e per questo ha fatto fuoco. Soffriva di tremende manie di persecuzione, temeva che lo espropriassero di casa propria e ce l’aveva a morte con tutti.

La sua personalità era evidentemente disturbata, e Campiti era stato segnato dal dramma della perdita di un figlio, avvenuta una decade fa. Da allora non era più lo stesso.

Tutto avvenne durante una vacanza in montagna, quando suo figlio Romano, allora 14enne, era in Val Pusteria a sciare su una pista da sci ed ebbe un incidente mortale in slittino durante una lezione.

Il tribunale per quell’episodio aveva condannato un maestro di sci oltre a due responsabili del centro sciistico nel 2016 per non aver rispettato le norme di sicurezza previste per legge, con tanto di risarcimento di centinaia di migliaia di euro dato alla famiglia.

Chi gestiva il consorzio era stato più volte definito dall’assassino come dei “ladri”, il consorzio per lui era un “inferno”, lo aveva scritto in un post di un anno fa anche in un blog che gestiva.

Affermava cose deliranti che, lette col senno di poi, lasciavano presagire che in futuro avrebbe potuto scatenare il suo istinto omicida come poi ha fatto.

Sul profilo Facebook del bruto appaiono tanti simboli malsani: una medaglia con un fascio littorio ed il motto fascista ‘Molti nemici molto onore’, oltre a miniature di soldati con le sembianze di Mussolini e Hitler, insieme a tante altre foto più rasserenanti, di quelle che sembrano gite fuori porta a Roma e Villa Adriana.

Abbiamo visto che Claudio Campiti apriva la porta della sala dove questa domenica era in corso la riunione del consorzio, una occasione anche per fare il bilancio consuntivo e farci gli auguri di Natale, poi ha tirato fuori l’arma e pensavamo – spiega un consorziato – che volesse solo minacciare. Poi, quando ha esploso il primo colpo abbiamo capito che non scherzava”.

Fortunatamente dopo aver ucciso e ferito, a un certo punto l’arma da fuoco deve essersi probabilmente inceppata e, racconta un’altra persona presente sul posto: “Siamo grazie a Dio riusciti a bloccarlo nel momento in  cui per qualche motivo ha smesso di fare fuoco e gli siamo andati addosso in massa, buttandolo a terra. Io personalmente sono riuscito a disarmarlo. Si tratta di un uomo non lucido, pericoloso, con tanta rabbia dentro. Sapevamo che avesse problemi, che fosse pericoloso, aveva ricevuto a suo carico tante denunce”.

L’uomo che lo ha disarmato

Silvio Paganini, 67 anni, operatore nel mondo del turismo, è l’uomo che ha disarmato Campiti. Non prima di essere stato raggiunto da un proiettile al volto. L’ogiva lo ha colpito  di striscio a una guancia. Sarebbe stato lui i quarto obiettivo dell’assassino. Nonostante la ferita, però, Paganini è riuscito a bloccare con estrema forza la mano omicida e favorito l’intervento degli altri uomini presenti all’assemblea. Il ferito non è in pericolo di vita.

Il giallo della pistola, una Glock calibro 45

Campiti, da una prima ricostruzione che andrà confermata da parte dei carabinieri che stanno portando avanti le indagini, avrebbe sottratto senza poi riconsegnarla dal poligono di tiro di Tor di Quinto, a Roma nord. La avrebbe noleggiata nelle ore precedenti alla mattanza, recandosi al poligono, e poi si sarebbe allontanato dalla struttura.

Nelle ore immediatamente successive alla sparatoria proprio il Poligono di Tor di Quinto è stato sottoposto a sequestro per approfondire le indagini (leggi qui).

La domanda fondamentale su questo punto è una soltanto: ci si interroga se le forze dell’ordine siano state allertate tempestivamente per il fatto che il triplice omicida non abbia riconsegnato l’arma usata per il delitto.

Questo perchè lui voleva essere armato, e perché il porto d’armi gli era stato negato, dopo che le forze dell’ordine, tramite diverse denunce ricevute dai carabinieri del luogo dove viveva in provincia di Rieti, avevano saputo delle violente liti in atto contro i residenti del consorzio, negandogli il porto per la sua evidente aggressività.

Passaporto e seimila euro

Addosso Campiti aveva un altro caricatore pieno più 170 proiettili che difficilmente avrebbe avuto il tempo di inserire nella pistola. Con sé aveva anche il passaporto e seimila euro in contanti, evidentemente per perseguire una fuga all’estero. Per questo l’accusa mossa dalla Procura di Roma nei confronti dell’arrestato è di triplice omicidio con le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi.   

Tra le testimonianze raccolte da canaledieci.it nella mattinata di domenica 11, anche quella di Gianluca Poscente, amministratore di diversi condomini ad Ostia, che racconta come spesso negli ultimi tempi, un po’ a tutte le latitudini, durante le assemblee condominiali gli animi siano spesso molto “caldi”, con la creazione di rapporti a volte molto conflittuali (leggi qui).

Sempre questa domenica 11 dicembre, vi abbiamo ricordato in un altro articolo di quando un’altra strage dai tratti simili accadde nel lontano 1996 ad Ostia (leggi qui).

In quel caso si era ad Ostia,in via dei Panfili, 62. 

Pietro Mariani, ex maresciallo dell’ esercito, sessantacinque anni, impugna la sua “7,65” e uccide Carlo Sivici, l’amministratore del palazzo, e Silvana Settimi, un’inquilina. Quando arriva la polizia Mariani spara ancora, questa volta contro gli agenti. Mario Pitò, un poliziotto, viene ferito; l’ex maresciallo, invece, muore nel conflitto a fuoco.

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Strage al condominio, quando successe ad Ostia