Per i romani è Mister Okay ovvero l’uomo che per 35 anni ha salutato il Nuovo Anno lanciandosi a volo d’angelo da Ponte Cavour nel Tevere. Da due anni ha smesso ma la sua vita a contatto con l’acqua non è finita: seduto nella sua postazione in riva al mare, salva vite umane come assistente nagnanti.
Maurizio Palmulli, da Mister Okay ha salutato il Capodanno di Roma per 35 anni. Si racconta a Roma Vista Mare: “Dalla mia postazione di salvataggio la gente ancora mi riconosce e mi saluta”
Il volto segnato dalle rughe e i capelli lunghi di un guerriero nordico, dopo 35 anni Maurizio Palmulli ha smesso (due anni fa) di tuffarsi da Ponte Cavour nel Tevere per augurare un Buon Anno a Roma. Cinque figli, sei nipoti, tre bisnipoti, 72 anni d’età, è marinaio di salvataggio dal 1970. E’ stato ripreso da Paolo Sorrentino nel film Premio Oscar “La Grande Bellezza” e ha fatto da comparsa in alcune pellicole di Alberto Sordi. Ha portato il suo stile e il nome di Roma anche nel Tamigi tuffandosi a Londra, nella Senna lanciandosi a Parigi e nel Danubio planando dal Ponte delle Catene di Budapest.
Maurizio Palmulli, intervistato da Giulio Mancini ed Elisa Clapier nella trasmissione Roma Vista Mare, si svela senza filtri, nelle sue certezze ma anche nelle sue fragilità.
Alla tua età lavori ancora come marinaio di salvataggio a Ostia: qual è il tuo rapporto con il mare?
“Sono 10, 15 anni che a fine stagione da marinaio di salvataggio dico basta, è finita qua. Come è stato per i tuffi di Capodanno, c’è un inizio e una fine. Ma non ce la faccio. Come per tutti, bisogna capire un attimo quando è il momento di smettere. Poi quando verso marzo-aprile vengo qui, sul lungomare a correre, quell’aria salsoiodica mi rincamera e mi riporta dentro l’ambiente mare. Sono nato nell’acqua in pratica e quindi è un elemento al quale non posso sfuggire”.
Si narra che tu già a 5-6 anni cominciavi a studiare da marinaio di salvataggio.
”Sì, è vero. Con gli amici andavamo davanti alla colonia Vittorio Emanuele, nella spiaggia che era chiamata La Buca. Abitavo ad Acilia e ricordo che il biglietto dell’autobus che ci portava a Ostia costava 25 lire. Per ripagarci e per comprarci i dolci della pasticceria Bosello facevamo piccole esibizioni sul Pontile ad uso di turisti e stranieri. Ci facevano le foto e vedere un bambino piccolo che già saltava da quelle altezze col fondale basso era uno spettacolo per loro. Così c’era chi ci regalava le 50-100 lire e davamo sempre da Bosello a mangiare per restare al mare senza dover andare a pranzare a casa. Come faccio a spiegarti le sensazioni che si vivono con il mare, quelle ventolate di libeccio, di maestrale, delle sciroccate, quelle soffiate che sollevano la sabbia spingendola contro la pelle, provocando quel senso di pizzicore”.
Hai provato mai a contare quante persone nella tua carriera hai salvato dall’annegamento?
“No, non l’ho mai fatto. I ragazzi, i nuovi assistenti bagnati fanno giustamente il loro rapportino alla Capitaneria di porto e riescono a conteggiare il numero di salvataggi. Io sinceramente non ci ho mai pensato a ste cose. Qui fai ste cose e va bene, è il lavoro tuo e lo devi fare”.
Da quanti anni fai il marinaio di salvataggio?
“Io ho attaccato al Comune di Roma a Castel Porziano, il 12 maggio del 1970, c’avevo 17 anni e mezzo. Facevamo gli esami per il brevetto al Kursaal con il dottor Mastroiacovo, il medico condotto di allora, che era bravissimo ma anche bello tosto. Mi sono presentato all’esame di brevetto con tanta passione, il che aiuta tanto, ma anche sapendo per esperienza come funzionava perché già avevo lavorato sulla spiaggia a portare sdraio”.
Poi ti ha aiutato anche l’essere uno sportivo. Hai giocato anche nella Fiorentina grandi società di calcio…
“Sì, forse quello mi ha aiutato perché fare sporti significa disciplina. Quello che purtroppo oggi tanti ragazzi non capiscono è che non si può andare a fare sempre bisboccia la notte. Per carità, l’ho fatto anch’io, però molto presto ho tirato il freno a mano perché ho detto no, questa non è vita per me. Vorrei consigliare a tanti ragazzi ‘sì divertiti però con moderazione e stai attento a tutto quanto’. Insomma, quello che succede la notte, con i tempi che corrono adesso, la vedo molto complicata per tanti giovani”.
Proviamo a cogliere le differenze: le persone che annegavano o comunque rischiavano di annegare agli inizi della tua carriera di marinara, di salvataggio sono diverse dalle persone di oggi? Si dice che chi annega è lo fa per una sfida andata a male, oppure sono principalmente extracomunitari, ovvero coloro che non sono cresciuti con una piscina come noi italiani. È così?
“Sì, è vera la seconda. In postazione devi avere molta attenzione, un’alta concentrazione. Purtroppo c’è da stare 10 ore lì sotto al sole. Non è facile, specialmente per i giovanotti che sono abituati a un altro tipo di vita nel resto dell’anno, per esempio alla scuola. Noi siamo cresciuti nelle piscine fin da bambini. La maggior parte degli interventi riguarda gli immigrati e gli extracomunitari che non sono cresciuti a scuola di nuoto come noi”.
Quale è il più grande pregio di Maurizio Palmulli?
“Sono vissuto in borgata e spesso tra ambienti in cui scattava facilmente la maretta. Un mio pregio è quello di evitare di imbarcarsi in situazioni pericolose, molto pericolose. Lo sport mi ha aiutato tantissimo. Ed è ciò che consiglio ai giovani, e lo dico anche ai miei figli, ai miei nipoti, di fare sport, perché quello che può aiutare e socializzare realmente”.
E un tuo grande difetto?
“Il maggior difetto è che ho perso parecchi treni. È anche che sono un po’ impulsivo. Poi ci aggiungerei l’errore di aver lasciato il posto al Comune di Roma dopo sei anni dall’assunzione. Sono cose che ti rimangono dentro”.
Ma tu cosa volevi fare da grande?
“Non avevo un vero progetto. Penso che ho fatto bene quello che ho fatto. Va bene così, oramai è andata. Non è che posso tornare indietro e aggiustare le cose. Oramai è andata così, va bene così, i figli sono andati avanti, il mondo va avanti, va bene così”.
E quindi, se potessi cancellare un errore senza conseguenze, quale sarebbe?
“Come dicevo prima, essermi dimesso dal comune. Sarei già in pensione da 14 anni. E magari avrei potuto fare da tutor per i giovani, per i nuovi assunti, com’è giusto che faccia una persona di esperienza”.
Sei mai stato geloso in modo irrazionale? E come l’hai gestita?
“Sì, certo, è chiaro, io sono geloso della mia famiglia, sono geloso di tante persone che mi stanno vicino come tutti, no?”
E c’è stato un momento nel quale hai reagito male. O comunque che ti sei dovuto frenare?
“Sì, mi sono dovuto frenare specialmente per il bene dei miei figli”.
C’è qualcosa qualcosa che non perdoneresti mai a te stesso?
“Sì, la cosa che non permetterei mai a me stesso sarebbe quella di mollare tutto e andarmene, lasciare figli”.
Ti è pesato smettere di tuffarti a Capodanno?
“Ammetto: ho sempre un grumo qui dentro, nel petto, perché era una cosa bella. Poi lo facevo con facilità perché oramai era diventata talmente una cosa di routine. Però quella sensazione del volo, del salto, della gente, dei saluti a Roma, all’Italia, al mondo”.
Ti riconoscono ancora?
“Ah, sì, sì. E mi salutano”.
Se potessi parlare per due minuti con il tuo io di dieci-venti anni fa, cosa gli diresti?
“Che stronzo che sei stato a non aver seguito i consigli di mamma e papà, specialmente di papà, perché lui era uno sportivo, veniva dalla Marina. Mi però è andata bene. Tutto sommato non ho grandi rimpianti, al di là del fatto di aver lasciato il comune”.
Però continui a fare il marinaio di salvataggio…
“Sì, a 73 anni sono ancora operativo. Quindi voglio dire con orgoglio, saranno pochi quelli che ancora fanno ste cose. Chiaramente non ho più trent’anni certo per quanto posso fare quest’anno, forse il prossimo visto che mi scadrà il brevetto e poi basta così”.
Allora, se dovessi scegliere una sola cosa al mondo, cosa sceglieresti?
“La serenità, stare tranquillo a casa con la famiglia. Per il resto, non lascio grandi storie e penso sia sufficiente quella di 35 anni di tuffi da Mister Okay”.
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