Roma, maxi-operazione contro il narcotraffico: tra gli arrestati anche Calderon, in carcere per l’omicidio di “Diabolik”

Calderon già in carcere, avrebbe avuto un ruolo di primo piano nell'organizzazione criminale che controllava le principali piazze di spaccio di Roma

Nel duro colpo inflitto al narcotraffico nella Capitale, con la maxi operazione condotta dalla DDA e dai Carabinieri di Roma che ha portato all’arresto di 26 persone, e il sequestro di milioni di euro, c’è anche la figura di Calderon, già condannato in primo grado per l’omicidio di “Diabolik”.

Calderon già in carcere, avrebbe avuto un ruolo di primo piano nell’organizzazione criminale che controllava le principali piazze di spaccio di Roma

Anche Raul Esteban Calderon, già condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, noto come “Diabolik”, e imputato in appello per il tentato omicidio dei fratelli Costantino, si troverebbe al centro dell’organizzazione criminale che controllava le principali piazze di spaccio di Roma.

Una lunga inchiesta, culminata oggi con gli arresti in varie zone di Roma, e le disposizioni di custodia cautelare in carcere, sta svelando una gestione unitaria e violenta del traffico di stupefacenti nel territorio della Capitale.

Nella maxi operazione scattata alle prime luci di oggi, che include il Calderon, sono 26 le persone accusate di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e cessione ai fini di spaccio, detenzione e porto illegale di armi e rapina.

Il monopolio della droga e i capi dell’organizzazione

L’indagine, coordinata dai pubblici ministeri Giovanni Musarò, Mario Palazzi, Francesco Cascini e Simona Marazza, sotto la guida del procuratore aggiunto Ilaria Calò, ha svelato l’esistenza di un’organizzazione criminale, che aveva raggiunto l’ambizioso obiettivo di unificare le principali piazze di spaccio della Capitale.

Al vertice di questa struttura, capace di generare un “fatturato” giornaliero di circa 30mila euro, si trovavano Giuseppe Molisso e Leandro Bennato, entrambi con precedenti per fatti di sangue. I due potevano contare su fornitori albanesi, Altin Sinomati (irreperibile) e Renato Muska, per l’approvvigionamento di cocaina.

Violenza e armi da guerra per il controllo del territorio

Il consolidamento dell’autorità criminale dell’organizzazione, ritenuta di “primissimo piano” per la sua pericolosità, è stato ottenuto attraverso l’uso sistematico della violenza. L’organizzazione disponeva di armi da guerra e persino bombe a mano, utilizzate per imporre il rispetto delle regole e per punire chi non si allineava.

Il ruolo di Calderon e i legami con la criminalità organizzata

Nella struttura smantellata, Raul Esteban Calderon, già noto alle cronache per l’omicidio di “Diabolik”, avrebbe avuto un ruolo di primo piano, fornendo supporto logistico e operativo a Molisso e Bennato.

Secondo gli inquirenti, Calderon, storicamente vicino a Michele Senese, si sarebbe occupato della detenzione e cessione di ingenti quantitativi di cocaina, della ricerca di nuovi canali di approvvigionamento della droga, della fornitura di armi e del sostegno economico ai familiari dei sodali detenuti.

Altri membri dell’organizzazione e le loro attività

L’organizzazione criminale poteva contare su una struttura ben definita, con ruoli e compiti specifici per ciascun membro. Ad Emanuele Selva, sarebbe stato affidato l’incarico della detenzione, taglio, trasporto e commercializzazione delle sostanze stupefacenti, nonché di azioni violente a difesa delle piazze di spaccio.

Marco Desideri invece, avrebbe gestito una piazza di spaccio, occupandosi anche della detenzione, trasporto e commercializzazione della droga.

Mentre Guido Cianfrocca, cognato di Molisso, sarebbe stato invece il responsabile dell’approvvigionamento, trasporto, vendita e riscossione dei proventi della droga, nonché del trasporto delle armi dell’organizzazione.

Molisso e Bennato “eredi” di Senese nel controllo delle piazze di spaccio

Tramite le intercettazioni e le rivelazioni dei collaboratori di giustizia, sarebbe poi emersa l’ascesa criminale di Giuseppe Molisso e Leandro Bennato, leader dell’organizzazione che aveva monopolizzato il narcotraffico a Roma, con la violenza, la protezione e controllo delle piazze di spaccio: un impero criminale sulle tracce di quello di Michele Senese.

I sistemi di controllo del territorio e la repressione della concorrenza

Molisso e Bennato avrebbero garantito protezione ai loro affiliati, risolvendo controversie, stabilendo gerarchie e intervenendo con violenza per difendere le piazze di spaccio da rivali. Emblematico l’intervento di Molisso a Tor Bella Monaca, dove l’arrestato avrebbe risolto un conflitto tra un capo piazza e un pregiudicato della zona.

L’organizzazione poi non tollerava la concorrenza, come dimostrerebbe la violenta repressione di un gruppo di cittadini magrebini che tentava di gestire autonomamente un’attività di spaccio a Tor Bella Monaca. Un episodio, che culminò con un colpo di pistola e un pestaggio.

Sequestri e beni confiscati

L’operazione ha portato al sequestro di ingenti somme di denaro, beni immobili e oggetti di lusso. Sono stati confiscati 300mila euro in contanti, una ventina di orologi di lusso per un valore di circa 400mila euro, diverse auto, una villa, un appartamento e un terreno adibito a vigneto nella provincia di Roma.