Il Consiglio di Stato ha sentenziato di prorogare fino al dicembre 2023 le concessioni balneari scadute. Una decisione salomonica, a metà strada tra la direttiva comunitaria Bolkestein, che impone da anni la messa all’asta delle concessioni, e la legge 145/2018 di proroga fino al 2033.
Pubblicata la sentenza del Consiglio di Stato che adotta una via di mezzo tra Bolkestein e la legge 145/2018. Dubbi su Ostia
La sentenza del Consiglio di Stato, riunitosi in adunanza plenaria, arriva a mettere ordine nella confusione del comparto. La data è stata stabilita, spiegano i giudici amministrativi, «al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere». La decisione fa seguito alle udienze del 20 ottobre (leggi qui).
Dal giorno successivo al 31 dicembre 2023, spiega il Consiglio di Stato, non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza. Scaduto tale termine, quindi, «tutte le concessioni demaniali dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente se vi sia o meno un soggetto subentrante nella concessione».
L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, sollecitata da contraddittorie sentenze dei Tar regionali, rimarcando «l’eccezionale capacità attrattiva del patrimonio costiero nazionale», ha affermato che la perdurante assenza (nonostante i ripetuti annunci di un intervento legislativo di riforma, mai però attuato) di un’organica disciplina nazionale delle concessioni demaniali marittime genera una situazione di grave contrarietà con le regole a tutela della concorrenza imposte dal diritto dell’U.E., perché consente proroghe automatiche e generalizzate delle attuali concessioni (l’ultima, peraltro, della durata abnorme, sino al 31 dicembre 2033), così impedendo a chiunque voglia entrare nel settore di farlo.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, il confronto concorrenziale, oltre a essere imposto dal diritto Ue, «è estremamente prezioso per garantire ai cittadini una gestione del patrimonio nazionale costiero e una correlata offerta di servizi pubblici più efficiente e di migliore qualità e sicurezza, potendo contribuire in misura significativa alla crescita economica e, soprattutto, alla ripresa degli investimenti di cui il Paese necessita». I concessionari attuali potranno comunque partecipare alle gare che dovranno essere bandite.
Resta da dirimere il nodo se i vecchi concessionari, qualora non potranno rientrare in possesso della concessione, avranno diritto di vedersi riconosciuto un indennizzo dal subentrante, a titolo di “avviamento commerciale“ o di plusvalore dell’immobile demaniale.
La situazione di Ostia
Com’è noto un anno fa il X Municipio ha messo a bando 46 concessioni demaniali marittime scadute, prima 37 stabilimenti balneari (leggi qui) e poi altre 9 strutture (leggi qui). Il concorso è andato avanti e il 22 ottobre scorso è stata pubblicata la graduatoria per l’assegnazione di 24 stabilimenti (leggi qui). Per 13 non sono state presentate proposte. Fermo restando che il Governo ha stabilito di “fermare le bocce” per almeno sei mesi, tempo necessario per aggiornare il “catasto” demaniale marittimo (leggi qui), il X Municipio ha due possibili strade da percorrere. La prima è drastica: annullare in autotutela le determine di messa a gara delle concessioni per un vizio di forza legato alla mancanza di sostanza giuridica. La seconda è interlocutoria: mandare a rilento le procedure aspettando che scada il termine del 31 dicembre 2023. C’è poi un’incognita che è legata anche alla crisi che sta vivendo l’amministrazione locale (leggi qui): cosa deciderà di fare la coalizione che guida il X Municipio?
Alla luce della sentenza, poi, un altro interrogativo si pone per le amministrazioni che, invece, hanno rinnovato fino al 2033, come nel caso di Fiumicino e di altre cittadine laziali (leggi qui). La sentenza costringerà forse quelle amministrazioni a fare retromarcia?
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Concessioni balneari, sei mesi per studiare il da farsi. E Ostia resta appesa