Un bagnino ogni cento metri per garantire la sicurezza dei bagnanti che hanno iniziato a invadere anche le spiagge libere comunali situati lungo la via litoranea. A iniziare da quella di Capocotta, ancora priva di servizi di salvataggio a mare, nonostante l’avvio della nuova stagione estiva. Servizi che sono oggetto, ora, di un braccio di ferro istituzionale tra la Guardia Costiera e l’amministrazione capitolina.
Scontro sulla spiaggia libera di Capocotta, la Guardia costiera striglia il Campidoglio per la mancanza di presidi di sicurezza a mare
A stabilire l’obbligo del comune di provvedere all’attivazione dei presidi di sicurezza a Capocotta, sottolinea il Laboratorio d’urbanistica LaBur, è l’ordinanza balneare n. 66 del 9 maggio scorso, emanata dalla Capitaneria di porto di Roma e firmata il 13 maggio comandante del Circondario marittimo Silvestro Girgenti.
Provvedimento che, recependo le indicazioni governative, ha stabilito in modo tassativo che, durante il periodo di balneazione, le spiagge pubbliche devono essere, appunto presidiate dai bagnini.
Gli obblighi disattesi dal Campidoglio
Un obbligo che comporta una responsabilità diretta dell’ente amministrativo deputato e, nel caso di Ostia, del Campidoglio.
Ma come si suol dire in questi casi fatta la legge, trovato l’inganno. Il Comune di Roma Capitale per evitare di incorrere in un’omissione di atti d’ufficio ha deciso, infatti, di considerare i chioschi di Capocotta che “non si trovano sul Demanio Marittimo al pari degli stabilimenti balneari” rileva LaBur.
Il Dipartimento Patrimonio del Campidoglio, che dispone delle risorse da utilizzare per evitare di ricorrere all’emanazione di un bando pubblico di affidamento della gestione del salvataggio sulla spiaggia libera, ha delegato queste funzioni al Dipartimento Tutela Ambiente cui spetterebbe, unicamente la gestione dei chioschi di Capocotta ma non quella attinente ai presidi di sorveglianza.
In questo modo il Dipartimento Ambiente potrà ricorrere all’affidamento in convenzione diretta del servizio di assistenza ai bagnanti.
Profili di irregolarità per garantire la presenza di bagnini sulle spiagge libere del litorale romano
A giudizio del Laboratorio di Urbanistica si tratta di una procedura anomala, suscettibile di irregolarità, oltre che essere potenziale fonte di un danno erariale alle casse comunali perché “il Comune di Roma può dare in convezione i servizi nel momento in cui non ha risorse (ma non in questo caso) o personale attraverso bando di gara, ma per l’ennesima volta si riduce all’ultimo minuto per poter ricorrere alla somma urgenza su un evento stagionale”.
Un ulteriore colpo ai principi di trasparenza ed efficacia dell’azione amministrativa sanciti dalle norme costituzionali in un contesto che assume contorni ancora più contraddittori se si considera che il Comune di Roma Capitale, ha avocato a sé anche le competenze in materia di gestione delle spiagge libere urbane. Il problema nasce dal fatto che gli enti competenti sono spariti dopo aver attivato, tramite Zètema e con risorse destinate ad attività culturali, solo tre dei 59 presidi di sicurezza previsti e che potevano essere finanziati con i fondi, pari a 380mila euro, appositamente stanziati dalla Regione Lazio a questo scopo.
“Che fine hanno fatto quei soldi –si chiede ancora LaBur– visto che a stagione balneare, già iniziata lo scorso 1° maggio, a parte le tre spiagge libere urbane date in affidamento a cooperative under 35 e agli stabilimenti che provvedono per proprio conto, tutto il resto del litorale è privo di postazioni di sicurezza?”.
“Invece di impiegare le risorse a disposizione il Comune di Roma Capitale mette a rischio l’incolumità di arenili aperti a tutti, dove stanno già iniziando ad affluire centinaia di migliaia di persone. Una situazione inaccettabile e già fuori controllo”.
“Soprattutto a Castel Porziano dove i chioschi sono ancora in costruzione e a Capocotta, dove non ne saranno pronti quattro su sei e i concessionari dei servizi non hanno alcun dovere di provvedere alla sicurezza a mare, così come stabilito dalle convenzioni predisposte dal Comune di Roma Capitale. Dei circa 40 bagnini –conclude l’istituto di ricerca– che avrebbero già dovuto essere in servizio nelle due aree protette non c’è neppure l’ombra”.
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