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L’Anbi lancia l’allarme: “I laghi romani sono malati gravi”

Gli ultimi dati evidenziano che il livello dei laghi romani è in costante riduzione a causa del clima ma anche della presenza dell’uomo

I laghi romani sono malati e le loro disastrate condizioni dipendono da un solo virus: l’uomo. L’ennesima conferma di una situazione di allarme che perdura da tempo arriva dai dati elaborati dall’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche. Le analisi eseguite dall’unità di ricerca dell’Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue evidenziano come la presenza dell’uomo e la gestione idrica priva di criterio nei prelievi effettuati sui grandi bacini naturali siano la causa prioritaria nello scatenarsi delle crisi che hanno interessato i laghi romani negli ultimi anni.

Gli ultimi dati evidenziano che il livello dei laghi romani è in costante riduzione a causa del clima ma anche della presenza dell’uomo

Il livello più basso di disponibilità nelle riserve d’acqua presenti in tutta Italia è stato toccato lo scorso anno, nel 2022, e, anche per effetto del lungo periodo di siccità, ha mostrato una riduzione pari al 51% delle risorse idriche rispetto a quelle presenti nel periodo compreso tra il 1951 e il 2021. La presenza dell’uomo e l’uso scriteriato delle risorse idriche ha ulteriormente compromesso l’equilibrio naturale dei bacini di acqua dolce producendo effetti negativi sull’ecosistema dei laghi romani.

Lo studio prodotto dall’Osservatorio Anbi pone in luce come i bacini di Albano e di Nemi sono caratterizzati da prelievi in falda effettuati attraverso condutture che forniscono acqua potabile alle ‘seconde case’ dei residenti, frutto di un vero e proprio boom edilizio negli ultimi anni. Ancora più evidente la situazione di crisi in cui versa dal 2017 il lago di Bracciano, quando massicci prelievi furono effettuati dalle sue acque per fronteggiare la situazione di siccità che stava mettendo in ginocchio in quel periodo la Capitale pericolosamente a corto di risorse idriche. Sta di fatto che, da allora, non vi è stata più alcuna inversione di tendenza e l’invaso nato dallo spegnimento di un cratere vulcanico ha continuato a scendere di livello. Una condizione problematica dipesa anche dal fatto che il lago di Bracciano non dispone di affluenti significativi e che la profondità delle sue acque è strettamente dipendente dall’entità delle precipitazioni meteorologiche in continua diminuzione per effetto dell’emergenza climatica.

I dati dell’Osservatorio Anbi sono tranchant, se negli anni Trenta del ‘900 e seguenti il livello delle acque del lago di Bracciano era pressoché costante e, addirittura, in alcuni anni in lieve aumento come quando nel 1960 la sua profondità aumentò di 8 centimetri, dal 2017 allo scorso mese di maggio 2023 la flessione ha toccato quota un metro e 14 centimetri sullo ‘zero idrometrico’.

Contro la crisi climatica crescente e gli effetti negativi della presenza antropica che prosciuga i bacini sono comunque possibili delle risposte. Secondo il direttore generale dell’Anbi, Massimo Gargano occorre programmare interventi che consentano di capitalizzare risorse idriche all’interno di “invasi multifunzionali e bacini di espansione per rimpinguare costantemente le falde, grazie alla percolazione dell’acqua e di cui le risaie sono forse l’esempio più lampante la gestione idraulica del territorio è la prima vera e più importante opera pubblica di cui ha necessità il nostro Paese”. Gli fa eco il presidente dell’Associazione, Francesco Vincenzi secondo il quale “c’è urgente bisogno di varare una legge che consenta di frenare uno sconsiderato consumo di suolo compensando la persistente insufficienza dei livelli di falda in alcune zone d’Italia”.