Rimosso il tavolo che fungeva da altarino. Il grande cuore con ali di velo appoggiato al muro. I poster, le candele, i cuoricini, le scritte love e pure i peluche. Per tre anni lo spazio di fronte al loculo con lapide luminosa di Soni Adzovic, morto a 27 con un tumore al cervello, è diventato punto di dolore e di festa dei familiari. Ad ogni compleanno arrivavano anche le candeline soffiate dai tre figlioletti di Soni.
L’altarino di Soni Adzovic nel cimitero di Prima Porta è stato rimosso: parla il papà
Venerdì l’altarino ritenuto abusivo è stato smantellato dagli operatori dell’Ama e al camposanto di Prima Porta è scattato il parapiglia. Tre donne, familiari di Soni, avrebbero aggredito gli operatori dopo aver trovato uno spiazzo vuoto di fronte al loculo. Allora è arrivata anche la Polizia locale e i carabinieri per riportare la calma.
Najo Adzovic, papà di Soni, ed ex delegato per le politiche rom quando la Capitale era governata da Gianni Alemanno, non si da pace. “Ci hanno dipinto come criminali mafiosi o peggio come una famiglia che aggredisce minaccia soltanto per avere ragione. Siamo solo una famiglia disperata che ha perso un figlio, un dolore immenso che non lascia respiro. Quello che è stato definito un altarino era un tavolo dove noi tenevamo tante cose per Soni, è il nostro modo per sentirlo vivo”.
“Non pensavamo che fosse abusivo. Mica abbiamo costruito qualcosa. C’era un tavolo di plastica, tanti fiori. Noi non abbiamo arrecato danno al cimitero, semmai lo abbiamo abbellito. Mia figlia ha messo delle piccole piante. Pulivamo sempre gli spazi comuni. Noi vogliamo solo il meglio per Soni”.
“Dispiace che il sindaco di Roma e l’assessora ai servizi cimiteriali non abbiano espresso solidarietà anche a noi. Tante volte siamo stati vittima di furti. Gente che rubava gli oggettini di fronte alla tomba di Soni. Li abbiamo anche segnalati alle forze dell’ordine i furti subiti. Per non parlare poi delle inchieste aperte su chi addirittura depredava persino i defunti. Quelle sì che sono cose gravi, non chi ricorda un figlio morto”.
L’altarino di Soni Adzovic – genitori rom di origine montenegrina, nato e cresciuto a Roma – è stato smantellato il giorno dopo quello di Nicholas Brischetto, il ventenne di origine sinti morto a trecento all’ora sul Gra. (leggi qui)
La mobilitazione
Najo Adzovic non fa riferimento anche all’altra rimozione. Sottolinea solo che gli arredi per Soni erano lì da tre anni e “ne erano a conoscenza tutti”. Nessun disturbo neanche per i familiari degli altri defunti, specifica “Pregavamo anche assieme ognuno col proprio dolore”. “E allora mi chiedo – conclude Najo – Perché dare disturbo ai defunti in terra consacrata?”
Il caso sta creando una mobilitazione che sta unendo la comunità e le associazioni a tutela a livello nazionale e oltre: “Noi lo riteniamo un atto discriminatorio. Forse perché siamo rom?“