Neonato annegato nel water, ecco la versione della madre (ma non regge)

Neonato nel water a Montecompatri, la difesa della 29enne: "Non sapevo di essere incinta"

Foto di archivio

Ha ripetuto davanti al giudice che non sapeva di essere incinta. E ha spiegato che quel tonfo nel water con quella fuoriuscita improvvisa di sangue, pensava fosse il frutto di una evacuazione intestinale e non un feto, un bambino, il suo bambino.

Neonato nel water a Montecompatri, la difesa della 29enne: “Non sapevo di essere incinta”

Una versione che non ha affatto convinto i giudici, così a provare a chiedere la scarcerazione o perlomeno gli arresti domiciliari per la donna (e madre di altri due bambini) arrestata l’altro giorno a Montecompatri con l’accusa di aver lasciato che il suo piccolo nascesse e annegasse nelle tubature di un water ci penserà il suo difensore.

L’avvocato Andrea Palmiero, al termine dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip del Tribunale di Velletri, Gisberto Muscolo, ha infatti annunciato di voler presentare ricorso al tribunale del Riesame. Non esclude che il fatto possa essere stato non volontario e che comunque si possa trattare di un infanticidio e non di un omicidio volontario, programmato.

La 29enne, di origine nigeriana e madre di due bambine di tre e cinque anni, intanto, resta in stato di arresto con l’accusa di omicidio volontario aggravato.

Davanti al giudice ha ribadito che non fosse a conoscenza di essere incinta. “Quella sera non ero a casa mia e avevamo bevuto molto. Mi sono sentita male, sono andata in bagno e ho avuto un’emorragia“, ha dichiarato. “Non ho esperienza di parti naturali, ho avuto i miei figli con il cesareo. Lì per lì ho pensato di avere un problema intestinale“.

I fatti risalgono allo scorso ottobre. Secondo quanto ricostruito dalla polizia, la donna, invece, avrebbe assunto sostanze per indurre il travaglio e poi avrebbe tagliato il cordone ombellicale lasciando che il piccolo, che già pesava quasi un chilo, morisse.

La ricostruzione della procura

Per gli inquirenti Jennifer U., questo il nome della donna, il 12 ottobre scorso avrebbe indotto volontariamente il parto – tra la 25esima e la 26esima settimana – mentre si trovava a casa di amici e subito dopo avrebbe spinto con la forza il neonato nelle tubature del wc annegandolo.

L’avvio delle indagini

Le indagini degli investigatori della Squadra Mobile di Roma e del commissariato Frascati, coordinate dalla Procura di Velletri, sono partite dalla segnalazione dei medici del pronto soccorso del policlinico Casilino dove la donna era stata trasportata quella sera in ambulanza per un malore.

Con una parte del cordone ombelicale ancora attaccato e la placenta non espulsa ha escluso gravidanza e parto. “Ho avuto solo un forte mal di pancia“. Vista l’evidenza del parto e l’assenza del neonato, la segnalazione in procura è partita immediatamente.

L’ipotesi annegamento

Gli investigatori sono riusciti poi a individuare il corpicino del bimbo: lo hanno trovato in un tombino collegato alle tubature di scarico dell’abitazione dove la donna era stata soccorsa. Se soccorso ce l’avrebbe fatta anche se prematuro. Per gli investigatori, invece, la mamma se ne è voluta disfare.

Decisive per le indagini le analisi sul dna effettuati sul corpo del neonato. Dall’autopsia si saprà se è morto per annegamento o se prima si stato soffocato.