Omicidio Femia, l’ergastolo per Massimiliano Sestito diventa definitivo

L'uomo accusato dell'omicidio di Vincenzo Femia pochi giorni fa era fuggito dagli arresti domiciliari

La condanna all’ergastolo inflitta per l’omicidio di Vincenzo Femia diventa definitiva a pochi giorni dalla fuga. Massimiliano Sestito, l’uomo accusato di essere uno dei killer dell’agguato al boss calabrese crivellato all’Ardeatino, evaso dalla sua casa a Pero a fine gennaio, proprio nell’imminenza dell’udienza in Cassazione, e rintracciato pochi giorni nel napoletano, ora non ha più scampo: dovrà restare in carcere a vita.

L’uomo accusato dell’omicidio di Vincenzo Femia pochi giorni fa era fuggito dagli arresti domiciliari

I giudici della prima sezione penale oggi hanno rigettato i ricorsi presentati dalle difese di Sestito e del suo coimputato Francesco Pizzata contro la condanna all’ergastolo inflitta dalla Corte d’assise di appello di Roma nell’ottobre 2021 nel processo ter per l’omicidio del boss Vincenzo Femia, avvenuto nella capitale nel 2013.

La sentenza accoglie la richiesta della procura generale della Cassazione di rigettare i ricorsi, confermando le condanne all’ergastolo per Sestito e a 24 anni e 8 mesi per Pizzata.

Sestito ha già subìto una condanna a 30 anni per l’omicidio del carabiniere Renato Lio nel 1991.

Massimiliano Sestito, 52 anni, nato a Rho da una famiglia originaria di Chiaravalle Centrale, in provincia di Catanzaro, era evaso lo scorso 30 gennaio dalla sua abitazione di Pero, nel milanese, dove si trovava agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.

La misura gli era stata concessa il 12 gennaio scorso dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma in accoglimento di un’istanza di attenuazione della misura cautelare e era stato catturato di nuovo il 4 febbraio dopo 5 giorni di fuga.

L’omicidio all’Ardeatino

Vincenzo Femia, 68 anni, era stato assassinato il 24 gennaio 2013, in un agguato all’Ardeatino con numerosi colpi di pistola. Considerato dalla polizia uno dei più importanti referenti dei clan della ‘ndrangheta di Reggio Calabria trapiantati a Roma.

Il primo a finire in manette per l’agguato era stato un 31enne ligure di origine calabrese, Gianni Cretarola.

Cretarola aveva poi confessato che il movente dell’omicidio fosse da ricollegare ai contrasti nati per la spartizione del mercato della droga nella capitale, pare 160 chili di cocaina colombiana trasportati a Roma dalla Spagna nell’agosto 2012.

Il pentito ha sostenuto anche di aver accompagnato Femia al posto individuato per l’agguato e durante gli interrogatori ha fornito particolari sulla modalità dell’omicidio, dal numero dei partecipanti ai colpi esplosi.

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