Omicidio Sacchi, gli imputati soffrono di claustrofobia: l’udienza salta

Due imputati rifiutano il trasferimento dal carcere con la camionetta per la claustrofobia. Vogliono l'ambulanza

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Luca Sacchi con la fidanzata

Gli imputati soffrono di claustrofobia e salta l’udienza. È quanto accaduto oggi a piazzale Clodio nel processo di appello per l’omicidio di Luca Sacchi, il personal trainer ucciso il 23 ottobre del 2019.

Due imputati rifiutano il trasferimento dal carcere con la camionetta per la claustrofobia. Vogliono l’ambulanza

I giudici della Corte d’Assise di Appello dopo avere appurato che due imputati, Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, condannati in primo grado a 27 e 25 anni di carcere, hanno rifiutato il trasferimento dal carcere di Rebibbia a piazzale Clodio per evitare di avere crisi claustrofobiche sulla camionetta della penitenziaria, hanno disposto un rinvio dell’udienza al 23 febbraio, accogliendo una richiesta della difesa.

Slittamento per dare la possibilità ai due imputati di raggiungere il tribunale a bordo di una ambulanza.

Oltre ai due nel procedimento sono imputati anche Marcello De Propris, a 25 anni, per aver fornito loro la pistola, e la fidanzata della vittima, Anastasiya Kylemnyk, a 3 anni per violazione della legge sugli stupefacenti.

Il papà di Luca amareggiato

Un affronto per il papà di Luca, Alfonso Sacchi, presente a tutte le udienze, a partire dal primo grado. “Per un genitore è sempre un’agonia essere qui. È una sofferenza e qui si parla di cavilli. Eppure quando hanno ucciso mio figlio quei due erano in una Smart che è molto più piccola di un camionetta della penitenziaria. E ora soffrono di claustrofobia? Perché all’epoca viaggiavano in una Smart in due?

Io soffro di attacchi di panico – aggiunge Tina, la mamma della vittima -. Da quando è morto mio figlio soffro di tachicardia e non sento più da un orecchio, eppure sono qui perché sono la mamma. Ma non si può allungare sempre questa tortura, non ce la faccio più. Vorrei che questo processo finisse al più presto per poter stare sola con il mio dolore, altro che claustrofobia“.

Intanto, sempre a piazzale Clodio, davanti al giudice monocratico si è appena aperto il processo a carico di un testimone dell’omicidio che non solo si era mostrato reticente ma aveva anche calunniato due agenti di Polizia e un ufficiale dei carabinieri di non aver cercato di sviare le indagini (leggi qui). 

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