Diritto all’abitare, Caritas: “A Roma 11 sfratti al giorno ma 10 anni d’attesa per una casa popolare”

La Caritas: troppe case senza abitanti e troppi abitanti senza casa

Undici sfratti ogni giorno, di cui 5 con l’ausilio della forza pubblica. Sono i numeri che si registrano ogni giorno a Roma, 365 giorni all’anno, per allontanare i morosi dalle proprie case. Nel frattempo 14 mila famiglie attendono, in graduatoria, l’assegnazione di un alloggio popolare: l’attesa media sfiora i dieci anni.

La Caritas: troppe case senza abitanti e troppi abitanti senza casa

Sono i numeri più drammatici, della questione abitativa nella città di Roma dove risultano oltre 110 mila case sfitte. I dati sono emersi durante la presentazione del quaderno di studi «Diritto all’abitare e solidarietà» secondo numero della collana «Sguardi».

Tra i dati più significativi: mille persone vivono nei residence per “l’emergenza abitativa” costando alle casse comunali oltre 25 milioni di euro l’anno. Mentre altre 4 mila famiglie vivono in occupazioni informali e organizzate. Ultimi tra gli ultimi i senza tetto e senza fissa dimora: l’Istat ne ha censite 23.420 nell’area metropolitana di Roma, la maggior parte sui marciapiedi della Capitale.

Non è più il tempo per limitarsi al generico grido di allarme, al generico appello alle istituzioni e alle forze politiche. Il tempo che abbiamo dinanzi è ormai quello di una mobilitazione più ampia della città; accanto, ovviamente, a quella della richiesta di una più forte assunzione di primarie e insostituibili responsabilità da parte delle istituzioni”, ha osservato Giustino Trincia, direttore della Caritas di Roma, presentando il quaderno di studi.

Il problema della casa non risiede soltanto nella domanda ma dal raccordo tra la domanda e l’offerta di case. Il vero vuoto edilizio – si legge nel documento – è anzitutto l’esistenza di troppe case senza abitanti e troppi abitanti senza casa. La questione è il mancato incontro tra una domanda ritenuta debole, non sufficientemente di garanzia e sempre più spesso non in grado di pagare, con un’offerta che ha aspettative di rendita fuori misura”.

Il tutor per l’abitazione

Su questa considerazione si innestano le buone prassi sperimentate nelle comunità ecclesiali: il “tutor per l’abitazione” che ha favorito l’autonomia abitativa a oltre 200 immigrati e rifugiati; il co-housing, che permette un alloggio adeguato e sicuro a persone senza dimora, famiglie in difficoltà, titolari di protezione internazionale; la consulenza e l’assistenza in ambito locatizio per le persone più fragili.

Nel numero, anche nove proposte e linee di riflessione per “muoverci oltre e più nel merito della questione abitativa”: promuovere un “nuovo patto sociale tra proprietari e chi è alla ricerca di un appartamento” perché la fiducia tra i due soggetti è il tratto determinante che non trova oggi nessun luogo di approfondita conoscenza; trovare il coraggio di sperimentare strade nuove “per dimostrare che il diritto viene prima della norma; realizzare una mappatura della situazione abitativa reale, sia sul versante dell’edilizia privata, sia nei concentramenti di edilizia residenziale pubblica; aprire una discussione su un diverso uso degli spazi a disposizione, sia pubblici e dei beni ecclesiali, per progettare delle ristrutturazioni che consentano di costruire alloggi e spazi di accoglienza.

Il Piano Strategico per il Diritto all’Abitare 2023-2026, varato di recente da Roma Capitalescrive Giustino Trincia -, sembra aprire uno scenario. Il nostro sincero auspicio è che di fronte alla gravissima condizione abitativa romana si possa registrare la più ampia convergenza delle forze politiche e sindacali della città per riuscire a dare risposte finalmente nuove e soprattutto concrete ad esigenze non rinviabili per decine di migliaia di persone e di famiglie”.