L’omicida dell’avvocata: “Volevo suicidarmi, ma lei mi ha salvato”

L'omicida sorvegliato a vista in carcere. Il difensore contesta la premeditazione 

È sorvegliato a vista a Regina Coeli l’omicida di Martina Scialdone, l’avvocata di 34 anni uccisa venerdì scorso fuori dal ristorante Brado al Tuscolano. Costantino Bonaiuti, l’ingegnere che ha fatto fuoco eh ucciso la giovane con un solo colpo, si professa disperato ma innocente.

L’omicida sorvegliato a vista in carcere. Il difensore contesta la premeditazione

Il colpo è partito per sbaglio”. La sua verità la racconta al difensore, l’avvocato Fabio Taglialatela: “Poco prima di entrare al ristorante siamo stati in macchina. Io ho tirato fuori la pistola, volevo suicidarmi, ma lei mi ha fatto desistere”.

Bonaiuti, che è accusato di omicidio premeditato, sostiene anche di aver ucciso per errore. “Ne’ io e ne’ lei all’inizio abbiamo capito cosa fosse successo. Lei mi ha anche chiesto: “Ma mi ha sparato davvero?”.

Quella sera, però, l’ingegnere dopo aver ucciso Martina non si è suicidato: è scappato via in macchina portando con se la pistola, una Glock, una delle tante armi detenute e casa. Boniauti per ora viene controllato a vista. Sostiene che la sua vita è finita, “appena posso – dice – la farò finita per davvero”.

Ieri intanto il suo legale, che contesta la premeditazione, ha presentato una istanza al tribunale della libertà per chiedere la scarcerazione del suo assistito.

Nell’atto il penalista contesta l’aggravante della premeditazione ipotizzata dagli inquirenti, ma anche la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e il pericolo di fuga. Esigenze cautelari invece ravvisate dal gip che ha disposto il carcere. Secondo il magistrato, dalle indagini è “palesemente e inequivocabilmente emerso che l’unico obiettivo perseguito da Bonaiuti fosse esclusivamente quello di uccidere la Scialdone“.

A sostegno dell’accusa, la versione di una lunga lista di testimoni: dal gestore ai dipendenti del ristorante e, soprattutto, il fratello di Martina –  che avvertito da lei dopo che si era chiusa nel bagno del ristorante – si era precipitato al ristorante per calmare Bonaiuti e invece si è ritrovato ad assistere all’omicidio della sorella.

L’avvocato sostiene che Bonaiuti ha certo premuto il grilletto, ma “il destinatario di quel colpo doveva essere lui, non la povera Martina”. Una circostanza questa difficile, se non impossibile, da provare visto che l’omicida ha esploso il colpo contro la vittima e non verso se stesso. E poi è anche fuggito via.

Un femminicidio quello di Martina Scialdone che ha listato a lutto anche l’ordine degli avvocati di Roma. (leggi qui)

L’avvocato Mario Murano, che da collega conosceva bene la vittima, ha lanciato una proposta: attivarsi per aiutare le donne nel difficile momento in cui concludono un rapporto a rischio.

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Omicidio dell’avvocata, il ristorante: “Abbiamo allertato le autorità sin dal primo momento”