Rogo di Malagrotta, si indaga per incendio doloso: sequestrati video

Inchiesta sul rogo di Malagrotta: nell'impianto anche il sopralluogo della Commissione Parlamentare sulle Ecomafie

Alle 15,30 circa del 24 dicembre, un principio di incendio dava il via ad un rogo devastante nell’impianto per il trattamento dei rifiuti di Malagrotta, per il cui spegnimento sono occorse oltre 12 ore di complicate operazioni, con squadre dei Vigili del Fuoco del Comando di Roma, e interventi in forze arrivati anche da altre regioni del Centro Italia.

Ora sarà un’inchiesta a stabilire cosa abbia innescato quella catastrofe ambientale, che metterà la raccolta di rifiuti della Capitale in ginocchio. A supporto delle indagini sull’incendio del TMB1 di Malagrotta, ci sono soprattutto le immagini delle telecamere della videosorveglianza, l’unico occhio puntato sulla verità dei fatti, dalla quale potersi aspettare di tutto.

Inchiesta sul rogo di Malagrotta: nell’impianto anche il sopralluogo della Commissione Parlamentare sulle Ecomafie

Mentre gli uomini delle squadre di Vigili del fuoco, Protezione Civile e Forze dell’Ordine erano impegnate nelle operazioni di spegnimento del rogo esploso per cause ancora ignote nel TMB1 di Malagrotta, c’era chi quella notte, ha pensato subito di mettere al sicuro quelle prove, che più di altre saranno utili a puntare il dito sul vero colpevole: le immagini delle telecamere di videosorveglianza.

E’ stato il pubblico ministero di turno a chiedere l’immediato sequestro di questo materiale prezioso, come la scatola nera di un aeromobile precipitato, che potrebbero aver cristallizzato una sagoma, un movimento di prossimità, se non addirittura la figura di qualcuno che potrebbe aver innescato le fiamme e scatenato con gesta tutt’altro che eroiche, un inferno.

Dell’inchiesta si sta occupando il magistrato Rosalia Affinito che raccolse l’incarico all’epoca del primo incendio del 2022, con tra le mani una materia di studio complessa che brucia come la prima volta, quando quella nube nera, maleodorante e spiazzante, sovrastò la Capitale mettendo KO quel primo impianto.

In queste ore intanto, dalle Associazioni ai Comitati di cittadini che si sono sempre battuti per sospendere la costruzione di nuovi mega impianti per il trattamento dei rifiuti, e la liberazione dei territori tormentati dalla presenza di questi mostri ambientali, fioccano manifestazioni, sit-in, raccolte di firme e lettere in forma anonima di cittadini attivi che tra le varie hanno voglia di dire la loro su questo caso, dai contorni sempre più simili all’ipotesi dolosa.

Dai cittadini del Comitato Valle Galeria Libera e Magliano Romano, manifestazioni per accelerare la ricerca della verità

Proprio domani ad effettuare un sopralluogo a Malagrotta sarà la Commissione Parlamentare sulle Ecomafie, un’occasione come poche per la cittadinanza che si batte per la riqualificazione del territorio, unitasi nel Comitato Valle Galeria Libera, per mostrare sostegno nella ricerca della verità e una ferma opposizione alla riedificazione di un impianto dove oltre all’immondizia potrebbe girare intorno anche un altro genere di feccia.

Ad alzare la mano per parlare in un momento che è ad un passo dall’emergenza rifiuti con il TMB1 fuori uso, sono anche i cittadini di Magliano Romano, con una nota che in queste ore segnala tra le varie anche il rischio del superamento di vincoli ambientali sulla realizzazione di discariche in quel territorio che avevano retto fino a ieri, e cioè fino al rogo della vigilia di Natale:

“Quale che sia la verità – scrive un cittadino attivo sulla questione -, i rischi per Magliano Romano aumentano, per via della possibile dichiarazione dello stato di emergenza al fine di superare quei vincoli ambientali che rendono inidoneo quest’area su cui tuttavia da anni punta la regione Lazio insistendo lì una discarica di inerti su cui pende un progetto du riclassificazione finora bocciato per nove volte dai giudici. Premesso che negli accumuli di rifiuti si forma una miscela di metano e aria, con temperature che possono raggiungere gli 80°, non credo nell’autocombustione. Come disse Roberto Pennisi, magistrato della Direzione generale antimafia: “L’autocombustione non esiste. Dietro gli incendi di impianti di trattamento rifiuti vi sono solo interessi criminali. Si brucia per coprire altri reati”.

Se è stato un incendio doloso, a favore di questa ipotesi, oltre alla riflessione del magistrato di cui sopra, c’è il fatto che questo è il quarto di una curiosa serie di roghi, di cui il penultimo proprio a Malagrotta e ogni volta in circostanze, giorni, orari particolari, e quando la vigilanza è assente o scarsa.