Cambiamenti climatici, la COP26 sarà un successo o una mediocre riuscita come il G20?

La conferenza si è aperta il 31 ottobre e terminerà il 12 novembre

COP26

Cambiamenti climatici: la COP26 di Glasgow, ovvero la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, potrebbe essere uno degli ultimi grandi momenti per riunire i vertici globali e cambiare rotta prima che sia troppo tardi. Sarà un successo o una mediocre riuscita come il G20?

A Glasgow è in corso la COP26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021.

COP26

 I risultati del G20 di Roma sono piuttosto ristretti ma è giusto citarli: nel corso del vertice, è stato espresso un ampio e trasversale sostegno di una minimum tax globale sulle multinazionali, che andrà dunque a colpire, dopo anni di trattazione, principalmente i colossi del web cresciuti in questi anni.

È stato poi raggiunto un accordo, da Usa e Ue, per rimuovere i dazi americani su alluminio e acciaio e i contro dazi europei su altre merci statunitensi. Questo accordo è il primo a prevedere di tenere in considerazione l’intensità di carbonio nella produzione di alluminio e metallo da parte delle aziende Usa e Ue, oltre alla sovracapacità globale. Il documento finale conferma poi il fondo per il clima da 100 miliardi per il sostegno ai Paesi in via di sviluppo e un generale riconoscimento della necessità di tenere la temperatura sotto gli 1,5 gradi degli Accordi di Parigi.

Cosa succede alla COP26 di Glasgow, che potrebbe essere uno degli ultimi grandi momenti per riunire i vertici globali e cambiare rotta prima che sia troppo tardi?

Alla conferenza, che si è aperta il 31 ottobre e terminerà il 12 novembre, sono assenti dei grandi nomi, tutti in gran parte responsabili di quote di emissioni colossali: Cina, Russia, Messico, Turchia, Sud Africa e Brasile. I media poi si stano scatenando sulle decine di jet privati dei politici che stanno volando su Glasgow, evidenziando la problematica correlazione tra le emissioni prodotte da ciascun aereo privato e gli scarsi accordi che si stanno invece concretizzando dentro alle sale della conferenza.

COP26-PROTEST

Contro il riscaldamento globale serve un cambiamento globale”: questo quello che si evince dalle decine di migliaia di striscioni dei manifestanti all’esterno dell’arena dove si svolgono i negoziati. Tra i rappresentanti, ad esprimere la loro voce, troviamo gli indigeni americani per la loro comunità, Greta Thunberg per i giovani, Leonardo DiCaprio per gli oceani e molte altre associazioni più o meno note, di fama locale o globale.

La COP26 durerà ancora qualche giorno ma nel frattempo non giungono notizie particolarmente entusiasmanti.

Infatti nella girandola di annunci che hanno riempito i primi giorni della COP26 c’è un’assenza importante: gli oceani. Al contempo sembra sia stato firmato un importante accordo per fermare la deforestazione entro il 2030 (patto che, però, era stato già precedentemente siglato del 2014 ma non rispettato), mentre l’India, che si era rifiutata di dettare dei termini di scadenza per la decarbonizzazione, ha annunciato di porsi l’obiettivo del 2070.

Gli obiettivi globali della lotta contro il cambiamento climatico sono necessariamente uno scoglio che sembra insormontabile, tuttavia il modello di governance internazionale, che è quello di democrazia liberale fatta di grandi conferenze per fare piccoli passi, è l’unico che abbiamo al momento. Sebbene questo sia criticato e dia segnali di disfunzionamento piuttosto evidenti, la sfida climatica è così grande e ha scadenze talmente brevi, che non abbiamo tempo per salvare il pianeta e insieme modificare i processi di governance globali. Stiamo agendo pian piano, cercando di tenere tutti sulla barca, osservando le diversità strutturali tra Paesi in via di sviluppo e non, per affrontare un problema che, se ignorato come prima, potrebbe ostacolare la vita sulla Terra nel brevissimo raggio di tempo.

 

Alessia Pasotto, dottoressa in Economia dell’Ambiente e dello Sviluppo.

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