Per due dei tre chioschi messi a bando di gara dal Comune di Roma, proseguirà la gestione dei vecchi assegnatari. Le figlie di Gaspare Vichi, per 25 anni alla guida del chiosco comunale “Dar Zagaja”, hanno perso la gara per un’inezia, legata al rilancio dell’offerta economica per la gestione.
Conclusa la gara comunale per l’assegnazione di tre dei cinque chioschi di Capocotta. Le eredi di Gaspare Vichi, detto Er Zagaja, uno dei pionieri della spiaggia trasgressiva, perdono la gestione
Accelerazione da parte del Campidoglio per la riapertura della spiaggia libera di Capocotta. Domani, giovedì 23 maggio, alle ore 13,00, saranno il sindaco Roberto Gualtieri in persona e l’assessore all’Ambiente Sabrina Alfonsi a comunicare i vincitori del bando pubblico per l’assegnazione dei tre chioschi (ex Dar Zagaja, Mediterranea e Porto di Enea). I vincitori gestiranno i tre chioschi per sei anni. Nella stessa occasione il sindaco annuncerà il lancio di un bando “light” della durata di sei mesi per l’ex Mecs (andato distrutto dall’incendio di marzo scorso) e per l’ex Settimo Cielo. Ignoto il destino dell’Oasi Naturista voluta dall’allora sindaco Francesco Rutelli nel 1999.
Siamo in grado di anticipare l’esito del bando pubblico che verrà comunicato domani: tra 56 candidati, per il Mediterranea (43mila mq di spiaggia e 188 di chiosco) e per Il Porto di Enea (51mila mq di spiaggia e 188 di chiosco) ritorneranno i vecchi gestori, vincitori della gara. Il colpo di scena riguarda il chiosco Dar Zagaja (23mila mq più chiosco di 222 mq): le figlie di Gaspare Vichi, soprannominato appunto Er Zagaja per la sua balbuzie, ex figurante di Cinecittà, pioniere della libera spiaggia di Capocotta, sono state battute nella gara. Per appena mezzo punto su 100. Determinante sarebbe stata l’offerta economica, singolare parametro per assegnare uno spazio pubblico.
Quanto ci guadagna il Comune di Roma dai cambio gestione dei chioschi di Capocotta? Lo rivela il sindaco Roberto Gualtieri in questo articolo.
E’ un po’ la fine di un’epoca romantica, fatta di trasgressione, di libertà e, soprattutto, di inclusione. Gaspare Vichi, infatti, fu uno dei primi negli anni Settanta a rimuovere la recinzione che impediva l’accesso dalla Litoranea alla spiaggia di Capocotta, considerata privata perché ancora appartenente alla famiglia Savoia. Era l’epoca del “Buco”, inteso come foro nella rete di recinzione; l’epopea dei primi nudisti, del Battello Ubriaco e delle sue feste ad alto tasso alcolico, del Divino, del Bandiera Gialla, delle provocatorie battaglie dei radicali per istituzionalizzare hashish e naturismo.
Con l’esclusione di ciò che restava della filosofia originaria mantenuta dalle figlie di Gaspare Vichi nel Zagaja, Capocotta non sarà più la stessa. La poesia della libertà inclusiva rischia di lasciare posto al business. A tutto questo, poi, si aggiunge il silenzio dell’amministrazione sul destino dell’Oasi Naturista, lo spazio destinato proprio alla pratica del nudismo.