Questa Pasqua è stato ufficialmente indetto dai principali sindacati di categoria, uno sciopero nei supermercati romani e italiani, come risultato del calo dei redditi e dell’aumento dei prezzi, che mettono a serio rischio anche gli acquisti per la colazione pasquale.
Crisi della grande distribuzione, mancato rinnovo del contratto di categoria e aumento dei prezzi dei prodotti hanno spinto i sindacati a indire uno sciopero nazionale nei supermercati
In particolare, la situazione odierna è stata causata da una serie di gravi effetti collaterali, tra i quali, in primis il calo dei redditi dei cittadini e l’aumento dei prezzi dei prodotti nei market.
L’effetto combinato di queste problematiche ha causato sia una crisi in chi deve comprare i prodotti, sia una contrazione nelle vendite alle catene dei supermercati, specialmente nel settore della grande distribuzione alimentare.
Per effetto di queste variabili, si è scatenata da tempo una chiara corsa, da parte dei comuni cittadini, al discount, che ha man mano sempre più guadagnato fette ampie di mercato.
In Italia, la percentuale di chi fa la spesa al discount è passata dal 18,9% del 2019, fino all’attuale ultimo dato rilevato, quello del 2023, dove la quota di chi ricorre ai discount per i propri acquisti è del 23%.
Basti pensare che nel solo 2023, l’anno appena trascorso, gli acquisti di prodotti e cibarie nei supermercati sono calati di un altro 1,7%, nel quale sono compresi solo i dati derivati dalla grande distribuzione.
E non deve ingannare il fatto che, nello stesso periodo, per la grande distribuzione c’è stato un aumento del dato nominale dell’8,3%.
Questo 8,3% è dato infatti solo da un pesante aumento dei prezzi generalizzato, a livello nazionale, come spiegato da uno studio di settore fatto da Mediobanca.
E, quindi, per Pasqua è stata ufficialmente indetto uno sciopero dei supermercati, che avverrà ad una sola settimana dal delicato rinnovo del contratto nazionale di lavoro del settore terziario con Confesercenti e Confcommercio, saltate le difficili trattative con Federdistribuzione.
Sul piede di guerra i sindacati di categoria del settore, con Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs che hanno hanno proclamato 8 ore di sciopero in tutta Italia per il 30 marzo e con la mancata disponibilità al lavoro per il 31 e il primo aprile.
In una nota congiunta i sindacati si esprimono in questo modo riguardo allo sciopero in questione: “Sono trascorsi oltre quattro anni dalla scadenza del primo (e ultimo) Ccnl sottoscritto – scrivono i sindacati – e la ritrosia patologica di Federdistribuzione a dare il giusto riconoscimento in termini economici ai dipendenti delle aziende sue associate non accenna ad attenuarsi”.
Ovviamente, in risposta a queste affermazioni, è opposta la posizione dell’associazione di categoria che risponde: ” Prendiamo atto, con rammarico, della rottura unilaterale da parte delle stesse organizzazioni sindacali al tavolo della negoziazione per il rinnovo del contratto”.
Federdistribuzione definisce la situazione attuale come una “occasione persa” e definisce lo sciopero come “Un atto di grave irresponsabilità e privo di fondamento”.
“Malgrado il rifiuto delle organizzazioni sindacali di rinnovare il contratto, le imprese aderenti – rammenta Federdistribuzione – hanno scelto di riconoscere ai propri lavoratori un aumento di 70 euro lordi (riparametrati al IV livello) a partire dal prossimo mese di aprile a titolo di anticipo sui futuri aumenti contrattuali, mantenendo la speranza che le organizzazioni sindacali possano tornare quanto prima al tavolo negoziale con l’obiettivo comune di giungere al rinnovo contrattuale”.
Ritornando a parlare dello studio fatto da Mediobanca, quest’ultimo mette in evidenza che in Italia la proliferazione dei discount si attesti a metà rispetto allo stesso dato degli altri Paesi europei: con 94 punti vendita ogni milione di abitanti sono meno che in Polonia (128), Germania (115) e Spagna (101), ma più che in Francia (49) e Regno Unito (27).
Se guardiamo poi all’aumento dei ricavi, i discount doppiano la grande distribuzione tradizionale: nel 2022 il loro fatturato è aumentato del 9,9% sul 2019 e del 13,4% sul 2021.
Nello studio si sottolinea inoltre che nel 2022 i distributori abbiano assorbito parte dell’inflazione dei fornitori (+11% l’aumento annuale dei prezzi alla produzione dell’industria alimentare e bevande sul mercato interno), spostando sui prezzi al dettaglio un livello di inflazione medio del 6,3%.
Ma nel 2023 la tendenza si è invertita e la variazione media annua dei prezzi al consumo ha superato quella dei prezzi alla produzione, con un aumento dell’8,2% contro il 6,3%.
A livello mondiale nel 2022 i maggiori retailer internazionali della grande distribuzione hanno registrato un fatturato che oscilla tra i 568 miliardi della statunitense WalMart ai 20,8 della britannica Wm Morrison.
Se invece andiamo a vedere la capacità di vendite sul mercato domestico, Esselunga con 15.576 euro per metro quadrato supera chiunque tra i principali operatori internazionali.
Subito dopo Esselunga, al secondo posto, c’è labritannica Tesco (12.527 euro) e la canadese Empire (11.862).
Tra le aziende aderenti allo sciopero ci sono supermercati come Interspar, Alì, Famila, Lidl, In’S, Ovs e Coin, solo per menzionarne qualcuna, e i dipendenti di supermercati e negozi della grande distribuzione
Nel dettaglio, lo sciopero di oggi per l’intero turno, che le organizzazioni sindacali Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno indetto insieme a un presidio dalle 10.30 alle 12.00 davanti alla prefettura, con anche vari flash mob e iniziative di contestazione a livello nazionale davanti ai punti vendita più rappresentativi delle varie catene.
In questo caso, l’obiettivo dello sciopero nazionale per i dipendenti delle aziende che applicano il contratto collettivo della Distribuzione moderna organizzata, è contestare e portare alla luce- raccontano le organizzazioni sindacali in un comunicato – le motivazioni della rottura delle trattative per rinnovare il contratto stesso, che è scaduto dal 2019.
Da allora sono trascorsi quasi 51 mesi dalla scadenza, e, come spiegano i sindacati “Le organizzazioni datoriali, non contente di avere sostanzialmente abbandonato i loro dipendenti a una spirale inflazionistica che ha messo a dura prova i loro redditi, sono tornate al tavolo senza aver esplicitato chiaramente l’entità della proposta economica per il rinnovo, ma al contempo chiedendo di peggiorare la parte normativa del contratto con un aumento della precarietà del lavoro e un abbassamento degli inquadramenti”,
Al riguardo, Elisa Cavallaro della Filcams Cgil di Rovigo, Matteo Breda della Fisascat Cisl Padova Rovigo e Michela Bacchiega della Uiltucs Veneto dicono all’unisono: “Ancora una volta – proseguono i rappresentanti sindacali territoriali – si è evidenziata l’irresponsabilità delle aziende della Distribuzione moderna organizzata, le quali, consapevolmente, attaccano i diritti dei propri dipendenti, mortificandone la professionalità e disconoscendone il contributo fondamentale e continuo apportato al proprio settore”.
La conclusione dei rappresentanti dei sindacati è questa:“D’altra parte, come aspettarsi qualcosa di diverso in un settore che diventa sempre meno attrattivo dal punto di vista economico, soggetto a part time involontario, orario spezzato, lavoro domenicale e festivo con una flessibilità di orari massacranti, inconciliabile spesso con la gestione della vita privata? E tutto questo per la grave irresponsabilità delle parti datoriali, confermata ancora una volta da quanto sta accadendo al tavolo nazionale per il rinnovo”.
Cambiando ambito, e parlando di allerta alimentare e cibi ritirati proprio dai supermercati, per allerta alimentare, c’è stato recentemente il ritiro di alcuni prodotti dai supermercati per presenza al loro interno di listeria e norovirus.
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