Il dissidio dei consiglieri dei Giovani Dem sarà mediato dal segretario Letta. Restano pesanti i significati e le conseguenze dello strappo
Sono passate appena tre settimane dal ballottaggio che ha riportato il centrosinistra al governo di Ostia e del X Municipio (leggi qui) e già la classe dirigente del partito di maggioranza relativa, il Pd, viene pesantemente messa in discussione. Sarà addirittura il segretario Enrico Letta a metterci mano. Un intervento che rischia di rendere incontrollabili conflitti già pesantemente in atto, non solo di natura generazionale ma anche di scelte politiche.
Come annunciato (leggi qui), ieri i due consiglieri dem dissidenti contro le prime scelte operate da Mario Falconi e dai dirigenti locali del partito, hanno raggiunto la Segreteria nazionale al Nazareno per portare ai verti le loro rimostranze. A fine giornata Margherita Welyam e Raffaele Biondo hanno firmato una nota nella quale sottolineano che “dopo il nostro presidio politico al Nazareno e dopo aver parlato con il coordinatore della segreteria nazionale Marco Meloni, mercoledì (10 novembre n.d.r.) incontreremo il segretario nazionale del Partito Democratico, Enrico Letta, al fine di comprendere e dare una risposta alle criticità espresse dai Giovani Democratici circa i metodi e criteri di formazione della giunta del municipio X da parte del presidente di centro sinistra Mario Falconi”.
Tutto questo mentre Falconi proseguiva sulla linea tracciata dagli accordi di coalizione ovvero confermando la nomina degli assessori indicati dai partiti. Ad eccezione di Eugenio Bellomo (leggi qui) che, con un gesto nobile e di massima disponibilità politica, rinunciava all’incarico.
Il fronte, dunque è aperto. E a rischiare non è tanto la maggioranza, seppure ieri si sia sfiorata la mancanza del numero legale, quanto invece l’intera linea politica del Pd e la sua dirigenza locale. In questo caso, si badi bene, non è uno scontro generazionale tra nuovi e vecchi, bensì il modo di praticare l’antica arte della mediazione. Nel mirino dei Giovani Democratici, infatti, non c’è tanto Falconi che, nonostante la sua dichiarata ma non manifestata indipendenza, si è inchinato a logiche spartitorie e non meritocratiche. La ribellione di Weylam e Biondo porta invece alla luce il disconoscimento della leadership interna al partito che conta su un segretario locale poco più che coetaneo e su un altrettanto giovane consigliere comunale.
Il fuoco amico mira a mettere in discussione non tanto un ritorno a nomi che appartengono al passato reso tristemente storico dall’arresto del presidente dem, allo scioglimento del Municipio ed al suo commissariamento (leggi qui). Il vero bersaglio sembra essere il sistema con il quale nel partito ci si continua a impossessarsi di ruoli e posizioni senza confronto, senza dibattito e, spesso, senza seguito.
Di contro, quella dei giovani dem, è una battaglia anche concettuale che, però, rischia di rivelarsi un boomerang e mettere in discussione le loro stesse rivendicazioni. E’ vero che in democrazia ha diritto di governare chi raccoglie più consensi nelle urne ma l’esperienza amara già vissuta con il M5S dimostra anche che non sempre al maggior numero di preferenze corrispondono competenze e capacità tali da formare il diritto di pretendere primari ruoli amministrativi. Non sempre chi vince nelle elezioni, è il più bravo.
L’assenza dei due giovani dem e del consigliere della civica Sinistra Ecologica, ha messo in seria difficoltà addirittura la convalida dell’elezione del presidente Mario Falconi. Ieri la prima votazione non ha raggiunto il quorum (12 voti validi e 9 schede bianche) e si è dovuto ricorrere alla seconda votazione. La circostanza assolutamente inusuale che alla prima seduta consigliare la maggioranza abbia accolto emendamenti al programma proposti dall’opposizione, in particolare dal M5S, significa che il centrosinistra si prepara ad accogliere come “stampella” i grillini, tanto criticati in campagna elettorale. Quale sarà la merce di scambio per evitare di cadere?
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