Vasi e statuette dell’età del ferro, il lago di Bolsena restituisce 150 tesori (VIDEO)

Solo a luglio archeologi e finanzieri subacquei hanno riportato alla luce oltre 150 vasi

Vasi, statuette, fibule, pendenti: il villaggio archeologico sommerso nel lago di Bolsena continua a restituire tesori di inestimabile valore risalenti all’età del ferro, tra il X e il IX secolo avanti Cristo.

Solo a luglio archeologi e finanzieri subacquei hanno riportato alla luce oltre 150 vasi

Solo a luglio archeologi e finanzieri subacquei hanno riportato alla luce oltre 150 vasi, ma anche statuette votive, pendenti e numerosi altri oggetti preziosi.

Ad organizzare la campagna che continua a rivelare sorprese sotto uno strato di acqua e limo la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale con la collaborazione della stazione navale della Guardia di Finanza di Civitavecchia.

Lo scopo è quello di creare, coi fondi del Pnr, un percorso subacqueo per il sito sommerso ribattezzato del Gran Carro.

Durante la campagna di scavo, i sommozzatori della Guardia di Finanza hanno collaborato alle operazioni di ricerca del personale della soprintendenza garantendo così la messa in sicurezza del sito archeologico sommerso contro possibili atti predatori da parte di soggetti che cercano ingenti profitti con il mercato clandestino dei reperti.

Un lavoro di intesa organizzato dalla soprintendente Margherita Eichberg e dal colonnello Camillo Passalacqua che continua a portare i suoi frutti.

Il sito, risalente alla prima età del ferro, tra la fine del X secolo ed inizio del IX secolo A.C., sta restituendo, infatti, eccezionali reperti archeologici in ottimo stato di conservazione. Come una statuetta votiva modellata nell’argilla, appena abbozzata anche nelle connotazioni femminili, probabilmente un oggetto di culto.

Scavi nel lago di Bolsena
La statuetta votiva e alcuni resti di vasi

A confermare il carattere votivo di alcuni oggetti, anche in ambiente domestico, un ulteriore rinvenimento di un cavallino in terracotta: da un primo esame, probabilmente si tratta di un esempio di carro solare, espressione del culto del sole, tipico del periodo protostorico.

L’assistenza e la vigilanza fornita dai sommozzatori della Guardia di Finanza è stata continua e determinante, anche nelle giornate di apertura al pubblico del 14, 21 e 28 luglio dove si è registrato un notevole afflusso di visitatori.

Il sito 77 ettari sommersi

Il sito, databile al IX secolo a.C., si trova a metà della costa orientale del lago di Bolsena, tra le cittadine di Bolsena e Montefiascone, al centro di un’ampia insenatura circondata da un arco di colline boscose che la proteggono dai venti dominanti.

Nella fase iniziale della prima età del Ferro, con il livello delle acque ancora basso come in epoca preistorica, all’interno di questa insenatura si estendeva una vasta pianura delimitata dall’antica linea di costa (quota 296,50 m s.l.m.) coincidente con una sorta di gradino presente da nord a sud su tutta la costa orientale e denominato “cejo” (ciglio) dai pescatori locali.

I resti dell’abitato e la vicina “aiola” sono nel mezzo di questa vasta area pianeggiante, fertilissima per la immediata prossimità del lago, con una superficie di circa 77 ettari.

L’insediamento del Gran Carro, noto dal 1959, si contraddistingue per la presenza di un’area abitativa, la cosiddetta “palafitta”, per la presenza di più di 500 pali perfettamente conservati e infissi sul fondale inquadrabile principalmente tra la fine del X e il IX sec. a.C. nell’ambito della cultura villanoviana, e l’area solo recentemente interpretata come luogo di culto della “Aiola”, un immenso tumulo di pietrame che conserva tracce di antichi rituali al di sotto delle pietre, forse già a partire dall’età del Bronzo medio.

Con la nuova campagna di ricerche si stanno finalmente raccogliendo preziose informazioni circa la vita di una comunità di 3000 anni fa, avendo concentrato per la prima volta le operazioni su una area molto estesa nella zona della “palafitta”.

In seguito all’innalzamento del livello delle acque, il primitivo insediamento costituito da capanne, a poca distanza dalla riva, fu spostato su palafitte ed infine abbandonato definitivamente.