“Il Bastardo”, il romanzo storico di Mariano D’Angelo

Mariano D'Angelo all'esordio da scrittore di romanzi storici presenta la sua opera prima, "Il Bastardo" ambientato nella Roma Repubblicana, al tempo di Cincinnato.

Autore teatrale e televisivo, sceneggiatore e attore, Mariano D’Angelo esordisce come scrittore di romanzi con “Il Bastardo“, una storia avventurosa da leggere come fosse un colossal.

Ambientato agli albori della Res Publica romana, al tempo di Lucio Quinzio Cincinnato, “Il Bastardo” è un romanzo intenso, incalzante e ricco di colpi di scena.

"Il Bastardo", il romanzo storico di Mariano D'Angelo 1

Apollonio, figlio di un romano e di una greca è un legionario temuto. Ma tutti lo chiamano “Spurio” per ricordagli le sue origini. Un uomo taciturno e solitario che ha trovato nell’esercito la sua ragione di vita. Spurio insegue la possibilità di guadagnarsi il rispetto di Roma attraverso l’audacia e il valore in battaglia. Una dimensione esistenziale, costruita e vissuta con difficoltà, che viene stravolta quando il potente Claudio Cesare Publicio si impossessa con la forza e l’inganno della sua amata figlia, Licia.

Il susseguirsi degli eventi trascinerà Spurio in abissi sconosciuti, in una guerra personale irta di pericoli reali e di tormenti interiori con l’unico intento di liberare Licia dal giogo dello spietato Publicio. Il guerriero intraprenderà con coraggio e fermezza un percorso di crescita individuale proiettato verso un riscatto che dovrà fare i conti, prima di tutto, con la sua essenza di uomo. Sullo sfondo, la Roma della Repubblica dove convivono “paladini incorrotti e spietati avventurieri“.

Io ho scritto tanto ma di tutt’altro genere. Il mio campo principale è sempre stato nell’ambito della comicità, comicità live, trasmissioni televisive e altro. Avevo però il desiderio di comunicare qualcosa di diverso, un desiderio profondo. Devo fare una confessione… La comicità aiuta a prendere le distanze dai sentimenti che provi. Anche dinanzi al dolore, non lo affronti del tutto in pieno ma cerchi di trovarne il lato grottesco. Forse la maturità anagrafica mi ha consentito di approcciare per la prima volta con i miei sentimenti senza filtri. Questo romanzo è ambientato in un’epoca storica molto lontano da me, con personaggi e situazioni molto lontane da me.

Eppure i sentimenti che provano, dalla rabbia alla frustrazione e al dolore, dalla gioia al piacere, sono i sentimenti che ho provato io, che provo e che coinvolgono tutte le persone.

Per la prima volta ho avuto la forza di mettermi a confronto con questi sentimenti che sono delicati da trattare perché ti mettono davanti a scelte. Nel romanzo abbiamo un padre a cui viene rapita la figlia. Puoi immaginare quale tormento interiore può provare questo uomo, soprattutto se vanta, suo malgrado, un passato turbolento che è un po’ il mio, se posso usare un parolone, dell’artista che ha sempre un minimo di rabbia, di dolore, di piacere, un tumulto di passioni. Si tratta di sentimenti con i quali bisogna convivere e confrontarsi. Non è facile. Questo è stato lo scatto principale, il fatto che finalmente potessi parlarne senza filtrispiega Mariano D’Angelo.

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Posso affermare pertanto che nel personaggio di Spurio “Il Bastardo” c’è una parte consistente di te?

Secondo me sì. Non si può scrivere qualcosa di vero e di intenso se non si è provato. In caso contrario diventerebbe un semplice esercizio di stile. Ci devi necessariamente mettere dentro qualcosa di te e non è un caso che il mio personaggio abbia come antagonista un magistrato corrotto. Io vengo da studi giuridici. Facevo l’avvocato ma ho abbandonato la professione a causa di una profonda delusione rispetto a come funzionava il meccanismo della Giustizia. Dunque, questo aspetto c’è.

Logico che poi lo esagero, lo rendo sceneggiato, lo adatto a una storia di fantasia ma certi sentimenti e certe situazioni sono molto personali. Lo stesso Spurio che è mezzo greco e mezzo romano, tra l’altro mezzo della Magna Grecia e mezzo romano, riprende il fatto che io sono nato in Campania ma vivo a Roma. C’è tanto di me dentro Spurio. Poi i personaggi hanno una loro evoluzione che non è la mia e hanno delle loro storie, ambientate in un’epoca che non è la mia…

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Il tuo protagonista compie un percorso di crescita o di espiazione?

Una domanda difficile ma bella! Di crescita perché Spurio una espiazione vera e propria non la fa. Lui è un personaggio fondamentalmente positivo. È l’eroe del romanzo ma vive un tormento interiore, tanto che si macchia anche di gesti pochi eroici come il tradimento o il giocare con i sentimenti altrui al solo scopo però di conseguire il suo successo personale inteso nella liberazione della figlia. Si tratta di un obbiettivo che nobilita ogni sua nefandezza.

Compie un percorso di crescita perché acquisisce consapevolezza di quanto sta facendo a differenza del passato. Era un legionario, un uomo abituato a salvare vite e a uccidere uomini. Affrontava il tutto con distacco, come un dovere o una sorta di rivalsa personale. Andando avanti però, man mano che si macchia di queste situazioni terribili, è costretto a fare delle scelte e ne sente il peso. Spurio continua a fare quello che ha sempre fatto, combattere, ma lo percepisce in una chiave differente, di sicuro più matura.”

Nello spettacolo teatrale, aspetto che fa parte della tua professione, c’è il protagonista. Sappiamo però che ogni figura che entra in scena sul palco ha la sua importanza per l’intreccio della trama e delle vicende stesse del protagonista. Ne “Il Bastardo”, ho notato da parte tua, una particolare attenzione per tutti i personaggi…

Tutto molto autobiografico e ti spiego il perché. In teatro, grazie al mio passato e alla comicità, sono stato fortunato recitando in parti da protagonista. Al cinema no. Ma non per sfortuna, perché succede così; ci sono stati attori più bravi di me o parti per le quali non ero adatto. Ho avuto sempre ruoli minori nel cinema. Per questo curo in modo particolare i ruoli minori perché immagino sempre che possa interpretarli io o qualcuno con la mia stessa esperienza. Mi viene da pensare a un’attrice che deve dire poche battute e quelle poche battute sono fondamentali per portare avanti la storia. In questo caso il suo ruolo deve essere curato.

Ed è quello che ho fatto io per tutti i miei personaggi. È una mia formazione, un aspetto voluto che conseguo anche nei dialoghi comici e nelle sitcom che mi è capitato di scrivere. Anche quando si tratta di una sola battuta, è preferibile che sia azzeccata piuttosto che perdersi in due pagine di dialogo senza senso. Ogni personaggio inoltre richiede una sua caratterizzazione. Di conseguenza, si possono mettere in scena più anime e più sentimenti differenti. Ho tentato ne “Il Bastardo” di dare a tutti i miei personaggi un’anima e delle caratteristiche importanti, tali da rimanere impresse nel lettore.

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Quali sono stati i riscontri ricevuti dai primi lettori de “Il Bastardo”? Questo romanzo storico è un traguardo o un punto di partenza?

Mi auguro che sia un inizio. Ho tentato di scrivere questo romanzo in una forma più moderna rispetto alla scrittura classica. Mi spiego meglio: ho tentato di trasportare nel romanzo le immagini che vedevo mentre lo scrivevo. Ho cercato di infondere questo e devo dire che fino ad adesso è esattamente quanto ho riscontrato nei lettori. Molti mi hanno detto che sembra di leggere un film perché ha un ritmo di scrittura piuttosto serrato con tanti colpi di scena, aspetti nascosti che ritornano, altri che chiudono il cerchio. Ho scritto “Il Bastardo” conseguendo una narrazione cinematografica. Tutti quelli che finora l’hanno letto si sono appassionati a questo aspetto.

Il mio romanzo ha questo di bello, il resto può anche essere criticato. Succedono talmente tante cose che per forza appassiona e si vuole conoscere come va a finire. Voglio dirti un’ultima cosa. Io non ho descritto fisicamente il personaggio principale. E qualcuno me lo ha fatto notare dicendo di esserselo immaginato in un modo o in un altro. È esattamente ciò che volevo, ognuno se lo immagina come vuole. Nel momento in cui tu hai letto questo libro, ti sei di sicuro reso conto di farne la regia, immaginando i personaggi come vuoi che siano. Le descrizioni fisiche dei personaggi, per questo, sono ridotte all’osso.

Ho fatto eccezione per Germano, un uomo cattivissimo ma “bello come un dio”. Mi serviva questo contrasto ma lui rappresenta appunto un’eccezione. Per tutti gli altri, ho voluto lasciare piena libertà ai miei lettori. C’è qualcosa in questo romanzo che è venuto al di là di me stesso. Lo amo profondamente, lo percepisco davvero come fosse un figlio…

  • Per le fotografie si ringrazia Mariano D’Angelo. Tutti i diritti riservati.

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