Sparò alla moglie, condanna all’ergastolo

L'uomo, un barelliere del 118, aveva continuato a sparare colpi sulla moglie già agonizzante

Aveva sparato alla moglie, scaricando tutti i colpi della pistola, nell’ultimo giorno di convivenza. Dopo la lite, con calma, aveva recuperato la pistola custodita in una cassetta di sicurezza in garage, e rientrato a casa, mentre la moglie era in bagno la raffica di colpi. Sei, sette, esplosi anche sul cadavere agonizzante. E’ così che tre anni fa a Cave, Antonio Brigida, 59 anni, aveva ucciso la moglie Carmen Vernica, quattordici anni più giovane. 

L’uomo, un barelliere del 118, aveva continuato a sparare colpi sulla moglie già agonizzante

Per quel femminicidio senza pietà consumatosi il 7 maggio 2019 a Cave piccolo centro di diecimila abitanti nei pressi di Tivoli, Antonio Brigida, 59 anni e barelliere del 118, è stato condannato ora all’ergastolo. Carmen Vernica, romena, 45 anni, e una figlia di 30, era morta così, nel bagno di casa, mentre prendeva le ultime cose da portare via. L’ultimo giorno in casa col marito, dopo una lunga separazione dentro lo stesso appartamento.

Ora la I Corte di Assise di Roma ha condannato all’ergastolo l’uomo per femminicidio. Secondo i giudici si è trattato di un omicidio premeditato ai danni della coniuge dalla quale si stava separando. Nella sentenza, però, i giudici hanno escluso l’aggravante della crudeltà, nonostante l’azione omicidiaria sarebbe stata portata a termine in due fasi. L’uomo infatti ha ricaricato la pistola due volte e colpito al petto e alla testa, più volte, la moglie, già agonizzante o probabilmente morta.

Non è servito nulla all’imputato instaurare una difesa in cui ha tentato di addossare più volte la responsabilità sulla vittima, causa, a suo dire, della separazione. I giudici hanno previsto per la figlia di Carmen Vernica una provvisionale di 250mila euro. “Nulla può ridare una madre alla figlia”, ha detto avvocato Alessandro Pasquazi, il legale della giovane, parte civile, “ma c’è il risarcimento morale contro il tentativo indegno di far passare il messaggio “però tua madre”, scaricando l’attenzione dal colpevole alla vittima”. Brigida aveva sposato la signora Carmen Vernica in seconde nozze. La donna aveva trovato un lavoro come badante e un appartamentino a Zagarolo a un prezzo calmierato, ma il marito ha provato a ostacolarla fino all’ultimo momento. Quella mattina verso le otto avevano discusso per dei documenti. Qualche ore dopo la mattanza con la finestra aperta.

Sparò alla moglie, condanna all'ergastolo 1

La replica del difensore di Brigida

L’avvocato Loredana Mazzenga, difensore di Antonio Brigida, riguardo alla nostra ricostruzione dei fatti, sottolinea che “non è assolutamente vero che il Brigida ha sparato sulla moglie tutti i colpi della pistola, come non è altrettanto vero, che ha ricaricato la stessa due volte, scaricando la raffica dei colpi, anche sul cadavere agonizzante della signora. Quest’ultima mia affermazione, è suffragata, senza ombra di dubbio alcuno, dall’esclusione dell’aggravante della crudeltà, tra l’altro effettuata dal I collegio della Corte di Assise di Roma, lo stesso che si è occupato di altri casi di cronaca, come l’omicidio del brigadiere Cerciello Rega e tanti altri, terminati ugualmente con la condanna all’ergastolo (si sottolinea che per questa tipologia di delitti non è più consentito la celebrazione del processo con rito abbreviato, che avrebbe consentito lo sconto di 1/3 di pena)“.

Inoltre – prosegue l’avvocato Mazzenga – non è assolutamente vero, che la difesa, testualmente ‘ha tentato di addossare più volte la responsabilità sulla vittima, causa a suo dire della separazione’. Diversamente, la difesa, si è semplicemente limitata a svolgere il proprio compito, che era quello di esaminare tutti i testimoni presentati in dibattimento. Ciò che è emerso, tra cui il profilo della vittima, a cui questo difensore si è sempre rivolto con massimo rispetto, è il risultato dell’istruttoria dibattimentale“.

Ultima precisazione – conclude l’avvocato – in riferimento a quanto scritto sul fatto che ‘il marito ha provato ad ostacolarla fino all’ultimo momento’. Anche quest’ultima affermazione è inesatta. Antonio Brigida si era rassegnato alla separazione: questo è ciò che è emerso dai testimoni escussi. Nel processo penale, la prova si forma in dibattimento, attraverso l’esame dei testimoni, il resto sono solo chiacchiere che, in vicende come questa, non dovrebbero assolutamente verificarsi. Quest’ultimo concetto è ben radicato in un Difensore! Tale replica era doverosa, in primis perchè la condanna non è ancora definitiva e soprattutto perchè, poichè si è utilizzata la stampa per divulgarla, era necessario e corretto fornire all’utenza le giuste informazioni“.

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